Full text of "Cronica"
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„Goo>^Ic
HARVARD COLLEGE
LIBRARY
THE GIFT OF
EDWIN FRANCIS GAY
OF CAMBRIDGE
November 1, 1919
;,Gooi^Ic
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CRONICA
GIOVANNI VIia-ANI
«Gooi^lc
„Goo>^Ic
CRONICA
DI
GIOVANNI
VILLANI
1 MIGLIO» LEZIONE HIDOTTl
COLL AIUTO
DE- TESTI À PEKNA
TOMO in.
FIRENZE
P211 IL MAGEBItl
1833
„Goo>^Ic
f
^■"taX 332, (o. 1.2,
KARVAHD COLIESE LIBBARV
TUE GlfT OF
* EDWtN FRANCIS 6^Y
HC7. 1, 1519
■1 Gooi^lc
LIBRO OTTAVO
QiU comincia V ottavo libro. CoTita come nella
città di Firenze Jìi fatto il secondo popolo, e piU
, grandi mutazioni che per cagione di quello ju-
rono poi in I^ren'ze, seguendo dell' altre
novitadi universali chejurono in
que' tempi .
CAPITOLO PRIMO
Ne^li
gli anni di Cristo 1 293 in calen dì Febbraio ,
essendo la città di Firenze in grande e possente
stato e felice in tutte cose, e' cittadini di quella
grassi e ricchi, e per soperchio tranquillo, il quale
naturalmente genera superbia e novità, sì erano
i cittadini tra loro invidiosi e insuperbiti, e molti
micidii e fedite e oltraggi iacea l'uno cittadino
air altro, e massimamente i nobili detti grandi
e possenti, centra i popolani e impotenti, cosi in
contado come in città, faceano forze e violenze
nelle persone e ne' beni altrui, occupando. Per
la qual -cosa certi buoni uomini artefici e m^-ca- -
tanti di Firenze che voleano bene vivere, si pen-
sarono di' mettere rimedio e ripard iAXÀ detta pe-
slilenzia, e di ciò fu de' caporali intra gli altri
uno valente uomo, antico e nobile' popolano, e
ricco e possente, ch'avea nome Giano della Bella,
del poi>olo di san Martino, con seguito e consigliò
d*' alti-i^savi e possenti popolani. E facceodosi in
:vGoo<^Ic
G GIOVANNI VILLANI
Firenze (i) ordine d'arbitrato in correggere gli
statuti e le nostre leggi , siccome per gli nostri or-
dini consueto era di fare per antico, sì ordinarono
certe leggi e statuti molto forti e gravi contro
«'grandi e possenti, che facessono forze o violen-
ze contro a' popolani, raddoppiando le pene co-
muni diversamente, e che fosse tenuto l' uno
consorto de' grandi per l'altro, e si potessono pro-
Tare i malificii per due testimoni di pubblica voce
e fama, e che si ritrovassono le ragioni del co-
mune : e qtielle leggi chiamarono gli ordinamenti
della giustizia . E acciocché fossono conservati e
messi ad esecuzione, sì ordinarono) che oltre al
novero de' sei priori ì quali governavano la città,
fosse uno gonlàloniere di giustizia di sesto in
sesto, mutando di due in due mesi come si fanno
ì priori , e sonando le campane a martello, e con-
gregandosi il popolo a dare il gonfalone della
giustizia nella chiesa di san Fiero Scheraggio, che
prima non a' usava .E ordinarono che niuno
de' priori potesse essere di casa de' nobili detti
grandi, che prima ve n' avea sovente de' buoni
uomini mercatanti, tutto fossono de' potenti. £
la'nsegna del detto popolo e gonfalone fu ordinato
il. campo bianco e la croce vermiglia; e furono
eletti mille cittadini partiti per sesti con certi
banderai por contrade, cou cinquanta pedoni per
bandiera, ì quali dovessono essere armati, e cia-
sfiunQ con soppsberga e scudo della 'nsegna della
ci^oce, e trarre ad ogni remore e richesta del goa-
làloniere a casa o »l palazzo de' priori, e per fare
esenzione. contro a' grandi: e poi crebbe il nu-;:
n^ero de' pedoni eletti in duemila ^ e poi ia quiit-<
:.vGooi^lc
Libro ottj^vo 7
tromila . £ simile ordine di gente d' arme per
lo popolo e colla detta insegna, s' ordinò in con-
tado e distretto di Firenze, che si chiamarano le
teghe del popolo . E '1 primo de' detti gonfalo-
nieri fu uno Baldo de' Ruffoli di porte de] Duo-
mo; e al suo tempo uscì fuori il gonfalone con
arme a disfare ì heni d' uno casato detti Galli dì
porle sante Marie, per uno micidio che uno di
loro avea fatto nel reame di Francia nella per-
sona d'nno popolano. Questa novità di popolo e
mutazione di stato fu molto grande, alla città di
Firenze, e ebbe poi molte e diverse sequele in
male e in bene del nostro comune ,come innanzi
per gli tempi faremo menzione . E questa novità
ti cominciamento di popolo, non sarebbe venuta
/atta a' pc^olani per la potenzia de' grandi , se
non fosse che in que' tempi i grandi di Firenze
-non furono tra loro in tante brighe e discordie ,
fwich' e' guelfi tornarono in Firenze, com' erano
allora eh' egli avea. grande guerra tra gli Adimari
e' Tosinghi, e tra i Rossi e' Tornaquìnci, e' tra i
Bardie' Mozzi^ e tra i Gherardini e' Manieri , e
tra i Cavalcanti e'Bondelmonti,e tra certi de'Bon-
delmonti e'Gìandoaati, e tra'Visdominie'Falco-
nieri, e tra i Bostàchi e' Fòrabosohi, e tra' Fora^
boschi' e' Malispini, e tra' Frescobaldi insieme, e
tra la casa de' Donati insieme, e più altri osati^
;v.Gooi^Ic
GIOVAHHl VILLANI
GAP. II.
Come il popola di Firenze feciono pace co' Pi-
sani, e molte altre rtotabili cose.
L'anuo s^^uente ixg% (juagli che reggeaoo il
popolo di Firenze per fortificare loro stato di po-
polo e (2) affiebolire il podere de'graadi e de'pos-
senti , i quali molte volte accrescono e vivono
delle guerre, richesti da' Pisani di pace, i quali
per le guerre erano molto afiieboliti e abbassati ,
il popolo di Firenze non guardando a ciò , alla
detta pace assentirono, mandandone i Pisani il
conte Guido da Mootefeltro loro capitano, e di-
sfaccendo il castello del Pontadera, e avendo i
Fi(H%ntini libera franchigia inPisa,sanzap{^are
^nìmte di loro mercatanzie: e alla detta pace fii-
rono i Lucchesi e' Sanesi, e tutte le terre della
lega di parte guelfa di Toscana. E noia, che in-
fino a questo tempo, e più addietro, era tanto il
tranquillo stato di Firenze, che di notte non à.
serravano le porte alla città, né avea gabelle in
Firenze; e per bist^no di moneta, per non £u'e
libbra, si venderono le mura vecchie, e' terreni
d'entFo e di fìiori a chi v' era (3) accostato. E per
l' ordine del popolo molte giuridizioni si racqui-
staroDO per lo comune, che Poggibonizzi si recò
tutto all' obbedienza del comune, che avea giu-
ridizione per se, e Certaldo, e Gambassi, e Gati-
gnano; e tolsesi a' Conti la giurìdizione di Viesca
e delTerraio, e Ganghereta, e Moncione, e Barbi-
schioj'e'l castello di Lari, e casa Guicciardi ; e ìii
:vGoo<^Ic
LIBRO OTTAVO 9
Mugello molte possessioni le quali aveaoo occupa-
te ì Conti e gli Ubaldini, e altri gentili ucraini;
e racquistossi lo spedale di san Sebio_,ch'era del
comune, occiqtBto per grandi uomini. £ sopra
queste cose fu caporale uno valente e leale po-
polano d' oltrarno clùamato Caruccio del Yerre .
Sicché nel cominpiamento del popolo si fece
molto dì bene comUne, e a ciascuno a cui fosse p»
addietro occupata possessione per gli potenti , di
latto fu renduta . In questo tempo che '1 popolo di
Firenze «ra fiero' e in caldo e signoria, essendo
fatto in Firenze uno eccesso e malificìo, e quello
cotale che'l fece si fuggi e stava nella terra di Pra-
to, per lo comune di Firenze fu mandato a quello
comune, che rimandasse lo shandito. Eglino per
mantenere loro libertà noi voUono fare : per là
quale cosa il comune di Prato fu condannato per
lo comune di Firenze in diecimila libbre , e ren-
dessono il malfattore, mandandovi uno messo so-
lamente con una lettera. I Pratesi disubbidienti,
si bandì 1' oste per guastare Prato; e già mossa la
camera dell'arme del comune, e le masnade a
cavallo e a pie, i Pratesi recarono i danari, e me-
narono il malfattore, e pagarono la condanna-
gione: e così di fatto Iacea le cose l'acceso po-
polo di Firenze .
:.vGooi^Ic
IO CIOTAirni TILllNf
GAP. III.
D'uno grande fuoco che ju in Firenze nella
contrada di Torcicoda,
Nel detto anno del lagS s'apprese uno grande
fuoco in Firenze nella contrada detta Torcicoda,
tra san Piero maggiore e san Simone, e arsonrì
più di trenta case con grande dammaggio, ma
non TI morì persona . £ net detto tempo si fe-
ciono intorno a san Giovanni i pilastri de' gheroni
di marmi bianchi e neri per l'arte dì Galimata,
che prima erano di macigni, e levarsi tutti i mo-
numenti e sepolture e arche di marmo ch'«rano
intorno a san Giovanni, per più bellezza della
chiesa .
GAP. IV.
Come si cominciò la guerra intra'l re di Francia
e quello d'Inghilterra .
Nei detto anno 1393, avendo avuta battaglia e
ruberia ìu mare tra'Guasconi che erano uomini
del re d'Inghilterra , e' Normandi che sono sotto
il re di Francia, della quale i Pformandi ehbono
il peggiore, e vegnendusi a dolere dell' ingiuria e
damraaggio ricevuto da'Guasconi al loro re di
Francia, lo re fece richiedere il re Adoardo d'In-
ghilterra (il quale per sorte tenea la Guascogna
dovendone fare omaggio al re di Francia) che
dovesse far fare l'ammenda alle sue genti, e venire
personalmente a fare omaggio della detta Guasco-
;vGoo<^Ic
LIIRO OTTAVO I^
gn> al rte di Francia, e se ciò non facease a certo
termine a lui dato, il re dì Francia col suo consi-
glio de' dodici (4) peri il privava del ducato di
(ruascf^na . Per la qual cosa il re Àdoardo il quale
era di grande cuore e prodezza, e per suo senno
e valore fatte di grandi cose oltremare e dì qua,
isdegnò di non volere fare personalmente il detto
omaggio, ma mandò in Francia messer Àmondo
suo fratello che facesse per lui , e soddisfacesse il
dammaggio ricevuto per la gente del re di Fran-
cia. Ma per r<H'goglio ecuvidigia de' Franceschi,
il re Filippo di Francia noi volle accettare, per
avere cagione dì torre al re d'Inghilterra la Guasco-
gna, lungamente (5) conceputa e disìderata. Per
la qua! cosa si cominciò dura e aspra gu^ra
tra 'Franceschi e gl'Inghilesi in terra e in mare ,
onde molta gente morirono , e furono presi e
diserti dall'una parte e dall'altra, come innanzi
per gli tempi faremo menzione. E '1 seguente
anno il re Filippo di Francia mandò in Guascogna
messer Carlo di Valos suo fratello con grande
cavalleria, e prese Bordello e molte terre e castella
sopra il re d'Inghilterra, e in mare mise grande
uavilio in corso sopra gl'Inghilesi .
GAP. V.
Come fu eletto e fiAto papa Celestino quinto, e
come rifiuti) il papato .
-. Megli anni di Cristo 1394 del mese di Luglio,
essendo stata vacata la Chiesa di Roma dopo la
ift^rte di papa Niccola d'Ascoli più di due anni.
;vGooi^Ic
13 GtOTlltRI TILI.1.RI
per discordia de' cardinali ch'erano partiti^ e
ciascuna setta volea papa uno di loro, essendo i
cardinali inPerugìa,e costretti aspramente daTe-
rugini perchè eleggessono papa, come piacque a
Dio, furono in concordia di non chiamare niuno
di loro coll^io,e elessono uno santo uomojch'avea
nome frate Piero dal Morrone d'Abruzzi . Questi
era romito e d'aspra vitae penitenzia^eper lasciare
la vanità del mondo, ordinati più santi monisteri
di suo ordine,si se n'andò a fare peoitenzia nella
montagna del Morrone, la quale è sopra Sermona'.
Questi eletto e fatto venire e coronato papa, per
riformare la Chiesa fece di Settembre vegnente
dodici cardinali, grande parte oltramontani, a
petizione e per consiglio del re Carlo re di Cicilia
e di Puglia: e ciò fatto n'andò colla corte a Napoli,
il quale dal re Carlo fu ricevuto graziosamente e
con grande onore : ma perchè égli era semplice e
non litterato, e delle pompe del mondo non sì
travagliava volentieri , i cardinali il pr^iavano
poco, e parea loro che a utile e stato della Chiesa
avere fatta mala elezione. II detto santo padre ar-
T^gendosi di ciò, e non sentendosi sofHciente al
governamento della Chiesa, come quegli che più
amava di servire a Dìo e l'utile di sua anima che
l'onore mondano, cercava ogni vìa come potesse
rinunziare il papato. Intra gli altri cardinali della
corte era uno messer Benedetto Guatanì d'Alagna
molto savio di scrittura, e delle cose de) mondo
molto praticoe sagace,it quale avevagrande volon-
tà di pervenire alla dignità papale, e quello con
ordine avea cercato e procacciato col re-Cai^ e'
co* cardinali, e già aveva da loro la promessa, la
:vGoo<^Ic
' LIBRO OTTAVO !?
quale poi gli venne fatta. Questi si mise dinanzi
al santo padre, sentendo eh' egli avea voglia di
rinunziare il papato, ch'ali facesse una nuova
decretale, che per utilità della sua anima ciascuno
papa potesse il papato rinunziare, raostraodogli
l'esemplo di santo Clemente , che quando santo
Pietro venne a morte , lasciò eh' appresso lui fosse
papa; e quegli per utile di sua anima non volle
essere, e fu in luogo dì lui in prima santo Lino,
e poi santo Cleto papa : e così come il consigliò
il detto cardinale, fece papa Celestino il detto
decreto;e ciò &tto,il dì di santaLucia di Dicembre
vegnente, fatto concestoro di tutti i cardinali,
in loro presenza si \x9LSSfi. la corona e il manto
papale, e rinunziò il papato, e partissi della corte,
e tornossi ad essere eremita, e a fare sua peniten-
zia . E così regnò nel papato cinque mesi e nove
di papa Celestino . Ma poi il suo successore messer
Benedetto Guatani detto di sopra ( il quale fu
poi papa Bonifazio ) si dice, e fu vero, il fece
prendere alla montagna di santo Àngiolo in Pu-
glia di sopra a Bastia, ove s era ridotto a fare pe-
nitenzia, e clii dice ne voleva ire in Schiavonia,e
privatamente nella rocca di Fummone in Cam-
pagna il fece tenere in cortese pregione, acciocché
lui vivendo non si potesse apporre alla sua le-
zione, perocché molti cristiani teneano Celestino
per diritto e vero papa, non ostante la sua re-
nunziazione, opponendo che sì fatta dignità, come
il papato, per ninno decreto non si potea rinun-
ziare, e perchè santo Clemente rifiutasse la prima
volta il papato, i fedeli il pure teneano per padre,
e convenne poi che pur fosse papa dopo santo
:.vGooi^Ic
l4 eiOVAIflfl TILLAMI
Cleto. Ma ritenuto preso Celestino^ come avedla
detto, ÌD Fumraone, nel detto lìiogo poco vivette;
e quivi morto, fu soppellito in una piccola chiesa
di fuori di Fummone dell' ordine de' suoi frati
poveramente, e messo sotteira più di dieci brac-
cia, accioccliè'I suo corpo non sì ritrovasse. Ma
alla sua vita, e dopo la sua morte,fece Iddio molti
miracoli per lui, onde molta gente aveano in
lui grande devozione : e poi a certo tempo ap-
presso, dalla Chiesa di Roma, e da papa Giovanni
vìgesimosecondo fu canonizzato, e chiamato santo
Piero di Morrone, come innanzi al detto tempo fa-
remo menzione .
GAP. VI.
Come fu eletto e fatto papa Bonifazio ottavo .
Nel detto anno 1 394, messer Benedetto Gua-
taiii cardinale, avendo per suo senno e s^acitk
adoperato che papa Celestino avea rifiutato il
papato, come addietro nel passato capitolo avemo
fatta menzione, seguì la sua impresa , e tanto
adoperò co' cardinali e col procaccio del re Carlo,
il quale avea l' amistà di molti cardinali , spe-^
lialmente de' dodici nuovi eletti per Celestino, e
stando in questa cerca, una sera di notte iscooo-
sciuto con poca compagnia andò al re Carlo , e
dìsBeglì: Re, il tuo papa Celestino t'ha tHiluta
e potuto servire nella tua guerra di Cicilia^ ma
non ha saputo ; ma se tu adoperi co' tuoi amici
cardinali che io sia eletto papa, io saprò, e vor-
ro, e potrò; promettendogli per sua fede e sara-
mento di mettervi tutto il podere della Chiesa .
:vGoo<^Ic
Limo OTTIVO 13
Allora lo re Gelandosi di lui, gli promise e ordinò
co' suoi dodici cardinali che gli dessero le loro
boci: ed essendo all' elezione messer Matteo Rosso
e messer Iacopo della Colonna, ch'erano capo
delle setlie de' cardinali, s'accorsono di ciò , e
incontanente gli diedono le loro, ma prima mes-
ser Matteo Rosso Orsini ; e per questo modo fu
eletto papa nella città di Napoli, la vilia della
natività di Cristo del detto anno; e incontanente
che fu eletto si volle partire di Napoli colla corte,
e venne a Roma, e là si fece coronare con grande
solennità e onore in mezzo Gennaio . E) ciò fatto,
la prima provvisione che fece , sentendo che gran-
de guerra era cominciata tra '1 re Filippo di
Francia e '1 re Adoardo d' Inghilterra per la qui-
stione di Guasct^na, sì mandò oltre ì monti due
legati cardinali, perchè gli pacifìcussono insieme;
ma poco v' adoperarono, eh' e' detti signori ri-
masono in maggiore guerra che di prima . Questo
papa Boni&zio fu della città d' Alagna , assai
gentile uomo di sua terra, figliuolo di messer Li*
fredi Guatani, e di sua nazione ghibellino , e
mentre fu cardinale protettore di loro, spezial-
mente de' Todini; ma poi che fu fatto papa molto
si fece guelfo, e molto fece per lo re Carlo nella
guerra di Cicilia , con tutto che per molti savii si
disse, eh' egli fu partitore della parte guelfa, sotto
r ombra di mostrarsi molto guelfo, come innanzi
ne' suoi processi manifestamente si potrà com-
prendere, per chi fia buono intenditore. Molto
fu magnanimo e signorile, e volle molto onore,'
e seppe bene mantenne e avanzare le ragioni
della Chiesa, e per lo suo savere e podere molto
;vGooi^Ic
jG GIOTANMI TILLÀm
fu ridottato e temuto; pecuDÌoso fu molto per ag-
grandire la Chiesa e' suoi parenti ^ non faccendo
coscienza di guadagno, che tutto dicea gli era
licito quello eh' era della Chiesa. E come fu ùitto
papa annullò tutte le grazie de' vacanti fatte per
papa Celestino, chi non avesse la possessione; e
fece fare il nipote al re Carlo conte di Ca^ta,
e due figliuoli del detto suo nipote, l' uno conte
di Fondi e I' altro conte dì Palazzo. Comperò il
castello delle milìzie di Roma, che fu il palazzo
d' Ottaviano imperadore , e quello crescere e
reedìGcare con grande spendio, e altre forti e helle
castella in Campagna e in Maremma . E sempre
la sua stanza fu il verno in Roma, e la state e la
primavera in Rieti e Orbìvieto, ma poi il più in
Àlagna per aggrandire la sua cittade. Lasceremo
alquanto di dire del detto papa, seguendo di
tempo in tèmpo delle novità dell' altre parti del
mondo, e massimamente di quelle di Firenze ,
onde molto ne cresce materia .
GAP. VII.
Quando si cominciò a gridare la nuova chiesa
di santa Croce di Firenze .
Negli anni di Cristo 1394 il di di santa Croce
dì Maggio, sì fondò la grande chiesa nuova de'fratì
minori di Firenze detta santa Croce, e alla con-
segrazìone della prima pietra che si mise ne' fon-
damenti, vi furono mrfti vescovi e prelati e
cherici e religiosi, e la podsstà e'I capitano e'prio-
ri, e tutta la buona gente dì Firenze uomini
;vGooi^Ic
LÌ5I10 OTTAVO in
e donue con grande fesla e soleooitadc. E co-
minciarsi i fondamenti prima dalla parte di dietro
ove SODO le cappelle, perocché prima v' era la
chiesa vecchia, e rimase all'uficio de'frati infiiio
che furono murate le cappelle nuove .
GAP. Vili.
Come fu cacciato di Firenze il grande popolare
Giano della Bella
Nel detto anno 1 394 del mese di Gennaio ,
essendo dinuovo entrato in signoria della podeste-
ria di Firenze messer Giovanni da Lucino da
Como, avendo dinanzi uno processo d'una accusa
contra a messer Corso de'Donati^ nobile e possente
cittadino de'piiì di Firenze, per cagione che '1 det-
to messer Corso doveva avere morto uno popolano,
^migliare dì messer Simone Galastrone suo cou-
sorto, a una mischia e fedite, le quali aveanoi
avute insieme, e quello famigliare era stato morto;
' onde messer Corso Donati era andato dinanzi eoa
sicurtà della detta podestà, a'prieghi :d' amici
e signori, onde il popolo di Firenze atteudea che
laMetta podestà il condannasse: e già eca tratto
fuori il gonfalone della giustizia per fare resecu-
zione, e egli Tassolvette; per la qual coaa in sul
palagio della podestà letta la detta prosciogU-
gìone, e ccmdannato messer Simone Galastrone
delle fedite, il popolo minuto gridò: muoia la
podestà, e uscendo a corsa di palagio, .gt-idando >
^V arme all' arme-, e S'iva il popolo, gran parte:
del popolo fu in ara», e spezialmente U popolo
T. III. 2
;vGooi^Ic
l8 GIOVAWNI VILLANI
minuto, e trassono a casa Giaao della Bella loro
caporale, e egli, si dice, gli mandò col suo fratello
al palagio de' priori a seguire il gonfaloniere della
giustizia ; ma ciò non feciono , anzi vennero pure
al palagio della podestà, il quale popolo a furore
con arme e balestra assalirò il detto palagio , e
misono fuoco nelle porte e arsonle, e entrarono
dentro,e presono e rubarono la detta podestà e sua
famiglia vituperosamente. Ma messer Corso per
tema di sua persona si fuggi di palagio di tetto in
tetto, ch'allora non era così murato; la quale furia
a'priori ch'erano assai vicini al palagio della
podestà dispiacque, ma per lo isfrenato popolo noi
poterono riparare. Ma racquetato il remore, al-
quanti di appresso i grandi uomini che non dor-
mivano in pensare d'abbattere Giano della Bel-
la, imperciocché egli era stato de' caporali e co-
minciatori degli ordini della giustizia, e oltre a
ciò per abbassare i grandi, volle torre a' capitani
dì parte guelfa il suggello e '1 mobiledella parte,
ch'era assai, e recarlo in comune^ non perdi' egli
non fosse guelfo e di nazione guelfo, ma per ab-
bassare la potenzia de' grandi , i quali grandi
' vedendosi cosi trattare s'accostarono in setta col
consiglio del collegio de'giudici e de'notari,i quali
si teneano gravati da lui, comeaddietro facemmo
menzione, e con altri popolani grassi, amici e
parenti de' grandi, che non amavano che Giano,
della Bella fosse in conuine maggìco'e di loro,
ordinarono dì fare uno gagliardo uficip de'pnórì,
e venne loro latto, e trassesi fuori prima che'l.
tempo usato. £ ciò fatto, come furono all'uficio^
si ordinarono col capitano del popolo, e fecìcHnO
:.vGoo<^Ic
LIBRO OTTAVO f^
formare una notificagìone e inquisizione contro al
detto Giano della Bella e altri suoi consorti e
seguaci, e di quegli che furono caporali a mettere
fuoco nel palagio, of^onendo com' eglino aveano
messa la terra a romore, e turbato il pacifico
stato , e assalito la podestà contro agli ordini della
giustizia ; per la qual cosa il popolo minuto molto
ai conturbò, e andavano a casa Giano della Bella,
e profiereangli d'essere con lui in arme a difen-
derlo, o combattere la terra . £ il suo fratello tras-
se in Orto san Michele uno gonfalone dell' arme
del popolo: ma Giano ch'era uno savio uomo, se
non eh' era alquanto presuntuoso , veggendosi
tradito e ingannato da coloro medesimi eh' nano
stati con lui a fare il popolo, e veggendo che la
loro forza con quella de' grandi era molto pos-
sente , e già raunati a casa i priori armati , non si
volle mettere alla ventura della battaglia cit-
tadinesca , e per non guastare la terra , e per tema
di sua persona non volle ire dinanzi, ma cessossi,
e partì di Firenze a dì 5 di Marzo, sperando
che '1 popolo il rimetterebbe ancorain istato; onde
per la detta accusa ovvero notificagione, fu per
contumace condannato nella persona e isbandito,
e in esilio morì in Francia ( eh' aveva a fare di
là , ed era compagno de'Pazzi) e tutti i suoi beai'
disfatti , e certi altri popolani accusati con lui ;
onde di lui fii grande danno alla nostra cittade, e<
massimamente al popolo , perocch' egli era il più
leale e diritto popolano e amatore del bene co-
mune che uomo di Firenze , e quegli che mettea
in comune e non ne traeva . Era presuntuoso e
volea {«sue vendette fare,e fecene alcuna contra
:.vGooi^lc
aO GlOTAHNl TILLANI
gli Abati suoi Ticini , col braccio del comune , e
forse per gli detti peccati fu per le sue medesime
l^gì fatte, a torto e sauza colpa da' non giusti
giudicato . E nota che questo è grande esemplo a
que' cittadini cbe sono a venire , di- guardarsi di
non volere essere signori di loro cittadini né trop-
pò presuntuosi, ma stare contenti alla comune
cittadinanza, che quegli medesimi che l'aveauo
aiutato a farlo grande, per invìdia il tradiranno e
penseranno d'abbatterej e se u' è veduta isperìenza
vera ìu Firenze per antico e per novello, che
chiunque s' è fatto caporale di popolo o d'univer-
sità è stato abbattuto ; perocché Iq ingrato popolo
mai non rende altri meriti . Di questa novitade
ebbe grande turbazione e mutazione il popolo e
la cittade di Firenze, e d'allora innanzi gli ar-
tefici e' popolani minuti poco podere ebbono in
comune, ma rimase al governo de' popolani grassi
GAP. IX.
Quando si cominciò a Jbndare la chiesa maggiore
di santa Reparata .
Nel d^to anno i ag4,esseado la città di Firenze
in assai tranquillo stato, essendo passate le fortu-
ne del popolo per le novità di Giano della Bella,
i cittadini s' accordarono di rinnovare la chiesa
maggiore di Firenze, la quale era molto digrossa
ibrma e piccola a comparazione di si fatta cit-
tade, e ordinare di crescerla e di trarla addie-
tro, e di farla tutta di marmi e con figure inta-
gliate. £ fondessi con grande solennitade il di di
;vGoo<^Ic
lIBRe OTTAVO ai
santa Maria di Settembre ^ -per lo t^ato del papa
cardinale e più vescovi , e fuvvi la podestà e '1 ca-
pitano e' priori, e tutte 1' ordini delle signorie di
Firenze, e consagrossi ad onore di Dio e di santa
Maria, nominandola santa Maria del Fiore, con
tutto che mai non le si mutò il primo nome per
l'universo popolo, santa Reparata . £ ordìnossi per
_ io comune alla fabbrica e lavorio della detta chie-
sa, una gabella di danari quattro per libbra dì
ciò che usciva dalla camera del comune, e soldi
due per capo d'uomo; e il legato e' vescovi vi
lasciarono grandi indulgenze e perdonanze, a chi
vi facesse aiuto e limosina .
GAP. X.
Come messer Gianni di Celona venne in Toscana
vicario d* imperio .
Nel detto anno i a94,uno valente e gentile uomo
della casa del conte di Borgogna, che si chiama-
va messer Gianni di Celona, a sommossa della
parte ghibellina dì Toscana e col loro favore ,
impetrò da Alberto d' Osterich re de' Romani
d'essere vicario d'imperio in' Toscana; e ciò
latto passò in Italia con cinquecento Borgognoni
e Tedeschi a cavallo; e arrivò nella città d'Arez-
zo, e in quella con gli Aretini e Rom:^uoli e ri-
belli Hi Firenze, cominciò a fare guerra a'Fioren-
tini e' Sanesi, e stette bene uno anno- Alla fine
Qon piacendo a' ghibellini perch' era di lingua
francesca, furono in sospetto di lui: -per la qua!
cosa poi per procaccio di papa Bonì&zio , a petì-
:.vGooi^lc
33 GìOVà.VVI VILLA HI
zioae del comune di Firenze e de' guelfi di To-
scana, per accordo si parti con sua gente, e tor-
nossi in Borgogna 1' anno i agS, ed ebbe dal co-
mune di Firenz* trentamila fiorini d'oro, e simile
per rata dall' altre terre guelfe di Toscana per
mandarlo via.
Nel detto anno 1 394 mori in Firenze uno va-
lente cittadino il quale ebbe nome ser Brunetto
Xiatini,il quale fu gran 61o8ofo, e fu sommo mae-
stro in rettorìca, tanto in bene sapere dire come io
bene dittare . E fu quegli che spuose la Rettorica
di Tullio, e fece il buono e utile libro detto Teso-
ro , e il Tesoretto , e la chiave del Tesoro , e più
altri libri in filosofia , e de' vizi e di virtù , e fu
dittatore del nostro comune. Fu mondano uomo,
ma di lui avemo fatta menzione, perocch' ^li fu
cominciatore e maestro in digrossare i Fiorenti-
ni , e farli scorti in bene parlare, e in sapere gui-
dare e reggere la nostra repubblica secondo la
politica.
GAP. XI.
Come Ju canonizzato santo Luis re che fu di
Francia .
Nel detto anno 1 294 , papa Bonifazio co' suoi
frati cardinali nella città d' Orbivieto canonizzò
la memoria del buono Luis re di Francia, il quale
morì per la crìstianitade sopra la città di Tunisi,
trovando per vere testimonianze di lui sante opere
alla sua vita e alla sua fine, e avendo Iddio mo-
strati di lui aperti miracoli .
;vGooi^Ic
LIBRO OTTAVO
GAP. XII.
Conte i grandi di Firenze misono la città a
romore per rompere il popolo .
I
A di € del mese di Luglio l'anno' 1395, i
grandi e possenti della città di Firenze Tergen-
dosi fu'te gravati di nuovi ordini della giustizia
fatti per lo popolo , e masùmamente di quello
ordine che dice , che 1' uno consorto sia tenuto
per r altro , e che la prova della piuvica fama
fosse per due testimoni ; e avendo in sul priorato
di loro amici , sì procacciarono di rompere gli
ordini del popolo . £ prima si si pacificarono in-
sieme di grandi nimistà tra loro , spezialmente
tra gli Adimari e' Tosinghi, e tra'Mozzi e'Bafdi;
e ciò fatto, feciono a certo di ordinato rannata di
gente , e richiesono i priori eh' e' detti capitoli
fossono corretti , onde nella città di Firenze fu
tutta gente a romore e all' arme , i grandi per se
a cavalli coverti,e con loro seguito di contadini e
d' altri masnadieri a pie in grande quantità ; e
schierarsi parte di loro nella piazza di santo Gio-
vanni ) ond' ebbe la 'nsegna reale messe^ Forese
degli Àdimart ; parte di loro alla piazza a ponte,
ond' ebbe la 'nsegna messer Vanni Mozzi; e parte
in Mercato nuovo , ond' ebbe la 'nsegna messer
Geri Spini, per volere corpere la t^rra. I popolani
s' armarono tutti co' loro ordini e insane e ban-
diere , e furono in grande numero , e asserra-
gliarono le vie della città in più parti , percliè i
cavalieri non potessono correre la terra , e rau-
;vGooi^lc
^4 CIOVAHKI VILLANI
narsi al palagio della podestà e a casa de' priori,
che stavano allora nella casa de' Cerchi dietro a
san Brocolo ; e trovossi il popolo sì possente , e
ordinati di forza e d' arme e di gente , e diedono
compagnia a'priori, perch'erano sospetti, de' mag-
giori e de' più possenti e savi e popolani di Firen-
ze , uno per sesto .Per la qual cosa i grandi non
ebbono ninna forza né podere contra loro , ma il
popolo avrebbe potuto vincere i grandi , ma per
lo migliore e per non fare battaglia cittadinesca ,
avendo alcuno mezzo di frati di buona gente dal-
l' una parte all' altra , ciascuna parte si disarmò ,
e la cittade sì racquetò , sanza altra novità, ri-
tnagnendo il popolo in suo stato e signoria , salvo
che dove la prova della piuvica fama era per due
testimoni , si mise fossono per tre , e ciò feciono
i priori coatra volontà de' popolani , ma poco ap-
presso si rivocò e tornò al primo stato . Ma pur
questa novitate fu la radice e cominciamento dello
sconcio e male stato della città di Firenze che ne
seguì appresso , che da ìndi innanzi i grandi mai
non finarono di cercare modo d' abbattere il po-
polo a loro podere ; e' caporali del popolo cer-
carono <^ni via di fortificare il popolo e d' ab-
bassare ì grandi , fortificando gli ordini della
giustizia ; e feciono torre a' grandi le loro balestra
grosse, e comperate per lo comune ; e molti casati
che non erano tiranni e di non grande pod«'e ,
trassouo del numero de' grandi e misono nel po-
polo , per iscemare il podere de grandi e crescere
quello del popolo. E quando i detti priori uscirono
dello uficio , fur loro picchiate le caviglie dietro e
gifctati de' sassi , perch' erano stati consenzienti a
;vGooi^lc
tlBKO OTTAVO 3$
favorare i grandi ; e per questo romore s novitadi
ai mutò nuovo stato di pt^lo in Firenze , onde
furono capo Mancini, e Magalotti, Altoviti, Peruz-
zi , Acciaioli, e Cerretani , e più altri .
GAP. XIII.
Come lo re Carlo fece pace col re Giamo
d'Araona.
Negli anni dr Cristo i agS morì il re Anfus
d'Araona, per la cui morte don Giamo suo fratel-
lo , il quale s'avea &tto coronare e tenea l' isola
di Cicilia, cercò sua pace colla Chiesa e col re
Carlo, e per mano dì papa Bonifazio si fece in
questo modo ; che 1 detto don Giamo togliesse
per moglie la figliuola del re Carlo, e rifiutasse la
signoria di Cicilia , e lasciasse gli stadicbi che '1
re Carlo avea lasciati in Àraona,ciò erano Ruberto
e Ramondo e Giovanni suoi figliuoli con altri ba-
roni e cavalieri provenzali ; e '1 papa col re Carlo
promise di fare rinunziare Carlo di Valos, fratello
del re di Francia , il privilegio che papa Martino
quarto gli avea fatto del reame d' Araona; e per-
chè a ciò consentisse, gli die il re Carlo la contea
d'Angiò e la figliuola per moglie. E per ciò fornire
andò il re Carlo in Francia in persona , e lui
tornando coli' accordo fatto e co' suoi figliuoli , i
quali avea diliberi di pregìone, sì passò per la città
dì Firenze, nella quale era già venuto da Napoli
per fàrglisi incontro Carlo Martello suo figliuolo re
d'Ungheria, e con sua compagnia duecento cava-
lieri a s|Tonì d' oro , Franceschi, e Provenza}], e
;vGooi^Ic
a6 GTOTARMI TtLL&RI
del Regno , tutti giovani , vestiti col re J' una (6)
partita dì scarlatto e verde bruno, e tutti con selle
d'una (7) assisa a palafreno rilevate d'ariento e
d' oro,coir arme a quartieri a gigli ad oro , e ac-
cerchiata rosso e d' argento , cioè l' arme d' Un-
gheria , che parea la più nobile e ricca compagnia
che anche avesse uno giovane re con seco . E in
Firenze stette più di venti di , attendendo il re suo
padre e' fratelli, e da'Fiorentini gli iu fatto grande
onore , ed ^U mostrò grand e amore a'Fiorentini,
ond' ebbe molto la grazia di tutti. E venuto il re
Carlo, e Ruberto, e Ramondo, e Giovanni suoi fi-
gliuoli in Firenze col marchese di Monferrato (che
dovea »yeK per moglie la figliuola del re) fatti
in Firenze più cavalieri , e ricevuto molto onore
e presenti da'Fiorentini , il re con tutti i figliuoli
si tornò a corte di papa e poi a Napoli . E ciò
fatto, e messo a seguizione per Io papa e per lo
re Carlo tutto il contratto della pace, don Giamo
si partì di Cicilia e andossene in Àraona , e del
reame si fece coronare; ma dì cui si fosse la colpa,
o del papa o di don Giamo , il re Carlo sì trovò
ingannato , che dove Io re Carlo si credette riavere
l' isola di Cicilia a quoto, partitosene don Giamoj
Federigo seguente suo fratello vi rimase signore ,
e a' Ciciliani se ne fece coronare contra volontà
della Chiesa dal vescovo di Cefalonia, onde il papa
mostrò grande turbazìone contro al re d'Araona
e Federigo suo fratello , e fecelo citare a corte, il
quale re Giamo vi venne 1' anno appresso, come
innanzi faremo menzione .
:.vGooi^Ic
tlEAO OTTAVO
GAP. XIV.
Come la parte guelfa Jurono per farza caccitUi
di Gen
renava .
Nel detto aanosìcomiacìògrandeguerra tra'dt-
ladini di Genova tra la parte gnelfit ond' erano
capo i Gtimaldi , e la parte ghibellina ood' eran
capo gli Olii e SpÌDoli; e ciò parve che si scoprisse
per invidia tra loro , e per la signorìa della terni :
che la state medesima aveano fatta la più grande
e la pili ricca armata in mare sopra i Veneziani che
mai &cesse comune^che più di centosessanta galee
furono y sanza gli altri legni grossi e sottili , che
furono più di cento , e ciascuna parte e casato ar*
mando a gara l' uno dell' altro si sfbrzaro ; e al-
lora fu Genova e '1 suo podere nel maggiore colmo
eh' ella fosse mai , che poi sempre veonono calan-
do. E parve che in quello stuolo si cominciasse
la discordia , che non passarono più innanzi che
Messina , eh' aveano ordinato d' andare infino a
Vinegia: e tornati a Genova cominciarono tra loro
battaglia cittadinesca , la quale duri da cinquanta
di y saettandosi e combattendosi di ;dì e di notte^
onde molti ne morirò d' una parte e d' altra , e
in più parti della città misono fuocjo , e arse la'
Riva quasi tutta , e la chiesa maggiore di santo
Lorenzo , e più case e palazzi. Alla fine quegli di
casa d'Oria, e gli Spinoli^ e loro seguaci, sotto trat-
tato di triegua si fornirono di molta gente nuova
di Lombardia e della Riviera , e trovarsi sì forti ,
che per forza ne cacciarono i Grimaldi e' loro
seguaci guelfi : e ciò fu di Gennaio nel 1 39$ .
:.vGooi^Ic
38 OtOTARHI TILLÀHl
GAP. XV.
De fatti de' Tartari di Persia.
Nel detto anno essendo ìinperadorede' Tartari
di Persia e del Turigi Baldo cane, fratello che fa
di Argon cane , onde addietro in alcuna parte
jacemmo menzione , e se Argon amò i cristiani,
questo Baìdo fu cristianissimo e nimico de' sara-
cinì ; per la qual cosa i saracinì di suo paese con
certi signori de' Tartari , feciono con ìspendìo e
gran promesse, che Gassano suo nipote e figliuolo
che fii d'Ai^on, si ruhellò da lui,e venne in campo
con grande oste di Tartari e saracini contro a lui
per combattere . Baido veggendòsi da gran parte
de' suoi tradito , si mise a fuggire , il quale da
Gassano fu seguitole sconfitto, e morto. £ '1 detto
Gissano fatto signore colla forza de'saracini, come
detto avemo , incontanente mutò condizione , e
come prima area amati ì saracini e odiati i cri-
atiani , così appresso fu nimico de' saracinì e amico
de' cristiani , e distriisse tutti coloro che l' aveano
consigliato di &re male a'crìstiani, e appresso fece
molto di bene per la cristianità per racquìstare
la terra santa, come innanzi al tempo faremo men-
zione.
GAP. XVI.
Come Maghinardo da Sasinana sconfisse i Bolo-
gnesi, e prese la città d'Imola.
N^li anni di Cristo 1 396 in calen d'Aprile,
Haghinurdoda Susinana, onde addietro facemmo
;vGooi^lc
LIBAO OTTAVO ->9
^menzione, avendo guerra co'BoIognesi per cagloac
della presa di Forlì e d' altre terre di Romagna ,
onde i Bolognesi aveano la signorìa , e fatta lega
col marchese Àzzo da Ferrara, il quale simigliante
avea guerra co'Bolognesi , coli' aiuto di sua gente
e de' ghibellini di Romagna , vegnendo con oste
sopra la città d' Imola ov' erano i Bolognesi con
loro forza, combattendo con loro gli sconfisse con
grande danno de'presi e de'morti , e prese la detta
città d'Imola con molti Bolognesi che y' erano
dentro.
GAP. xvn.
Come il popolo di Itrenzefice fare la terra
di Castèllo Sangiovanni e Castelfranco
in P^aldarTU} .
Nel detto anno essendo il comune e popolo di
f^renze in assai buono e felice stato,con tutto che
i grandi avessono incominciato a contradiare il
popolo, amie detto aremo, il popolo per meglio
fortificarsi in coDtado,« scemare ù fco^a de'nobili
e de' potanti del contado , e spezialmente quella
de'Pazzì di Valdarno e degli libertini eh' ei;ano
ghibellini , si ordinò che nel nostro Valdarno di
sopra si facessono dae ^ndi, terre e caateUa;'
r uno era tn Fegghine e Hontevarcfai, e puosesì
nome castello Sai^ìovanni , V altro in casa Uberti
allo 'ncontro passato l'Amo , e puosongH noma
Castelfranco, e francarono tutti gli abitanti de'deb-
tì castelli per dieci anni d'igni (8).&zi(aie espcso
di comune, onde molti fedeli de'Paoià e Ufaertini,
B %^U d» Ri<»4oU, e de' Conti , ad aitai nabili ,
;vGooi^Ic
3o GIOVAHni TILLANI
per esser franchi si fecioDo terrazzani de' detti
castelli ; per la qtial cosa in poco tempo crebbono
e multiplicaro assai ^ e fecionsi buone e grosse
terre .
GAP. xvni.
.Come lo re Giamo d' Araona venne a Roma , e
papa Bonifazio gli privilegiò V isola
di Sardigna.
Nel detto anno alla ricfaesta di papa Bonifazio
il re Giamo d'Àraona venne a Roma al detto
papa , e menò seco la reina Gostanza sua madre
e figlinola che fu del re Manfredi ', emesser Rug-
geri di Loria suo ammiraglio , a' quali il papa
fece grande onore e ricomunicoUi ; e 1 detto re
Giamo si scusò della 'mpresa che don Federigo
4UO fratello area fatta delta signorìa di Gicilìa ,
come non era (9) essuta di sua saputa né di suo
éonaentimento , furando, in mano del papa in
presenza del re Garlo, che a richiesta del re Carlo
e' sarebbe personalmente con soa gente é forza
contro a don Federigo suo fratello , ad aiutare
racquislàré l' isola di Cicilia ; e simile promessa
« sarameùto fece fare a messer Ruggeri di Loria
auo ammiraglio . Per la qual cosa il papa fece il
detto ,re Giamo ammiraglio e gonfaloniere della
Chiesa io mare , quando si facesse il passaggio
d' oltremare , e privil^iollo del reame dell' isola
di Sardigna , conquistandolo sopra i Pisani o chi
t' aTBSse signorìa j - e fece il detto papa òhe '1 re
Garlb perdonò ogni offesa ricevuta da messer Rùg-
getidi IioriSf e feCelo soó ammiraglio} la qual'
;vGoo<^Ic
1.1850 OTTAVO Zi
cosa sappiendo dou Federigo , gU tolse tutte sue
rendite e onori eh' avea in Cicilia , e al nipote ,
opponendogli tradigìone , fece tagliare la testa . ■
GAP. XIX.
Come il conte di fiandra e quello di Bari si m-
bellarono al re di Francia .
Nel detto anno il conte Guido di Fiandra « il
conte di Bari genero del re d'Inghilterra ^ì rubel-
larono dal re di Francia per oltraggi ricevuti dal
re e da sua gente, e allegarsi col re Adoardo d'In*
gfailterra. £ intra l' altre principali cagioni della
ruhellazione del conte di Fiandra, si fu perch'egli
area maritata la figliuola al figliuolo del re d' In-^
ghilterra , sauza cousentimeato del re ; onde, non
piacendo al re , mandò per lo conte e per. la con'
tessa di Fiandra , e poi per la figliuola ; e quando
furono a Farigi,lo re fece ritenere la detta donna
in cortese pregione , perchè non fosse moglie del
suo nimico , e poco tempo appresso ella mort-, a
dissesi che.fu fatta morire di veleno. Il conte ve-
dendo ritenuta sua figlia, e egli dal re in l^gere
guardia lasciato , si partì privatamente di Parigi
e fuggissi ÌQ Fiandra,- e -dicendosi a' figliuoli e
alla ^ua gente del torto che gli facea il re di sast
figlia , fece le sue terre rubellare al re ; e in Lilla
mise a gjuardia Ruberto 9uq primo figliuolo , e a.
Doai Gifiglieirao ' secondo fidinolo , e a Coltrai
messer Cianai di Namurro quQ figliuolo, e il con*
te rimale alla guardia ;di.Bruggia , e '1 Amìa. di
Brabante.aio iiipote «Ikt gniffdiìt di^anto. Per la
;vGooi^Ic
33 GI0V4HHI VILLARJ
qaal cosa il re di Francia con grande oste andò
in Fiandra colla maggior parte di sua baronia , e
COD più di diecimila cavalieri e popolo innume-
rabile y e puosest a oste a Lilla , nella quale era
messer Ruberto di Fiandra e '1 siri di Falcamon-
te d' Alamagua con più soldati tedeschi , i quali
difeodeano la teira francamente. In questa stan-
za il conte d'Artese sconfisse i Fiamminghi a For-
nes , e lo re d' Inghilterra arrivò in Fiandra , co-
me si tratterà nel seguente capitolo ; per la qual
coaa^ e ancora perchè la villa di Lilla non era be-
ne provveduta né fornita dì vittuaglia , s' arren-
déo la terra al re di Francia , andandone sano e
calvo messer Ruberto di Fiandra con tutti i sol-
dati tedeschi. £ avuta il re di Francia Lilla, pre-
se la sua gente Bettona e più altre ville di Fian-
dra , e fece poi lo re di Francia cavalcare le terre
del conte di Bari , e ardere e guastare .
CÀP. XX.
Come il corae d' jértese scorasse i FìamnUnghi
a Fornes , e come il re d'Inghilterra
passo in landra .
Nel seguente anno 1397, essendo cresciuta la
guerra al re di Francia per lo re d' Inghilterra , e
per la rubellazione del conte di Fiandra e di quel-
lo di Bari, come detto avemo di sopra, sì feciono
lega ancora contro a luì col re Àttaulfo d'Alama-
gna , e mandt^li il re d' Inghilterra trentamila
narchi di sterUai,ac(ùocchè venisse con suóisfbrzo
in Fiandra , per assalire: il reame di Francia ; e
:vGpOl^lc
IIBRO OTTAVO 33
' COSÌ promise e giurò^e lo re d'Iaghilterra promise
di venirvi in persona j e reunero alquanti cavalieri
tedeschi in Fiandra al soldo de'Fiamminghi , i
quali volendo co'Fiamminghi insiema assalire la
contea d' Artese , il conte d' Attese con grande ca-
vallerìa di Franceschi tornato di Guascogna in
Artese per la dettai guerra cominciata per gli
Fiamminghi , essendo al conte d' Artese già rea-
duta la rilla di Berghe alla marina , si fece loro
incontro a Fornes in Fiandra , e quivi comhat-
terono insieme , onde i Fiamminghi e' Tedeschi
furono sconfitti , e morivvi il <^nte Guiglielmo di
Giulierì , e Arrigo conte di Belmonte, e '1 siri di
Gaura , e più altri baroni e cavalieri tedeschi e
fiamminghi , con più di tremila tra a pie e a
cavallo vi furono morti e presi . E dopo la detta
sconfitta il conte d' Artese prese Fornes , e fecìono
le comandamenta tutte le terre della marina e la
valle di Cassella. In questo il re Adoardo d'Inghil-
terra con grande navilio, e con mille e più buoni
cavalieriecon gente d'armeapiè assai, arrivò in
Fiandra al porto della Stuna^iccome avea promes-
so per la lega fatta col re d'AIamagna e col conte
di Fìandra^e prese la villa di Bruggia^ la quale fu
abbandonata da'Franceschi,perchè non v'avea for-
tezza né di muro né di fossile poi n'andò a Ganto,
perocché Bruggia non era forte,e gli grandi borgesi
di Bruggia eran tutti della parte del re, onde non
si fidava di stare in Bruggia . A Ganto era il conte
di Fiandra per attendere il re d'AIamagna , il
quale per più moneta (si disse) eh' ebbe dal re di
Francia^non venne, come avea promesso e giurato;
e chi disse che il detto re d'AIamagna rimase , per
T.III. 3
;vGooi^Ic
34 CIOVAHNl VILLANI
guerra , che il re di Francia per suoi danari e
promessa di parentado gli fece muovere al duca
d'Osterich ; e a questo diamo più fede . Onde il
re Adoardo veggendosi ingannato e tradito , ovvero
fallito dal re d'Àlamagna , e sentendo il grande
podere del re di Francia , e com' era già mosso
con tutta sua baronia, avuta Lilla, per venire
contro a lui a Gante , e già era a Coltrai in Fian-
dra; per la qual cosa il re d'Inghilterra non s'af-
fidò di dimorare in Fiandra , perocché venuto il
re di Francia con sua oste , il convenia essere
sorpreso o assediato in Brucia o in Ganto y a
venire a battaglia con lui ; e dappoiché non era
venuto il re d'Àlamagna con sua gente , non avea
podere d' uscire a campo contro al re di Francia,
e però si partì di Fiandra in grande fretta , e
tornossi con sua gente in Inghilterra , e lasciò il
conte di Fiandra in Ganto ib male stato e da
tutti abbandonato . Lo re di Francia perchè s'ap-
pressava il verno , e avea novelle come il re Carlo
di Puglia venia in Francia in servigio del re d'In-
ghilterra, e per commessione del papa,per mettere
accordo intra lui e 'l re Adoardo , suoi congiunti ,
parenti,e amici,si si tornò inFrancia con tutta sua
roste^ lasciando grande guernigione digente d'arme
a cavallo e a pie nelle dette terre , e fece iàre a
Lilla e a Coltrai forti castelli . E tornato in Fran-
eia , il re Carlo ordinò dal re di Francia al re
Adoardo d'Inghilterra e '1 conte di Fiandra triduo
per due anni , rimanendo al re di Francia per
patti Bruggia, e Lilla, e Coltrai , e altre ville , le
quali terre di Fiandra erano già all' obbedienza
Q guadagnate per lo re di Francia ; e per dispeu-
:.vGooi^Ic
tlBRO OTTAVO 35
sagione del papa il re d'Inghilterra prese per mo-
glie La serocchia del re di Francia , e accordelli
di pace insieme .
GAP. XXI.
Come papa Bonifazio privo dd cardinalato mes-
ser Iacopo e messer Piero della Colonna .
Negli anni dì Cristo 1 397, a dì 1 3 del mese dì
Maggio , tenendosi papa Bonifazio molto gravato
da' signori Golonnesi di Roma , perchè in più cose
Taveano contastato per isdegno di loro mag-
gioranza , ma più si tenea il papa gravato , perchè
messer Iacopo e messer Piero della Colonna car-
dinali gli erano stati contradì alla sua lezione ,
mai non si pensò se non di mettergli al niente .
E in questo avvenne , che Sciarra della Colonna
loro nipote, vegnendo al mutare della corte di Ala-
gna alle some degli arnesi e tesoro della Chiesa^le
rubò e presele menolle in sua terra.Per la qual ca-
gione aggiugnendovi la mala volontade conceputa
per addietro , il detto papa contro a loro fece pro-
cesso in questo modo ; eh' e' detti messer Iacopo e
messer Piero della Colonna diaconi cardinali, del
cardinalato e di molti altri benefìciich'aveanodal*
la Chiesa , gli dispuose e privò^e -per simile modo
condannò e privò tutti qu^li della casa de'Golou-
nesi, cherìci e laici , d'ogni beneficio ecclesiastioo
e secolare , e scomunicolli che mai non potessono
avere beneficio ; e fece disfare le -case e' palazzi
loro di Roma, onde parve moltO' male a' loro
amici romani j ma non poterono oohtradire per
:.vGooi^lc
36 aiOVÀNHI TILLAKI
)a forsa tlel papa e degli Ordini loro contrari ; per
la qual cosa si rubellarono al tutto dal papa e
cominciarono guerra , perocch' eglino erano molto
possenti , e aveano gran seguito in Roma , e era
foro la fqrté città di Pilestrìno , e <[ueUa di Nepi ,
p la Colonna , e più altre castella . Per la *|ual cosa
il papa diede la indulgenza di colpa e pene chi
preodesse la croce contro a loro , e fece fare oste
sopra la città di Nepi , e il comune di Firenze vi
mandò in servigio del papa seicento tr^ balestrieri
e paTCsari crociati , colle sopransegne del comune
di Firenxe ; e tanto stette l' ciste all' assedio , che
la città s' arrendè al papa a patti , ma molta gente
tì morì e ammalò per corruzione d' aria ph' ebb$
nella detta oste ,
GAP. XXII,
Come Mherto d'Osterich sconfisse e uccise 4t-^
ttmljo re d'Alamagna, e com'egli Ju
^leftQ re de'HoTfiam .
N^li anni di Cristo 1398 del niese di Giugno
avendo i preucipi d'Àlamagqa privato Àttaulfo
della lezione dello 'mperio per cagione della sua
dislealtà , e perchè s' «ra legato col re di Francia
per sua moneta , e tradito il re d'Inghilterra e il
conte di Fiandra , come addietro aven^q fà(ta
menzione , e ancora per procaccio d'Alberto dc^io
d'Osterich figliuolo che fu del re Ridolfo^per ay^re
la lezione con ordine e trattato del r^ Àdpardo ,
e con molta sua moneta data al det^i A-.U>erto per
lare vendetta del tradimenti pt^mine^so per lo
;vGboi^Ic
tlBRÓ OTTAVO 3^
((étto Àttaolfò re d'Àlamagna; e ciò fatto» il detttf
dt^io Alberto con su& poteozìa dì gcQté d' arm«|
Venne contro al detto Attaulfo , e in campo coni>
battè con lui , e sconfisselo , e rimase il deUo At-
taulfo morto nella detta battaglia cod molta di
sua gente ; e aruta Alberto la detta vittoria sì fece
eleggere re de'Romanì, e poi confermare a papa
Bonifazio ■
GAP. XXIII.
Come i Cótonnesi vennero alla imsericórdia del
papa, e poi si fuhetlarono un'altra volta.
rfel detto aniio del mese dì Settembre > èssen'-
do U'attato d' accordo da papa Bonifh^ a' Co-
lonnesi , i detti Golonnedi cherici e laici vennero
a Bieti OV* era la torte , è gittàrsi a pie del detto
papa aliti misericordia , il quale penlonò \cfNt, e
kssolvettegli della scomunicazione^ e volle gli
rendessono la città dì Pileatrìno ; e Coù fecionO)
promettendo loro di rìatìtuìrgli in loro stato e di*-
gnità,laqual cosa non attenne loro, ma fece
disfare la detta città di Pilestrìno del poggio «
fortezze ov' era> e feceae rifare una terra al piano>
alla quale puose nomeCivita Papale;e tutto questo
trattato falso e frodolente fece il papa per coni-
siglio del conte da Montefeltro^allora frate minore>
ove gli disse la mala parola : lunga promessa
cali' attender corto . I detti Golonnesi trovandosi'
ingannati di ciò eh' era loro promesso , e disfatta
sotto il detto inganno la nobile fortezza di Pile-
utrino , innanzi die compiesse 1' anno si rubel-
larono dal papa e dulia Chiesa , e '1 papa gli sco-
;vGoo<^Ic
38 GIOVAHNI TiLLÀIil
mnoicò da capo con aspri processi ; e per tema di
noa essere presi o morti , per la persecuzione del
detto papa , si partirooo di terra di Roma , e
ìsparsonBi chi di loro in Ciciliane chi in Francia^
e iu altre partì, nascondendosi di luogo in luogo
per non essere conosciuti , e di non dare di loro
posta ferma » spezialmente messer Iacopo e mes-
ser Piero eli' erano stati cardinali ; e cosi stettono
in esilio mentre vivette il detto papa .
CAP. XXIV.
Come i Genovesi sconjissono i p^iniziani in mare .
Nel detto anno a dì 8 di Settembre , essendo
grande gueri-a m mare traiGeoovesie'Vinizianif
ciascuno fece armata , i Genovesi dì centodieci
galee, é' Viniziani di centorentì galee; e' detti
Genoren , ond'era capitano e ammiraglio messer
Lamba d'Orm passarono la Cicilia e mìsonsi nel
golfo , con intendimento di andare ìnfino alla città
di Vinegìa , se in altro luogo non trovassono ì
Viniziani ; ma come furono in SchiaTODÌa,troTa-
rono r armata de' detti Viniziani all' isola della
Scoicela , av' ebbe tra' due stuoli aspra e dura bai-
-taglia; alla fine furono sconfitti i Viniziani, e
molti ne furono morti e presi , e settanta corpi di
loro galee ne furono menate co'pregioniin'Genova.
;vGoo<^Ic
LldRO OTtÀTO 39
GAP. XXV.
t)t' grandi tremuoti che Jiirono in certe città
d'Italia.
Nel detto anno furono molti tremuoti in Italia ,
spezialmente nella città di Rieti e in quella di
Spoleto , e in Toscana nella città dì Pistoia , nelle
quali cittadi caddono molte case , e palagli , e
torri , e chiese , e fa segno del giudicio di Dio ^
del futuro perìcolo e aTTersitade che poco appresso
ai cominciò in più parti d'Italia , e spezialmente
nelle dette nominate cittadi , come innanzi per
gli tempi faremo menzione .
GAP. XXVI.
Quando si coimncio il palazzo del popolo di
Fìrenxe ove abètano i priori .
Nel detto anno 1 398 si cominciò a fondare il
palagio de' priorì per lo comune e popolo di Ft<
renze, per le novità cemiBcìate trai popolo
e' grandi , che spesso c^ la teira in gelosia e ia
' commozione , alla riformazione dei priorato idi
due in due mesìj per le sette già comincia^, e i
priori che reggeaoo il popolo e tutta la repubblica,
non parea loro essere sicuri ore abitavano in-
nanzi , eh' era nella casa de' Cerchi bianchi
dietro alla chiesa di san Brocolo . £ colà dove
puosono il detto palazzo , furono anticamente le
case degli liberti, ribelli di Firenze e gbibellinì;
;vGooi^Ic
40 GIOYAHNl TILLAHI
edique'loro casolari fecioDO piazza , acciocché
mai non si rifàcessono . £ comperarono altre case
di cittadini , come furono Foraboschi , e fonda-
ronvi su il detto palazzo , e la torre de' priori ,
fondata in su una Unre eh' era alta più di cin-
quanta braccia eh' era de' Foraboschi , e cbiama-
vasi torre della Vacca. E perchè il detto palazzo
non si ponesse in sul terreno de'detti Uherti, co-
loro che l'ehhono a far fare il puosono (io) musso,
che fu grande difDtlta a lasciare però di non farlo
quadro, e più discostato dalla chiesa di san Piero
Scheraggio .
GAP. XXVH.
Come jìi fatta pace tra 'l comune di Genova e
quello di F'inegia .
Negli anni di Cristo 1399 del mese di Maggio,
pace fu tra 'Genovesi e' Vìniziani, e ciascuno rieb-
be i suoi pregioni con que' patti che piacquero
a'Genovesi. Intra gli altri vollono, che infra tre-
dici anni ninno Viniziano non navicasse nel ma-
re maggiore di là da Costantinopoli e nella Soria
con galee armate , onde i Genovesi ebbono gran-
de onore , e rimasono in grande potenza e felice
stato , e più che comune o signore del mondo ri-
dottati in mare .
;vGooi^Ic
' tltiao OTTàTO 4<
GAP. xxvni.
Come fii fatta pace tra 'l comune di Bologna
e 'l marchese da Esti e Maghinardo da Su~
sinana per gU Morentini .
Nel detto tempo e anno essendo stata lunga e
~ grande guerra tia'l comune dì Bol<^a e' suoi u-
sciti , e col marchese Azzo da Esti , il quale si-
gnor^giava la città di Ferrara , e quella di Reg-
gio, e quella di Modona , e eoo Maghinafdo da
Susinana grande signOTe in Romagna , i quali &•
rano a una lega contro a' Bolognesi , per procac-
cio e industria de' Fiorentini,amici dell'una par-
te e dell' altra , pai» fu fatta, e bascìaraì insieme
i sindachi delle parti nella città di Fìrens^ ; e i
Fiorentini furono promettitori e mallevadori alla
detta pace per l' una parte e per l' altrsT'con so-
lenni carte e promessiooi .
GAP. XXIX.
Come il re Giamo d' Jraona con Ruggeri di
Loria e colVarm^a del re Carlo sconjìssono
i Cicilìani a capo Orlando .
' Nel detto anno avendo lo re Carlo £itta sua
armata per andare sopra l'isola di Cicilia di qua-
ranta galee , ond' era ammiraglio messn- Ruggeri
di Loria , e richesto pò- papa Bonifazio e per lo
re Carlo il re Giamo d' Araona , che (i i ) asse-
guisse la promessa per lui £itta per gli patti della
;vGooi^Ic
4^ OIOTAVHI VILLANI
pace ^ come addietro facemmo meazione, yenne
di Catalogna eoa trenta galee armatele accozzatosi
a Napoli coir armata del re Carlo, e con Buggeri
di Loria loro ammiraglio, tutti insieme n'an-
darono verao Cicilia . Don Federigo co' suoi Gi-
ciliani sentendo l' apparecchiamento , fece suo
isfbrzo , e armò sessanta galee , e col suo ammi-
raglio messer Federigo Doria ai misono in mare;
e a capo Orlando in Qcilia s' accozzare in mare
le dette armate a dì 4 del mese dì Luglio, e dopo
la grande e aspra battaglia l' armata de'Ciciliant
fu sconfitta, e tra morti e presi più di seimila
uomini, e ventidue corpi di galee; per la qual
cosa ai mostrò palesemente, che'I detto re Giamo
e Buggeri dì Loria furono fedeli e leali alla pro-
messa fatta al papa e al re Carlo. Bene si disse ,
che se lo re Giamo avesse voluto, don Federigo
suo fratello rimanea preso in quella battaglia ,
perocché la sua galea fu nelle sue mani, e era fi-
nita la guerra di Cicilia; o che fosse di sua volontà
o di sua gente catalana, il lasciarono fuggire e
scampare .
CAP. XXX.
Come Ju fatta pace tra' Genovesi e' Pisani.
Nel detto anno del mese d'Agosto fu fatti pace
tra' Genovesi e' Pisani,. la ^le guerra era du-
rata diciassette anni e più, onde ì Pisani molto
erano abbassati e venuti a piccolo podere ; e «pia-
si come gente ricreduta feciono a* Genovesi ogni
patto che seppono domandare , dando loro parte
;vGoo<^Ic
blBAO OTTAVO 4^
di Sardigna> e Ja terra di BoDÌfàsio in Corsica,
e di' e' Pisani non dovessono navicare con galee
armate infra quindici anni , e de* pregiorii che
vennero in Genova de' Pisani , quando furono
lasciati , non erano vìvi che appena U decimo .
CAP. XXXI.
Quando di nuovo si cominciarono le nuove mura
della città di latenze .
Nel detto anno a dì 39 di Novembre^ si comin-
ciarono a fondare le nuove e terze mura della
città di Firenze nel prato d' Ognissanti; e furooo '
a bmedire e fondare la prima pietra il vescovo
di Firenze , e quello di Fiesole , e quello di Pi-
stuia f e tutti i prelati e religiosi^ e tutte le signo-
rie e ordini di Firenze con ìnnumerabile popolo.
E murarsi allora dalla torre sopra la gora inlluo
alla porta del Prato, la quale porta era prima co-
minciata iusino l'anno 1 334> coli' altre parte ma-
stre dì qua dall'Arno , insieme , come addietro
^cemmo menzione; ma per molte avverse novitì
che furono appre8So,stette buono tempo che non vi
si murò più ìnnanzi^che quelle mura della fronte
del Prato .
CAP. XXXU.
Come il re di Inonda ebbe a queto tutta Fian^
dra, e in pregiane il conte e^figUuoU.
Nel detto anno 1 399, fallite le triegue dal re di
Francia e '1 conte di Fiandra , lo re mandò in
;vGooi^Ic
44 GldTANiri tiLLÀRI
Fiandra lo re Carlo di Valos suo fratello Cori
grande oste e cavalleria, il quale giunto a Bruggia
cominciò guerra al conte ch'era in Canto , e a
tutte le terre della marina che teneano col conte,
e con più battaglie in più parti vinte per la gente
di messer Carlo coutra i^Fiaraminghi, s'arren-
derono a messer Carlo , salvo Cauto, ove era il
conte co' suoi figliuoli messer Ruberto e messer
Guiglielmo, abbandonati dagli amici e da' signori^
e eziandio da' loro borgesi . Per la qtial cosa trat-
tato ebbene con messer Carlo di fare onore al re
di rendersi a lui , promettendo messer Carlo
sopra se di guarentirgli e rìmettei^li in amore del
re , e in loro stato e signoria . E compiuto il trat-
tato renderono Canto , che è delle più forti terre
del mondo , e le loro persone a messer Carlo ; il
quale entrato in Canto , il conte Cuido e messer
fiuberto e messer Guiglielmo suoi figliuoli tratU ,
e gli mandò presi a Parigi . La qual cosa per
1' universo mondo fu tenuta grande dislealtà a si
latto signore . £ ciò fatto per messer Carlo, e avuta
tutta a queto la contea di Fiandra , lasciò messer
Giacche , fratello del conte di san Polo al tutto
signore in Fiandra per lo re con grande cavalleria,
e messer Carlo si tornò in Francia . E il detto
messer Giacche cominciò in Fiandra aspra signo-
ria , e raddoppiare sopra il popolo assise , e gabel-
le , e male tolte , onde il popolo forte si tenea
gravato < Avvenne, che per la pasqua di Risorresso
vegnente lo re di Francia andò a. suo diletto in
Fiandra per provvedere il suo conquisto e fare fe-
staje giunto in Bruggia gli fu fotto grande onore,e
aimile a Ganto , e Ipro , e l' altre buwie Ui-re j e
:.vGoo<^Ic
LtBBO OTTATO 4^
tatti si vestirono di nuovo ad arte e mestieri
d' una assisa, faccendo più diversi giuochi e feste^
e per lo re e sua baronia giostre ; e la tavola rifon-
da si fece a Guidendalla, maniere del conte, onde
d'Alamagna e d'Inghilterra vi vennonopiù baroni
e cavalieri a giostrare . Ha questa festa fu fine di
tutte quelle de 'Franceschi a'nostritenipi^hecome
la fortuna si mostrò al redìFrancia e a'suoiallegra
e felice, così poco tempo appresso volse sua ruota
nel contrario, come innanzi al tempo faremo men-
zione . £ r originale cagione, oltre al peccato per
lo re e suo consigilio commesso nella presura e
morte della innocente damigella di Fiandra , e
poi il tradimento fatto contro al conte Guido
e' suoi figliuoli presi, si fu che al partire che'l re
fece di Fiandra, gli artefici e popolo minato gli
domandarono grazia, che fossono alleggiati delle
importabili gravezze, che messer Giacche di san
Polo e' si^oi faceano loro, e oltre a ciò i grandi bor-
gesi delle ville , che tutti gli mangiavano j non
furono uditi d^l re,8e non come il popolo d' Israel
dal re Roboamo, m^ maggiormente tormentati
da'borgesi e dagli uficiali del re, onde appresso
seguì il giudicio di Dio quasi improvviso, come
al tempo intenderete .
GAP. XXXIII.
Come il re di Francia s' imparentò col re Al-
berto d' Jlamagna .
Nel detto anno 1 399,dopo il conquisto che'l re
di Francia fece di Fiandra, Alberto d'Osterich
;vGooi^Ic
4$ GIOVARMI VILLANI
re de' Romani fece parentado col re Filippo di
Francia, e diede per moglie al figliuolo primo-
genito la figliuola del detto re di Francia ; e cid
fu per l' amistà cominciata, e servigio fatto al re
dì Francia per lo re Alberto, contro Attaulfo re
de' Romani , come addietro è fatta menzione .
GAP. XXXIV.
Come il preme di Taranto fa, soonfitto
in Cicilia .
Nel detto anno in caien di Dicembre , Filippo
prenze dì Taranto e figliuolo del re Carlo secon-
do , essendo passato in su 1' isola di Cicilia con
seicento cavalieri e con quaranta galee armate,la
maggiore parte Napoletani e gente del Regno, per
guerreggiare l'isola , ed era all' assedio alla città
di Trapali j e don Federigo d' Araona che tenea
Cicilia era con sua gente , della quale era capita-
no don Brasco d' Araona, e stavano in su '1 mon-
te di Trapali , veggendo il male reggimento del
detto prenze e dì sua gente , a loro posta scesono
del detto monte , e con loro vantaggio presono la
battaglia, nella quale il detto prenze fu aconfitto,
e preso egli e gran parte di sua gente ,
;vGoo<^lc
LIBKO OTTAVO 4?'
GAP. XXXV.
Come Cassano signore de' Tartari sconfisse il
soldano de' saradni, e prese la terra
santa in Sorta .
Nel detto anno del mese di Gennaio, Gassano
imperadore de' Tartari venne in Soria sopra il
soldano de' saracinì, e menò seco duecentomila
tra Tartari e cristiani a cavallo e a pie per con-
dotta del re d' Erminia e di quello di Giorgia,
cristianissimi e nimici de'saracini, per racqui-
stare la terra santa. Il soldano sentendo loro ve-
nuta, venne d' Egitto in Soria con più di cento-
mila saracini a cavallo, sanza l' altra sua oste di
Soria eh' era infinita ; e scontrarsi insieme i detti
eserciti, e la battaglia fìi grande e terribile. Alla
fine per senno e valenzia del detto Gassano , il
quale si tenne a piede con grande parte della
sua buona gente, infine eh' e' saracini ebbouo
tanto saettato, eh' elli ebbono voti i loro turcassi
di saette, e acciocch' e' saracini non potessono
risaettare sopra i suoi le loro saette, ordinò che
tutte quelle di sua gente fossono sanza cocca , e
le corde de' suoi archi con ( i a) pallottiera, che
poteano saettare le loro e quelle de saracini. £
ciò fatto,con ordine, a certo suo segno fatto mon-
tarono a cavallo, e aspramente assalirono i sara-
cini per modo, che assai tosto gli mise in iscon-
fitta e in fuga ; ma molti saracini vi fiiroao morti
e presi, e lasciarono tutto il loco campo e arnesi
di grande ricchezza . E àò fatto,qua8Ì tutte le ter-
;vGooi^Ic
48 GIOVARHI TILLANI
re di Soria e dì Genisalem si renderono al detto
Cassano , e divotamente andè a visitare il santo
sepolcro; e ciò fatto, non potendo guari dimorare
in Soria , conTenendt^lì tornare in Persia al Tu-
rigi y per guerra che gli era cominciata da altri
sìgnc«i de'Tartarì , sì mandò suoi ambasciadori in
ponente a papa Bonifazio ottavo , e al re di Fran-
cia , e agli altri re cristiani , che manclassouo
de' signori e gente cristiana , a ritenere le città e
terre di Soria e della terra santa che egli avea
conquistate ; la quale ambasciata fu intesa , ma
male messa a seguizione , perchè per lo papa e
per gli altri signori de* cristiani s' intendea più
alle singulari guerre e quistioni tra loro , che al
bene comune della cristianità ; che con poca
gente e piccola spesa si racquistava e tenea per
gli cristiani la terra santa conquistata per Gassano,
la quale con grande vergogna, e non sanza merito
di pena , per gli cristiani s' abbandonò . Onde
partito di Soria il detto Gassano , poco tempo
appresso i Saracini sì ripresone Genisalem e
l'altre tare' di Soria. Il detto Gassano fu figliuolo
d'Argon cane , onde addietro in alcuna parte fa-
cemmo menzione . Questi fu pìccolo e sparuto dì
sua persona , ma virtudioso fu molto , e savio, e
prò di sua persona , e avveduto in guerra ; corte-
sissimo e largo donatore , amico grandissimo
de' cristiani , e egli e molti di sua buona gente ,
si fece per la fede dì Cristo battezzare . E la
cagione perchè Cassano divenne cristiano non è da
tacere , ma da farne notabile memoria in questo
nostro trattato , a edificazione delta nostra fede ,
per lo bello miracolo ch'avvenne.Quaudo Gassano
:.vGoo<^Ic
LIBRO OTTAVO 49
fif fatto imperadofe , si léce cercare per avere mo-
glie per la più bella femmioa che si trovasse, npn
guardandosi per tesoro o per altro ,« però maDdà
aiioi ambasciadorì per tatto levaate; e trovandosi
la più bella la figliuola del re d'ErmÌDÌa, è quella
addimandata, il padre l'accettò^ in quanto pìaces-<
3e alU pulcellà . Quella molto savia rispose,' cb'era;
contenta al piacere del padre , salvo eh' ella voleai
9Siere libera di potere adorare e coltivata il nostro
signore Gesù Cristo, beDcbè '1 marito, fosse fa->
gano, e così fa promesso e accettato per giù
ambasciadorì di Gassano.. Il re d'Erminia mandò
la figliuola con irate Àiton sno fratello, e eoo altrìr
frati e religiòflji , e con ricca compagnia di cava-i
lim , e donne, e dam^elle ; e venula a Cassano ,1
niolto g'IL piacque , e fu ih .sua grazia e amore , «
aqsai tosto conccpette di lui , e al tempo debit*
partorio, cooie piacque a lìio, la più lorda e orM
rìbile creatura che mai fosse veduta , e quaà per
poso non av«a forma umana. Cassano contristato'
di ciò, tenne òohsiglio co'suoi saviìjper gli quali
fu diliberato, ohe la danna avea commesso' dvoL-
terio , e fu giudicata cW ella colla sua creatura)
iòsse arsa . E apparecchiato, il fàooa in presenea.
di Gassano, (a cui mt>Uo ne doleva) e dì!tulto<;ìì
pt^lo. della .citt^.> iJadouoa chiose |;i^BÌa:'d^
^Jecesqa coufessìpttQ.fe cprau^óile., «ctonw £3-
4eLsi. cristiana, e la. creatut^; batOetszarelo fare,
cjtistiano . Fu couQvdiiItt la gitizìa,,.e .ctHue Ift
cimatura fu battezzata -nel. nome del FadFe:,.«dek
Figlio, e del.santo Spirito- in fx^e^bijKà delpadvd
di tutto il popolcii, ')nQt)ìttaUe[ttfci il fa9(:iullQ
divenne il più bello ;e, giv^tow ^\m mai fo^se.
T. Jil. 4
:vGooi^Ic
5o GI0V4KIH VlbbÀKI
veduto ■ Del detto miracolo Cassano fu molto al-
loro e con gran festa la 'mperadricu e 'I figliuolo
iUrooo diliberi da morte ; e Cassano e tutto il po-
polo si battezzooDo e feciooo cristiani . E non
Toglto cfae tu lettm'e timaraTÌglì, perchè seri viamo
cfas Cassano fosse quasi con duecentomila Tartari
a eavallo , che il vero fu così , e ciò sapemmo da
uno nostro FÌM^ntino e Ticino di casa i Bastar! , '
nndrìto infìno da piccolo fanciullo in sua corte ,
e di qua per lui al papa e a' re de'cristia&i venne
per ambasciadore con altri de'Tartari , cbe ciò
testimoniò e a noi disse . E non è da maravigliare
però> perocché quasi tutti i Tartari vanno a caval-
lo e non a pie , e' loro cavalli sono piccoli j e mai
non bisogna Um^ ferro in pie , né orzo nò altra
biada f ma vivono d' erbaggio e di fieno , lascian-
dogli pascere come pecore ; e ano de'Tartari ne
mene seco dieci o venti o più de' detti cavalli ,
secondo cli'ò possente;e val'uno dietro all'altro
sanza altra guida ; e sono con sottili briglie sanza
&eno , e povera sella d' una bardella con pìccole
scaglie (i3) incamutata • Armati sono dì cuoio
cotto e d'archi e saette ; e vivonsi di carne cruda
o poco cotta , e di pesce e di sangue di bestie , è
burro e latte con poco pane , e le più volte sanza
paneje quando hanno sete e non trovassono acqua;
segnano l'uno de' Ioto cavalli ebeoosi ìlsangue^e
spesso r uccidono e '1 si mangiano ; e giacciono e-
dormono sanza tetto ^ se non il tappeto sopra la
terra, e sempre stanno a campo , e molto sono ob-
bedientì e fnleli al loro signore , e fieri e crudeli
in arme , sicché al signore de'Tartari è più leg-
giere di menare seco in oste duecento migliaia di
:.vGooi^lc
LIEBO OTTAVO 5l
Tartari a cavallo , che uon sarebbe al re di Frao-
eia diecimila . Àvemo si lungo detto de' costumi
de'Tartarì , p«- trarre d' igaoraoxa coloro cbe di
loro fatti noa sanno ; ma chi più ne vorrà sapere
le^ il trattato di frate Aiton d'Erdainia , • '1 -
libro del Milione di Vin^ia , come in altra parte
di questo 1ì1hx> av«no detto .
GAP. XXXVI.
Come papa Bonifazio ottavo die perdono a tutU
ì cristiam ch'andassono a Homa, Vanti»
del giulAUeo i3oo.
Negli anni di Cristo 1 3oo,seoo&do la nativitade
di Cristo , con ciò fosse cosa ciie si dicesse per
molti , che per addietro (^ni centennio d' anni
della natività di Cristo , il papa ch'era in que' tem-
pi, facea grande indulgenta , papa Boni&BÌo ot-
tavo che allora era apostolico , nel detto anno a
reverenxa della natività di Cristo , foce somma »
grande indulgenza in questo modo; che qualunque'
Bomano visitaise infra tutto il detto anno, con-,
tinufiodo trenta dì, le chiese de' beati apostoli,
santo Pietro • santo Paolo» e per quìn^ci di-
r altra univer-sttle gente che non fosaono Romani,
« tutti fece piena e intera perdononia di tutti i
«ni peccati , essendo confesa» o si confessasse, dì:
colpa e di pena . Eper consolazione de'crìstianì.
pelUigrini , (^ni veneriti o di solenne di fi»ta, ai.
mostrava in san Piero la Vo'oaica àxA sudario di
Cristo . Per la qual cosa gran parta de'cristiani che
alkm vneuo, feciooo U detto pdlegriua^gìo.
;vGooi^Ic
Sa CISVAHMl VILLAKI
COSÌ femmine come uomini^ di lontani e diretti
[Aesi, edi lungi e d'appresso.E fu la più mirabile '
cosa che mai si vedesse , che al continuo in tutto
l'anno durante, aTM in Roma oltre al popolo
romaaiD, duecentomila pellegrini , sanza quegli
ch'erano per gli cammini andando e tornando, ei
tutti erano forniti e contenti di vìttuaglia giusta-
mente ^ cosi i cavalli come le persone, e con
molta pazienza, e sanza roniori o zufiè : ed io il
posso testimoniare , che vi fui presente e vidi.
E- dell' oflferta' fatta per gli pellegrini molto tes(»-o>
ne crebbe 'bXìa.' Chiesa , e' Romani per le loro der-
rate furono tutti ricchi . £ trovandomi io in quel-
lo benedetto pellegrinaggio nella santa città di
Róma , vegg«ndo le grandi e antiche cose di quel-
la , e leggendo le:storie e' grandi fatti de'^maBl,>
scritti pey Viilgilio , e per Sallustio , e LuGaho>L
e Tito MrJo,' e Valerio, e Paolo "Oixpsio, e altri
itìaestri d'irtorìe, li ^ali cosi le, piccole icosflf
come Je> grandi, delle geste e fatti de'Romatjìi
scrissono , e eliandio degli stràni dell' .uiuver«oi
mondo ,>per dare memoria e esemplo a quelli icfafl;
sono>a venire, presi lo <itile e forma da lonoi^ tutto
a- come discepolo non fttssi dé^na n: tqntà: oparar
hre- MaiDQusideranda che lainostiiaicittic di.Fi-.
reaxc-,'iigliiM9lB e fattura -di Rocòa,; era nel.isud
montare e :a seguire grandi cosSi,; siccome iRoma;
nelsoo'calare , mi^parveconiietteval^ di reoarètn
questo volume .e- nuora) cropica. .tutti ,i £itt^i «
oomincÌBineati delk.biUà.'di.FireQze,Jn q^ilic|
m' è stititf. ^KìBstbiLe a< ifiodglier^ -. e . ritrovare^ s.&9n
guire .per. innanzi ^fiteaaoiap te i futi del'Fiit'eotJHi^
o.^V>ai\re hcfAÌàìi^o^ dell' ubiyerAoun/bnfidé^
:vGoo<^Ic
• EIBBO OTTAVO 53
infinochefia piacere di Dio, alla cui speranzaper
la sua grazia feci la detta impresa, più che per la
mia povera scienza ; e così negli anni 1 3oo tornato
da Roma, comiuciai a compilare ' questo libro , a
reverenza di Dio e del beato Giovanni , e com-
mendazione della nostra città di Firenze.
GAP. XXXVII.
Co me il conte Guido di Fiandra con due suoi
Jigliuoli s' arrendeo al re di J^ancia , e
comejurono ingannati e messi in
pregiane .
Nel detto anno del mese di Maggio, essendo ad
oste sopra Fiandra messer Garlo di Yalos, fratello
del re Filippo di Francia , il conte Guido di Fian*
dra molto anziano e vecchio, fece trattato con lui
di venire con due suoi maggiori figliuoli alla mi-» .
Aericordia del re di Francia, rendendc^lì pacifica*
niente il rimanente della terra di Fiandra ch'egli
tenea. ZI detto messer Garlo promise, che se dà
&cesde, di fargli furegrazia,e'renderela pacedal
re, e ristituirlo io suo stato; il quale conte s'afiidd
a lui, e gli rendè Bruggia e Ganto e 1' altre terre
dJL Fiandra, e con Ruberto e Guigli^mo.suoì fi-
gliuoli vennero col detto mesaer' Carle a . Parigi ,
e gittarsi alla misericordia , e a'piàdel re; il quale
re per, malvagio consìglio, non assegneado cosa
che a loro fosse pcomessa,' sansa nulla grasìa gif
fece mettere in pregione: pw lo' quale tradimcBtp
e. .dislealtà, grande male ne venne alla ca<sa'< dì
Francia e a' Franceschi^ m briève tempo apfcrecoo^
:.vGoo<^Ic
54 OIOTARNI TILLARI
come ianaim la nostra at«ia de' fatti di Fiandra
fini meniione .
GiU». XXXVIU.
Come si oomindò parte nera e bianca prima
nella atta di Pistoia.
In questi tempi essendo la città di Pistoia in
felice e grande e buono stato secondo il suo essere,
e intra gli altri cittadini t* area uno lignaggio di
nobili e poMeati che si chiamavano i Cancellieri,
non però di grande antichità , nati d' uno ser
Cancelliere , il quale fu mercatante e guadagnò
moneta assai , e di due mogli d>be più figliuoli , i
quali per la iato ricchezza tatti furono cavalieri,
e nomini di valore a dabbene , e di loto nacquero
molti figliut^ì e nipoti , sicché in questo tempo
CBBOO più di cento uomini d' arme , ricchi e pos-
senti e di grande al&re , sicché non solamente i
maggiori di Pistoia, ma de' più possenti legnaggi
di Toscana. Nacqo? tra loro per la soperchia gras-
sezza , e per soscidio del diavolo, sdegno e ùimi-
ità, bra '1 lato di quelli eh' erano nati d' una don-
na a quelli deU' altra ; e l' una parte si puose tio-
Hte i Canoellieri neri, e r altra i bianchi; e crebbe
tanto dis à. fedirono insieme , non però dì cosa
(i4) inorma. £ fedito .uno di que'del lato de'Can<
cellieri bianchi , quo' del lato de' Cancellieri neri
per avn'e pace e concordia con loro , mandarono
onegli cb' avea &tta 1' offesa alla misericordia di
cialaro che l' asteano ricevuta, che ne prendes^oo
V ammenda e wsdetta a loro volontà; i quaU del
:.vGooi^Ic
LIBao OTTAVO B5
lato de* Cancellieri bianchi ingrati e superbi, non
avendo in loro pietà né carità, la mano dal IvaC-
ciò tagliaro in su una mangiatoia a quegli eh' e-
ra venuto alla misericordia . Per ìo quale comin-
ciamento e peccato , non solamente si {dirise la
Casa de' Gaucellìeri , ma più micìdii ne nacquero
tra loro , e bitta la città di Pistoia se ne div'ise ^
che r uno tenea Coli' Una parte f e V altro coll'aU
tra t e chiamafansì parte bianca e nera , dimen-
ticata tra ìoro parte guelfa e ghibellina : « più
battaglie cittadine f con molti pericoli e bùcidìi
ne nacquero e furono in Pistoia ; e noo solamente
in Pistoia , ma poi la città di Firenze e tutta Ita-'
tia coDtaminaro le dette parti , come ÌBnanEi
potremo intendere e sapere . I Fiore&tìai per te-
ma che pn* le dett« parti d^ Pistoia non snrgesse
ribellazione della terra a sconcio di parte guel6|
s' inlramisono d' acccmteìai^Ii insieme , e presono
la signoria della terra , e 1' una parte e 1' altra
de' Cantìellieri trassono di Pistoia , e mandavono
a' confini in Firenze ■ La parte de'nerì n ridusso*
no a casa de' Frescobaldì oltrarno , e la parte
de' bianchì si ridussono a casa i Cercfai sei Gar-
bo , per parentadi eh' aveano tra loro . Ma oome
l'uua pecora molata corrompe bitta la greggia^così
questo malwletto seme usdto di Pistoia, -stMido ìo
Firenae corroppono tutti i Fiorentini e partnFo,die
prima tutte W schiatte e casate de' nobili , l' ma
'parte tenea e faviffara 1' ana parte, efrli^^^i^ l'al-
tre , e appresso tutti i popolari . Per la qual cosa
e gara cominciata , non che i CanceUìeri per gli
Fiorentini si racCflociassetH)' insieme , ma i Flb-
Mntini per loro Aiibno dirlsì e partiti , moUìpU*
;vGooi^Ic
50 GIOTÀNKI TlLt.i.111
caRdo di male in peggio , come seguirà àppteaaò
M Bostro trattato .
GAP. XXXIX.
, Citme la città di flren^e si partì e si sconciò
. per le dette parti Inanta e nera .
Nel. detto tempo esaendo la Dostra città -di Fi-
renze .nel maggiore stato e più felice , che mai
fosse stata dappoi eh' ella fu redificata, o prima ,
fa di grandezza e potenza, e ai di numero di gen-
tijche più di trentamila cittadini avea nella cilta-
de^e piùdi settantamila distrittuali d'arme avea in
contado^ e di nobiltà di buona cavalleria e di fraii^
co popolo e di ricchezze grandi , signoreggiando
quasi tutta Toscana ; il peccato della ingratitudi-
ne ^ col sussidio del nimico dell' umaDa genera-
zione , della detta grasttezza fece partorire super-
bia e corruzione , per la quale furono finite le fe-
ste e r allegrezze de' Fiorentini , che infino a
que' tempi stavano in molte delizie , e morbidez-
xe ;, e tranquillo, e sempre in conviti, e ogni anno
qtMsi per .tutta la città per lo calen di Maggio, sì
. ^eano le brigate e le compagnie d' uomini e 41
.donne, 4i st^azzi e balli. Avvenne ette per le
invidie si comiuciaronó tra' cittadini le sette ; e
una' principale e niaggiore s'incominciò oel sesto
ddlo scandalo di porte san Piero, tra quegli della
caaa àe' Cerchi e quegli de' Donati , l' una parte
, per invidia; e 1' altra per salvatica iugratitudìne.
■ J}ella casa, ds'C^rchi era capo messer Vieri de'Cer-
i:bì« cegli e qa^li di sua casa erano di grande
;vGooi^Ic
LIBRO OTTJLViy 5^
affare , e possenti , e di grandi parentadi , e ric-
cliissimi mercatanti , die la loro compagnia era
delle maggiori del mondo ; uomini erano morbi*
di e innocenti, salvaticbi e ingrati , siccome gen-
ti venuti di piccolo tempo in grande stato e po-
dere. Della casa de' Donati -era capo roesser Cor-
so Donati f e egli e qu^Ii di sua casa erano gea-
Aili uomini e guerrieri , e di non soperchia ric-
chezza , ma per motto erano chiamati Malefami.
Vicini erano in Firenze e in contado, e per la
conversazione della loro invidia colla bizzarra
salvatichezza, nacque il superbio'isd^no tra lo-
ro, e maggiormente si raccese per lo mal seme
venuto di Pistoia di parte bianca e nera , come
nel lasciato capitolo facemmo menzione. £' detti
Cerchi furono in Firenze capo della parte bianca,
.e con loro tennero della casa degli Adimarì quasi
.tutti , se non se il lato de' Cavicciuli; tutta la casa
degli Abati , la quale era allora molto possente ,
e parte di loro erano guelfi e parte ghibellini;
grande parte de' Tosinghì , spezialmente il lato
del Bascbiera ; parte di casa i Bardi , e parte
de' Bossi , e cesi d?' Frescobaldi, e parte de'Nerli
e de' Mannelli , e tutti i Mozzi , che allora erano
molto possenti di ricchezza e di stato ; tutti que-
,glì della casa degli Scali ,e la maggiore, parte
de' Gh^rardioi , tutti ì Malispinì , e gran parte
de' BoLstichi e Giandonati , de' Pìgli , e de' Vec-
chietti e Arrigucci , e quasi tutti i CavalcaDti ,
eh' erano una grande e possente casa , e tutti i
Falconieri , eh' erano una possente casa di pc^lo.
£ con loro s' accostarono vuoile case « schiatte di
popolani e artefici ntinuti , e tutti i grandi e po<
:.vGooi^Ic
58 QIOTAKKI TILLAKI
polani ghibellini; e per lo s^ito grande eh' arc-
ano i Cerchi, il reggimento della città era quasi
tutto in loro podere . Della parte nera furono tutti
quegli della casa de' Pazzi quasi principali ca'Do-
aati , e tutti i Visdomiiii, e tutti i Manieri e' Ba-
gnesi , e tutti i Torna'quinci , e gli Spini, e^ Bon-
delmontij e' Gianfigliazzi , Agli \ e Brunellescfai,
e Gaviccìuli , e l'altra parte de' Tosinghi, e tutto
il rimanente ; e parte di tutte le case guelfe nv
minate di sopra , che ipiegli che non furono
co' bianchi , per contrario furono co' neri . £ cosi
delle dette due parti tutta la città di Firenze e '1
contado , ne fu partita e contaminata. Per la qual
cagione , la parte guelfa per tema che le dette
parti non tornassono in favore de' ghibellini , ai
mandarono a corte a papa Bonifacio , che ci met-
tesse rimedio . Per la qual cosa il detto papa man-
àò per messer Vieri de' Cerchi, e come fu dinan-
zi a lui , sì 'I pr^Ò che facesse pace con messer
Corso Donati e colla sua parte , rimettendo in lui
le differenze , e promettendogli di mettere lai
e' suoi in grande e buono stato , e di fargli grazie
spirituali come sapesse dcnuandare . Messer Vieri
tatto fosse neir altre cose savio cavaliere, in que-
sto fu poco sivio , e troppo duro e bizzarro , che
della rìchesta del papa nulla volse fare , dicendo
che ncHi avea guerra con niuno ; onde sì tornò in
Firenze , e 1 papa rimase molto sdegnato contro
a lui e contro a sua parte . Avvenne poco appresi-
so, che andando a cavallo dell' una setta e dell'al-
tra per la città armati e in riguardo , che con
parte de' giovani de' Cerchi fxz Baldinaccio degli
Adimari , e Baschiera de' Tosinghi , e Naldo
:.vGooi^lc
Lliao OTTAVO 59
<le' Gherardioi , e Giovanni GiacoUi Halispini
cu' loro seguaci più di trenta a cavallo ; e con gli
giovani de' Donati , erano de' Pazzi , e Spini , e
altri loro masnadieri ; la sera di calen di Maggio
anno i3oo, veggendo uno ballo di donne che si
&cea nella piazza dì santa Trinità , V una parte
contra l' altra si cominciarono a sdegnare, e a pi-
gnere l' uno contro all' altro i cavalli , onde si
cominciò una grande zufià e (i5) mislea , ov' eb-
be più fedite , e a Ricoverino di mesaer Ricovero
de' Cerchi per disavventura fu tagliato il naso dal
volto ; e per la detta zufia la sera tutta la città fu
per gelosia sotto l' arme . Questo (a il comincia-
mento dello scandalo e partimento della nostra
città di Firenze e di parte guelfa, onde molti ma-
li e pericoli ne seguirò appresso , come per gli
tempi bremo menzione . £ perù avemo raccon-
tato coù stesamente 1' origine di questo comin-
ciamento delle maladette parti bianca e nera ,
per le grandi e male sequele che ne seguirò a par-
te guelfa e a' ghibellini , e a tutta la città di Fi-
renze f eziandio a tutta Italia : e come la morte
di measer Bondelmonte il vecchio fu comincia-
mento di parte guelià e ghibellina, così questo fu
il cominciamento di grande rovina di parte guel-
fa e della iwstra città. K uotst, che l' anno dinan-
si a queste novitadi erano fatte le case del comn-
ne, che cominciano a pie del ponte vecchio «opra
l'Arno verso il castello Altafronte , e per ciò fare
n fece il pilastro a pie del ponte , e convenne sì
rimovesse la statua di Marte ; e dove guardava
prima verso levante, fu rivoha vergo tramontana,
onde per l' agurio d^li antichi fu detto : piaccia
;vGoo<^lc
6o , GIOVANNI VILLANI
a Dio , che la nostra città non abbia grande
mutazione .
GAP. XL.
Come il cardinale d' Acquasparta venne per
legato del papa per racconciare Firenze^
e non lo poteo fare.
Per le sopraddette novitadi e sette di parte
bianca e nera, i capitani della parte guelfi e il
loro consìglio, temendo che per le dette sette e
brighe parte ghibellina non esaltasse in Firenze,
che sotto titolo di buono reggimento già ne facea
il sembiante, e molti ghibellini tenuti buoni
uomini, erano cominciati a mettere in su gli
ufici, e ancora qu^li che teneano parte nera, per
ricoverare loro stato sì mandarono ambasciadori
a corte a papa Bonifazio a pregarlo che per bene
della cittade e di parte di Chiesa vi mettesse con-
siglio. Per la qual cosa incontanente il papa fece
legato a ciò seguire frate Matteo d' Acquasparta ,
5U0 cardinale portuense dell' ordine de' minori ,
è mandoUo a Firenze, il quale vi giunse del se-
guente mese di Giugno del detto anno 1 3oo, e
da' Fiorentini fu ricevuto a grande onore. E lui
riposato in Firenze , richiese balia al comune
di pacificare insieme i Fiorentini; e per levare
vìa le dette parti bianca e nera volle riformare
la tei'ra,'e raccomunare gli ufici, e quegli dell'una
parte e dell' altra eh' erano degni d' esser priori,
mettere in sacchetti a sesto a sesto, e trarglì di
due in due mesi , come la ventura venisse;
:.vGooi^Ic
LIBRO OTTAVO fìl
che per le gelosiedelle parti e sette ìncomincì»te ,
non si facea Inìone de' priori per le capitudiui
dell' arti, cl^e quasi la città non si commoves«e a
sobugUo, .e, talora eoa grande apparecchiamento
d' arme. Qui^li della parte bianca che guidavano
la' signMÌa d^la terra, per tema di non perdere
loro stato, é d' essere ingannati dal papa e daV
legato pn* la detta riformatone, presono il peg-
giore consiglio e non voUono ubbidire; per la qual'
cosa il detto legato prese sd^no^ e tornossi a
corte, e lasciò la città di Firenze scomunicata a
interdetta .
CAP. XLI.
De' mali e de' pericoli che aeguirono alla
nostra città appresso .
Paitìto il legato di Firenze, la città rimase in .
grande gelosia e in male stato . Avvenne, che del ,
mefle dì Dicembre sapiente, andando messer
Corao Donati e suoi seguaci, e que' della casa
de' Cerchi e. loro seguaci armati a una morta di'
casa i Frescobaldi, sguardandosi insieme l'una
parte e 1' altra, si vollono assalire, onde tutta la
gmte di'eraalla morta. si levarono a romore; e
cosìfuggendo e tornando ciascuno a casa sua,
tutta U città fu ad arme., faccende 1' una parte e
l' altra grande rdunata. a casa. loro; messer Gen-
tile de' Cerchi, Guido GavalcanU, Baldinaccio e
Corso degli Adimari, Baschiera della Tosa, e NaU
do de' Gherardini con loro consortì e seguaci a
cavallo e a pie, corsone a porte san Fiero a casa
ì Donati, e non trovandogli a porte san Piero ,
;vGooi^Ic
02 GlOVAltni TILLAHI
corsono a san Fiero maggiore, ov'era messer Corso
co' suoi consorti e rauData, da' quali furono ri-
parati, e rincacciati e fediti eoa onta e vei^gna
de' Cerchi e de'loro seguaci; e di ciò forono con-
dannati l' una parte e l'altra dal comuoe. Poi
poco appresso esseudo certi de' Cerchi in contado
a Nepozsano e Pagliano, e in quelle loro contra-
de e poderi, Toleiulo tornare a Firenze, que' della
casa de' Donati raunata loro amistii a Remole ,
coutesooo il passo, e-ébbevi- fedite e assalti d'una
parte e d' altra ; per la qual cosa l' una parte e
l'altra furono accusati e condannati della-raunata
e assalti; e quegli di casa i Donati la maggior
parte per non potere pagare andarono dinanzi , e
furono messi iu pregìone. Que' de' Cerclii volendo
iure a loro esemplo, dicendo messer Torrigiano
di Cerchio: per questo non ci vinceranno , come
feciono i Tedaldinif che gli oonsunuwono per
pagare le condannagioni ; ù fece andare gli suoi
dinanzi, e sostenuti in pregione contra'l volere
di messer Vieri de' Cerchi e degli altri savii della
casa, che couosceano la complessione e morbi-
dezza de'loro giovani; avvenne che uno maladetto
Ber Neri d^li Abati soprastante di quella pre-
gione, mangiando con loro, fece venire uno pre-
sente d' uno migliaccio avvelenato , del quale
mangiarono, onde poco appresso in due dì mo-
rirono due de' Cerchi biaDchi,e due de'n^i, e Pi-
gello Portiuari, e Ferraino de' Bronci, e di ciò
non fu nulla vendetta .
:.vGooi^lc
LIBRO. OTTATO Gó
GAP. XLII.
Di quello medesimo ..
Es^encto la cìtià di flrease ia lanto bollore e
pericoli di sette e di DÌmistà , onde molto sovente
la lora era a remore e ad arme, raesser Ijorao
Donati, Spini) Pa^, e parte de' Toaingbi e Ga-
vicciuli, e loro seguaci grandi e popolani di loro
setta di parte nera co' capitani di parte guelfa »
che allora erano al loro senno e volere, si rav-
narono nella chiesa di santa Trinità , e iri feciono .
consiglio e congiura di mandare amhasciadori a
corte a papa Bonìfaxio, acciocché commovesse
alcuno signore della oasa di Francia, che gli ri->
mettesse in istato, e abbattesse il popolo e parte
bianca, e in ciò spendere ciò che potessono fare;
e con raisono a seguizione ; (mde sappiendosi
per la città per alcuna spirasione, il comune e 'i
popolo si tarbò forte, e funoe fatta inquisizione
per la signoria, onde mesaer Corso Donati cbe
u' era capo, fu condannato nell'avere e nella per-
sona, e gli altri capatili che furono a ciò, in più
di ventimila libbre, e pagarle. £ ciò fatto furcato
mandati a' confini Siuibaldo fratello di messe?
Corso, e de' suoi, e mesaer Rosso,e messer Rossel-
lino della TosB,e degli altri loro consorti; e mefi>
ser Giacchinotto e messer Pazzino de' Pazzi e di
loro giovani, e messer G^i Spini e de' suoi al
castello della Pieve. £ pw levare ogni sospetto ,
il popolo mandò i caporali dell'altra parte a' con-
fini a Sflrrezzano: ciò fu messer Gentile « messer
:.vGooi^Ic
64 GI0TA.IIH1 TILtini
Torrigiano e Carbone de' Cerchi, e di loro con-
fiorti; Bascliiera della Tosa e de'suoi^ Baldinaccio
degli Adìmari e de' suoi , Naldo de' Gherardiiii
e de' suoi. Guido Cavalcanti e de' suoi, e Gio-
vanni Giacotti Malespini ■ Ma questa parte vi
stette mmo a' ctmfini', che lùrono revocati per
. laiafermo luogo, e tohionne malato Guido Ca-
valcanti, onde morto, e di luì fu grande dam-
maggio, peroccliè era c^me filosofo, virtudioso
uomo in jhÙ cosBj se non eh' era troppo tenero
e sUtsoso . In questo modo 91 guidava U Bofitra
cittì fortuneggiando .
GAP. XLIIL
Come papa Bonifazio mandò in Francia per
messer Carlo di f^alos . ■
■ Tornato a corte dì papa il legato frate' Matteo
d' Acquasparta, e iiìlumnato papa Bonifazio AA
male sbat»' e dubitoso della città di Firenze, é
poi p«^ le novità seguite dopo la partila del lef
gatOjCome detto awmo, e per infestagidne é
spQildie de' capitani di parte guelfa e de' detti
confinati, ch'erano al castello della Pieve -jffféssd
alla corte, e di messer Gerì Spini (eh' egli é' la -
sua compagnia erano tttercatanti- di' papd' Bóni-^
faiaio, e del tutto gilidatori ) con loro ■precwtfcifr^
studio, e di messer Corso Donati che seguivtl '\9
éorCe, sì prese per eoosiglio il detto papa Boiii-i
fciBÌOj dì iìnandare per messer Carlo di ValoS
fratello del redi Franati, per doppio interidi,mpiii
lo; prioci|^almelitepe»: aiuto del re GbdIo per U
:.vGoo<^Ic
LIBRO I-OTTAVO C5
gnerra di Cicilia , dando intendimento al re di
Francia e al detto messer Carlo di farlo eleggere
imperadore de'Romani, e di conferniarlo, o al-
meno per autorità papale e di santa Chiesa di
farlo luogotenente d'imperio per la Chiesa , per
la ragione che ha la Chiesa vacante imperio ; e
oltre a questo gli die' titolo di pacìario in Toscana ,
per recare colla sua forza la città dì Firenze al
suo intendimento. E mandato in-Francia per le
detto messer Carlo suo legato^ il detto messer
Carlo con volontà del re suo fratello, venne, come
innanzi diremo menzione,colla speranza d'essere
imperad(»« per le promesse del papa, come detto
avemo .
CAP. XLiy.
Come i guelfi Jiirono cacciati (f JgMio, e poi
come ricoveraro la terra , e cacciarne i
ghibellini .
Nel detto anno di Maggio , la parte ghibellina
d'Agobbit^ colla forza degli Aretini e de' ghibel-
lini dellaMarca,per tradimento menato nella ter-
ra,cacciarono i guelfi d'Agobbio e uccisonne assai;
ma poi a dì ^4 di Giugno vegnente, ì guelfi usciti
d'Agobbio colla forza de'Perugini entrarono in
Agobbio, e ricoverarono loro stato, e cacciarne
i ghibellini con grande danno e uccisione di \an .
T. Ut.
;vG00l^IC
66 CIOVAMKI TILLlHI
Come la parte nera Juj-ono cacciatici Pistoia.
Negli anni di Cristo !3oi del mese di Maggio,
la parte bianca di Pistoia coU' aiuto e favore
de'bianchi cbe governavano la città di Firenze ,
ne cacciarono la parte nera, è disfeciono le loro
case, palazzi, e possessioni, intra l'altre una forte
e ricca possessione di palazzi e torri ch'erano
de' Cancellieri neri , che si chiamava Damiata.
GAP. XLVI.
Come gV InterminelU e loro seguaci furono cac-
ciati di Lucca.
Nel detto anno, e in quello tempo , essendo la
città di Lucca molto (i6) insoUita per la muta-
zione di Pistoia , e per le parti bianca e nera , la
casa degl' InterminelU di Lucca co' loro seguaci
Mordicastelli, eque' del Fendo, e altri di loro set-
ta , i quali teneano parte bianca, e s' accostavano
co' ghibellini pisani , credendo fare così in Lucca
come i Cancellieri bianchi in Pistoia, sì uccisono;
messer Obizzo degli Obizzi giudice . Per la qual
cosa la città di Lijcca corse ad arme, e trovandosi
la parte nera e' guelfi di Lucca più possenti , sì
ne cacciarono di Lucca combattendo gl'Intermi-
nelli e loro seguaci , e disfeciono le loro posses-
sioni, e misonovfuoco nella contrada cbe si chia-
mava il fondo di porta san Cervagio , e arsonvi
\ ■
:.vGoo<^Ic
LlBia OTTAVO 67
più dì cento case . -E con si veane spandendo U
raaladetU parte per Toscana .
GAP. XLVII.
Come i guelfi usciti di Genova per paoejurono-
rimessi in Genova.
Nel detto anno i Genovesi fèciono pace co'Gri-
maldi e gli altri loro usciti guelfi e col re Carlo,
e rìmisoogli in Genova , e riebbono il castello di
Monaco che '1 teneano gli usciti, e colla forza del
re Carlo faceauo grande guerra a' Genovesi .
Nel detto anno fu guerra e battaglia tra ì Vero-
nesi e '1 vescovo di Trento , onde ì Veronesi eb-
bono il p^giore e furono sconfitti . E nel detto
anno poco appresso > morì messer Alberto della
Scala capitano e signore di Verona , e grande
tiranno in Lombardia, e appresso di lui rimasono
aignori messer Cane e gli altri figliuoli del detto
messer Alberto , tutto fossono assai di piccola
etade \ ma innanzi che morisse fece cavalieri sette
tra' suoi figliuoli e nipoti , eh' avea U maggiore
meno di dodici anni •
CAP. XLVIII.
Come apparve in cielo una stella cornata .
Nel detto anno del mese di Settembre apparve
in cielo una stella cornata con grandi raggi di fum*
mo dietro, apparendo la sera dì verso il ponente, e
durò ìufinoal Gennaio, della quale i sayì astrolagi
;vGooi^Ic
tSa GlorANNI VILLANI
dissono grandi significaEÌoni di futuri pericoli e
danni alla provincia d'Italia, e alla città di Firen-
ze, e massimamente perchè la pianeta di Saturno
equella di Marti in quello anno s'erano congiunte
due volte insieme del mese di Gennaio e di Mag-
gio nel segno del Leone, e la Luna scurata del
detto mese di Gennaio simllemente nel segno del
Leone , il quale s' attribuisce alla provincia d'Ita-
lia . E bene asseguì la signìGcazione , come in-
nanzi leggendo potrete comprendere ; ma sin-
gnlarmente si disse , che la detta cometa signifi-
cò r avvento di mesaer Carlo di Yalos, per la cui
venuta molte rivolture ebbe la provincia d'Italia
e ia nostra città di Firenze .
GAP. XLIX.
Come messer Carlo di F'alos di Francia venne
a papa Bonifazio , e poi venne in Firenze e
caccionne luparie bianca.
Nel detto anno i3ot del mese di Settembre,
giunse nella città d' Alagna in Campagna , ov'era
papa Bonifazio colla sua corte, messer Carlo conte
di Valos e fratello del re di Francia con più conti e
baroni , e da cinquecento cavalieri irancescbi in
sua compagnia , avendo fatta la via da Lucca ad
Alagna sanza entrare in Firenze , perchè n' era
sospetto; il quale messer Carlo, dal papa e da 'suoi
cardinali fu ricevuto onorevolemente; e venne ad
Alagna lo re Carlo e' suoi figliuoli a parlamen-
tare con luì e a onorarlo ; e '1 papa il fece conte
di Romagna . E trattato e messo in assetto col
:.vGoo<^Ic
LllSe OTTAVO 69
pipa e col re Carlo il passaggio di Cicilia alla prì-
niaTera Tenente , per la principale cagione per-
ch'era mosso di Fraacia, il papa non dimenti-
cato Io sd^oo preso contro alla parte bianca di
Firenze, non volle cbe sc^gioraasse e vernasse io-
vano, e per infestamento de'guelfl di Firenze,
sì gli diede il titolo di paciaro in Toscana, e or-
bila che tornasse alla città di Firenze. E così fè-
- ce, colla sua gente e con molti altri Fiorentini e
Toscani e Bomagnuoli , usciti e confinati di loro
terra per parte guelfò e nera ■ £ venuto a Siena
e poi a Staggia , que' cbe governavano la città di
Firenze avendo sospetto di sua venuta , tennero
più consìgli di lasciarlo entrare nella città q qo.
£ mandandogli ambasciadori , e egli con belle e
amichevoli parole rispondendo , come venia per
loro bene e stato, e per mettergli in pace insieme;
per la qual cosa quegli cbe reggeano la terra, tut-
te foastHio a parte bianca , si vocavano e voleansi
tenere guelfi , presono partito di lasciarlo venire.
£ così il di d'Ognissanti i3oi, entrò messer Car-
lo in Firenze, disarmata sua gente, faccendqgli i
Fiorentini grande ontve , vegnendf^li incontro a
processione, e con molti armeggiatori con bandie-
re, e coverti i cavalli di zendadi. E luì riposato e
soggiornato in Firenze alquanti dì , si richiese il
comune di volere la signoria e guardia della dt-
tade , e balia di potere pacificare i guelfi insieme.
E ciò fii assentito per lo comune , e a dì 5 di
Novembre nella chiesa di santa Maria Novella ,
essendosi raunati podestà, e capitano, e' priori , e
tutti i consiglieri , e il vescovo , e tutta la buon%
gente di Firenze ; e della sua domanda fatta ,
;vGooi^Ic
<JO GIOTAItNI TILLAHI
[H'oposta e dilibo^ta, e rimessa in Ini U4Ìgnoria e
ta guardia della città. £ messer Carlo dopo U spo-
sizione del suo (i^) aguzzetta , di sua bocca ac->
cettò e giurò , e come figliuolo di re promise dì
eonserrare la città ìd paci&co e buono stato; e io
scrittore a queste cose fui preaeote. Incontanente
per lui e per sua gente fu fittto il contradìo , che
per consiglio di messer Musciatto Franzesi^ quale
infino d,i Francia era Tenuto per suo (i8)pedottOf
siccom' era ordinato per gli guelfi neri , fece ar-
mare sua gente , e innanzi che messer Carlo fossa
tm-natò a casa, che albergava in casa i Frescobal»
di oltrarno ;■ onde per la detta novitade di vedere
i cittadini la sua gente a cavallo armala, la città
lu tutta in gelosia e sospetto , e all' arme gran-
di e pt^lani , ciascuno a casa de' suoi amici se-.
condo suo podere , abbarrandosi la città in più
parti . Ma a^ casa i pn<H^ pochi si raunarono , e
quasi il popolo fu sanza capo , vedendosi traditi
e ingannati i priori e colobo che r^geano il co-
mone . In questo romore messer Corso de' Dona-
ti , il quale era isbandito e nibello , com' era or-
inato , il di medesimo venne in Firenze da Pe«
retola , eoa alquanto seguito di certi suoi amici e
masnadìa'i a pie, e sentendo la sua venuta i priori
e' Cerchi suoi nemici , vegnendo a loro messere
Schiatta de' Cancellieri, ch'era in Firenze, capita-
no per lo ounune di trecento cavalieri soldati , e
Tolea andare contro al detto messer Corso per
prenderlo e per offenderlo; messer Vieri caporale
de' Cwchi Bon acconsentì , dicendo : lasciatelo
vemre, confidandosi nella vana speranza Ab\ pò-
pedo, cbe'l punisse. Per la qual cosa il detto mes-
;vGooi^Ic
LtBKO OTTITO ^t
ter Corso entrò ne' lioi|;hi della cittade, e tnwan-
io 1« porte delle cerchie vecchie serrate , e non
potendo entrare , 8Ì ae ne venne alla postierla da
Pinti f eh' era di costa a san Piero maggiore , tra
le sae case e quelle degli Uccellini, e qaella tra-
vando serrata > cominciò a tagliare, e dentro per
gli suoi amici fu fette il somigliante, sicché sann
contasto fu messa in terra. E lui entrato dentro
schierato in sa la piazza di san Piero maggiore ,
gli crebbe genti e seguito di suoi amici, gridando;
viva messer Corso e 'l barone , ciò era messer
Corso , che così il nomavano ; e egli- veggeodoà
crescere fòrza e seguito , la prima cosa che 'fece ,
andò alle carcere del comune, eh' erano nelle- ca*
ee de' Bastarì nella roga del palagio , e (juelle
pn* fòrza aperse e diliberò i pregioni; e ciò fatto,
il simile fece al palazzo della podestà, e poi a'prìo-
tì, faecendoglì per paura lasciare la signorìa e tus
-narsi a loro case. £ cim tutto -questo stracciamen-
to cb cittade , messer Carlo di Valoe ni sua ^entc
>non mise consiglio' Bè.rìpaTo> né attenne sarà*-
mento o cosa promessa per luì . Per la qualeosa
i tiranni e malfattori e isbanditì eh' enxtò nella
Cittatle,' presa baldanfla, e essendo la ciUà scii^ e
flansa signorìa . cominciarono a n^re i fendtchi
« bott^be , e le case a chi era di parte bianca , e
chi avea poco podere, con molti mieidii;, e'fediW
£iccendo nelle persone dì-pià booni nomini dipar»
te bianca . E durò questa -pestilnizia in città per
cinque dì continui, «ou' grande mina delk terra*
£ poi seguì in contado , andando le gualdane
rubando e ardendo le case per piò di otto di, on-
de in grande numero di bdle e ricche possesnoni
:.vGoo<^Ic
73 GIOT4HIII TlLbAMI
fumao guaite e arse . £ cessata la detta ndua «
ÌDMDdio , tnesser Carlo col suo consiglio rìiòrma-
roDO^ la terra e la sigaorìa del priorato di popola-
ni di .parte nera^ £ in quello medesiafo mese di
Novembre , venne in Firenze il soiM-addetto lega-
to del papa messer Matteo d' Acquasparta cardi-
nale t per .pacificare i cittadini ìnneme , e fece
'&re la pace tra que' della casa de* Cerchi e gli
Adiitiarì e loro seguaci di parte bianca co' Donati
e Pazzi e loro seguaci di parte nera , ordinando
matrimoni tra loro: e volendo raccMnunare gli
Dfici y qiH^li di parte nera o^ forza di mecser
Carlo non lasciarono , onde il legato turbato sì
tornò a corte , e lasciò interdetta la cittade . £ la
detta pace poco durò, che avvenne il di di Pasqua
di Natale presente , andando messer Niccola
de' Cerchi bianchì al suo podere e molìna con
suoi compagni acavallo , passando per la piazta
di santa Croce , che vi si facea il predicare , Si-
mile di messer Corso Donati , nipote per madre
del detto me«ser Niccola , so^ìuto e confortato
di mal fare , con suoi compagni e masnadieri se-
guì a cavallo ìl.detto messer Njccola, e giugnendolo
al ponte adA&ico l'assalì aHnhattK^dojper la qpal
cosa il detto messer Niccola senza colpa o cagio-
ne > né guardandosi di Simone , .dal detto suo
nipote fu morto e atterrato da Cavallo ■ Afa conia
piacque a Dio, la pena fu appanecchiata alla.colpa,
che fedito il detto Simone dal detto messer Niccola
per lo fianco., la notte presente morie, onde tutto
Ibsse giustu! giadicio , fu tenuto grande danno »
che '1 detto SiijDpne era il più compiuto, e rirtur
dioso donzello di Firenze t. e da venire in ofag-
:.vGooi^Ic
Liaao OTTAVO 73
pare predio e stato , ed era tutta la ^tefvifa del
wo paJdre mesfier Corso , il quale della sua alle-
gra tornata e vittoria , ebbe in lu-ìeTe tempo do-
Joroao principio di suo futuro abbassamento . la
quesito .tempo poco appresso , non possendo la
•ciUà di Firenze posare , essendo .pregna dentro
del veleno della setta de' bianchi e aeri , conven-
no che. partonsse decoroso fine ; onde avvenne
che r Aprile vegnente con .ordine e con trattato
fatto per gli neri ^ uno -barone di messer Carlo,
eh' avea nome messer Piero Ferrante di Lingua-
doca, cercò cospirazione co'detti della casa de'Cer-
chì , e con Baldinaccìo degli Àdimari, e Bascfaiera
de' Tosiughi, e Waldo Gberardini» e altri loro
seguaci di parte bianca, di volergli con suo se-
guito e di sua gente rimettere in istato e tradire
messer Carlo, con grandi impromesse di pecunia: ,
onde letter,e e co'loro suggelli furono fiitte, ovvero
falsificate, le quali per lo detto messer Piero Fer-
rante, com' era ordinato, furono portate a messer
Carlo. Per la qual cosa i detti caporali di parte
l>ìanca,ciò furono tutti quagli della casa de 'Cerchi
tiianchi di porte san Piero, Baldinaccio e Corso
degli Àdimari, con quasi tutto il lato df' Belljn-
cionì,.Naldo de'Gberardini col suo lato della casa,
Bascbierad«'Tosing}ii col suo lato della detta casa,
alquanti di casa i Cavalcanti, Giovanni Giacotto
Malispiui e suoi consorti, questi furono i capo^
rali che furono citati, e non comparendo, p^i^
tema del malificio commesso, per tema di non,
perdere le persone sotto il detto inganno, sì
pcrtiro della città, accompagnati da' loro avver-
sari ; e chi u' andò a Pisa, e chi ad Arezzo e Pi*
;vGooi^Ic
^4 GIOVARItl VILLANI
etoia, accompagnandosi co' ghibellini e nìniid
de' Fiorentini . Per la qual cosa fiir(»io condan-
nati per messer' Carlo come ribelli, e disfatti i
loro palazzi e beni in città e in contado, e coai
di molti loro s^uaci grandi e pppobni . £- p«r
ijuesto modo fu abbattuta e cacciata di Firenze
l' ingrata e superba parte de' bianchi, con seguito
di molti ghibellini di Firenze, per messer Carlo
di Valos di Francia per la commissione di papa
fioniiàzio, a dì 4 d'Aprile i3o3, onde alla nostra
città di Firenze seguirono molte rovine e pericoli,
come innanzi per gli tempi potremo leggendo
comprend^'e .
GAP. L.
CoTne messer Carlo di f^alos passò in Cicilia
per fare guerra per lo re Carlo j efifie
ontosa pMce .
Nel detto anno i3oa del mese d'Aprile, mes-
ser Carlo di Vaio» fornitoin Firenze quello perchè
era venuto , cioè sotto trattato di pace cacciata la
parte bianca di Firenze, si parti e andonne a
corte, e poi a Napoli ; e là trovato lo stuolo e ap-
parecchiamento fatto pOT lo re Carlo, dii più di
cento tra galee e uscieri e legni grossi sanza i sot-
tilijper passare in Cicilia, si si ricolse in mare, e
in sua compagnia Ruberto duca di Galavra figtiuo-
to del re Carlo , con più di millecinquecento
Cavalieri. E apportato in Cicilia, scese in terra
per guerr^giare l'isola, ma don Federigo d'Arao-
na signore di Cicilia, non possendo resistere né
:vGoo<^Ic
LISRO OTTATO 75
comparire alla forza di' messer Carlo io mare nà
in terra, co'suoi Catalani si mise a fare (19) guerra
guerriata a messer Carlo^ andandogli fuggendo in-
nanil di luogo in luogo, e tal(»^ di dietro a ìm-
p^irgli la vittuaglia, per modo, che in poco
tempo sanza acquistare terra neuna di rinomo ,
se non Termole, messer Cario e sua gente furono
per malattia di loro e de'cavalli, e per dìffiilta di
vittnaglia, quasi straccati . Per la qual cosa per
neceasitade convenne che sì partisse con suo poco
oDCve. £ reggendo che altro non potea, meaaer
Carlo sansa saputa del re Carlo tedino una dis-
simulata pace con don Federigo , cioè eh' ^U
prendesse per mt^lie la filinola del re Carlo detta
Alienora , e che, quando la Chiesa e '1 re Carlo
gli atassono acquistare altro reame, ch'egli lasce-
rebbe a queto al re Carlo l' isola di Cicilia ; e se
non, si ìz dovesse tenere per dote della m<^lie
tutta sua vita, e appresso la sua morte i suoi fi-
glìuoli lasciare l'isola al re Carlo o a sue redc,
dando loro centomila once d' oro . La qual cosa
fatta, e promessa e giurata pwle partì, e tornato
messer Carlo coU'armata a Napoli , e mandatagli
la figliuola del re Carlo, sì la sposò ; jua poi di
promessa fatta nulla s' ass^aio: e cosi per. con-
tradìo sì disse per motto: messer Carlo venne in
Toscana per paciaro , e lascio il paese in giterrai
e andò in dàlia per fare guerra, e resonno
vergognosa pace. Il quale il Novembre vegnente
n tornò in Francia^scemata e consumata soa geot«
e con poco (more .
:.vGoo<^Ic
7^ 610TAHK1 TlLLAHl
GAP. LI. '
Come si cominciò la (ao) compagna di Rommtia .
. Nel detto anno i3oa, partito messer Carlo di
Ckilìa e rimasa l'isola in pace, una grande genttt
di soldati catalani, genovesi, e altri italiani stati
in Cicilia alla detta guerra per l'una parte e per
r altra , si partirono di Cicilia con Tenti galee e
altri legni, onde feciono loro capitano ano frate
Buggeri dell' (Mrdiae de' tempieri, uomo dissoluto,
e di sangue, e crudele, e passarono in Romania
per conquistare terra , e puosonsi nel reame di
Salooie e quello dìstrussono, e guastarono la
Grecia infino in Costantinopoli,e crescendo il loro
podere d' (^ni colletta di gente latina , fuggitivi ,
dissoluti, e paterini, e d'c^ni setta scacciati,
viveudo (31) iUibitamente fuori d'ogni legge, si
chiamaro la compagna, stando e vivendo in
corso e in guerra alla roba d' ogni uomo; e eia
che acquistavano era comune, distruggendo e ru-
bando ciò che trovavano , sanza ritenere città ,
castella , casale che prendessono, ma quelle ru-
bate, ardendo e guastando. E così durò la detta
dissoluta compagna più di dodici anni , uccidendo
più loro 8Ìgaori,e rìmutandogli in poco tempo chi
più avea seguito o podere. Alla fine tornaro sopra
le terre del dispoto, cioè il reame di Macedonia,
e quelle distrussono ; e poi ne vennero nel ducato
d' Atena, e rubellarsi dal conte di Brenna ch'era
duca d'Atena, e loro capitano e signore, e per
quistioni da lui a loro si combatterono insieme ,
:.vGoo<^Ic
LIBRO OTTATO 77
e scoDfissono il detto duca loro signore , e a luì
tagliarono la testa, e presono le terre sue, e di
quelle della M orea ; e quelli signoraggi tra loro si
partirono; e disabitarono e dìstrussono gli anti-
chi fiì de' Franceschi, che que' signoraggi te-
neano, e le loro donne e Ggliuole che a loro
piacquero, ritennero, e le presono per mogli , e
rìmasoDo abitanti e paesani della terra. E cosi le
delizie de'Latini , acquistate anticamente per gli
Franceschi,! quali erano i piùmorbidi e (a3)meglio
stanti che in nullo paese del mondo, per così dis-
soluta gente furono distrutte e guaste. Lasceremo
de'£ktti di Romania e di Cicilia, e torneremo alle
novità che sursooo in Firenze e in Toscana, per'
la cacciata de* bianchi di Firenze .
GAP. LII.
Come i Fiorentirà e' Lucchesi fidano oste sopra
la città di Pistoia, e come ebbonoper as-
sedia il castello di Serravalle .
Nel detto anno i3o3 del mese di Maggio, es-'
sendo la città di Pistoia ribellata a' Fiorentini e
a'Lucchesi per la cacciata de' bianchi di Firenze
e degli Interminelli di Lucca, e parte di loro detti'
usciti ridotti in Pistoia per fare guerra^ il comune
di Firenze e quello di Lucca di concordia feciono
oste alla città di Pistoia, e furonvi dì Firenze tra
cavallate e soldati mille cavalieri e seimila pedo-
ni , e di Lucca più di seicento cavalieri e bene'
diecimila pedoni; e la città di Pistoia guastarono
intorno intorno, standovi ad assedio per ventitré'
:.vGooi^Ic
^8 CIOVAKNI VILLANI
dì. Deatro a Pistoia era messer Tolosato degli
Uberti loro capitano di guerra con trecento cava*
lieri , e guardò e difese bene la cittade. Alla 6ne
veggendo i Lucchesi che la stanza di Pistoia era
speranza vana dì potere per forza o per assedio
arere la città, s'accordare di ritrarsi addietro con
loro oste, e di porsi all'assedio del castello di
Serravalle , ch'era dé'Pistolesi ed era molto forte;
e cosi fu fatto . E al detto assedio rimasono le due
sestora delle cavallate di Firenze, rimutandosi a~
tempo a tempo con parte dì loro soldati e gente
a pie assai, tenendo ì Fiorentini il loro campo di
Terso Pistoia . E quello castello combattuto, e con
più dificii grossi che gettavano dentro macerato ,
ma per tutto ciò non s'arrendea, perchè dentro
v'avea più di quattrocento de' maggiori e de' mi-
gliori cittadini di Pistoia, i quali difendeano il
castello, e al continuo assalivano il campo vigoro-
samente, alla fine per mala provvisione di vit-
tuaglia a tanta gente , quanta avea dentro tra
Pistoiesi e terrazzani e forestieri, ch'era più di
milleduecento uomini, sanza le femmine e' fan-
ciulli, fallì loro; per la qual cosa per necessità di
vivanda s'arrenderono pregioni al comune di Luc-
ca, a dì 6 di Settembre del detto anno; onde più
di trecento Pistoiesi u' andarono legati pregioni
alla città di Lucca , e gli altri terrazzani rimasono
fedeli de 'Lucchesi, i quali Lucchesi vi feciono
una nuova e forte rocca dalla parte loro di Valdi-
uievole, e uno grosso muro dalla rocca vecchia di
qua ov'è la pieve alla ^f^ova,per tenere meglio il
detto castello a loro ubbidienza, recandogli al loro
contado.
;vGooi^Ic
LIBKO OTT4YO
GAP. LUI.
Come i Fiorentini ebbono il castello di Piantre-
vigne e più altre castella eh' aveano
rubellate i bianchi .
Nella stanza del detto assedio di Pistoia sì ru-
^ bello a' Fiorentini il castello di Piantrevigne ia
Valdarno, per Carlino de' Pazzi di Valdarno , e
in quello col detto Carlino si rincliìusono de'mi-
gliorì\nuoTÌ usciti bianchi e ghibellini di Fii;enze
grandi ^ popolani, e faceano grande guerra nel
Valdanio; la qual cosa fa cagione di levarsi l'oste
da Pi^toia^ lasciando i Fiorentini il terzo della
loro gente all' assedio di Serravalle in servigio
de' Lucchesi , come detto avemo , e tutta 1' altra
oste tornata in Firenze , sanza soggiorno n' anda-
rono del mese di Giugno in Valdarno -e al detto
castello di Piano , e a quello stettono e assedia-
rono per ventinove dì . Alla fine per tradimento
del sopraddetto Carlino, e per moneta che n'ebbe,
i Fiorentini ebbouo il castello . Essendo il detto
Carlino di fuori , fece a' suoi fedeli dare 1' entra-
ta del castello, onde molti vi furono morti e pre-
si, pure de'migliori usciti di Firenze. E ciò fatto,
tornati a Firenze con questa vittoria f sanza sc^-
giorno andarono popolo e cavalieri di Firenze in
Mugello sopra i sonori Ubaldini, i quali co'bian-
chì e co' ghibellini s* erano ribellati al comune
di Firenze, e guastarono i loro beni di qua dall'Al-
pe e di là . E tornati in Firenze, la state medesi-
ma cavalcarono in Valdigrieve sopra il castello
;vGooi^Ic
80 eiOVAHNI TILLAHI
di Montagliarì e dì Muntaguto, i quali areaoo ru-
bellati que' della casa de' Gherardiui ^ eh' erano
dì parte bianca, e quelle due castella s'arrendero-
no a patti f salve le persone, al comune di Firen-
ze , le quali il comune di Firenze fece disfare. E
net detto anno- ebbono i Fiorentini gran vittoria
in ogni loro oste e cavalcata che fecero , benav-
venturosamente , perseguitando in ogni parte gli
usciti bianchi e' ghibellini con loro distruzione.
GAP. LIV. ,
Come V isola d' Ischia gitto /naraviglìosojitoco.
Nel detto anno i303, t' isola d'Ischia, la quale
è presso a Napoli , gittò grandissimo fuoco per la
sua (aS) solfaneria, per modo, che gran parte
dell' ìsola consumò, e guastò infino al girone d'I-
schia; e molte genti e bestiame e la terra medesi-
ma per quella pestilenza morirono e si guastarono.
E molti per iscampare fuggirono all' ìsola dì Pro-
cita e a quella dì Capri, e a terra ferma a Napoli ,
e a Baia , e a Pozzuolo , e in quelle contrade; e
durò la detta pestilenza più di due mesi . Lasce-
remo alquanto de' nostri fatti di Firenze e di
que'd'Italia, e faremo incidenza e digressione per
raccontare grandi e maravigliose novitadi , che a
questo tempo avvennero nel reame di Francia,
cioè nelle partì di Fiandra, le quali sono bene da
notare e da iàrne ordinata memoria nel nostro
trattato .
:.vGoo<^Ic
LlaaO OTTAVO OI
GAP. LV.
Come il popolo minuto di Sruggia si rubellò dal
re di Francia, e uccisono i Franceschi .
Come Doi lasciammo addietro nel capìtolo ,
che '1 re di Francia ebbe al tutto la signoria di
Fiandra , e in sua pregione il conte e' due suoi
figliuoli r anno i agg, e lasciato guernito di sua
gente e di suoi bali! il paese, e che gli artefici
minuti di Brucia, come sono tesserandoli, e fol-
loni di drappi, e beccari , e calzolai , e altri, fo»-
sono aditi a ragione , per la loro petizione data
allo re, e addirizzati di loro pagamenti per gli loro
lavorìi, e dell' assise della terra, le quali erano
loro incomportabili; la detta gente della comune
non fu udita né addirizzati; ma i balli del re, a
preghiera de' grandi borgesi e per loro moneta , i
caporali de'detti artefici e popolo minuto,i quali e-
rano i principali Piero leRoy te83eraudoIo,e Giam-
brida beccaio,coD pii^ di trenta de'maggìori diloro
mestieri e arti, misono io pr^ìooe in Bniggia.
E nota che'l detto Piero le Roy fu il capo e com-
movitore della comune , e per sua franchezza fu
soprannominato Fiero le Roy , e ìd Fiammingo
Konicheroy , cioè Piero lo re . Questo Piero era
tessitore di panni povero uomo, ed era piccolo di
persona e sparuto, e cieco dell'uno occhio, e d'età
di più dì sessant'anni; lingua francesca né latina
non sapea, ma in sua lingua fiamminga parlava
meglio, e pili ardito e stagliato che nullo di Fian-
dra; e per lo suo parlare commosse tutto il paese
:.vGoo<^Ic
Ss GIOTANHI TILLi.NI
alle grandi Èose che poi seguirò, e però è bene
ragione di furè di lui memoria . £ per la presa di
lui e de' suoi compagni il popolo minuto di Brug-
gia corsono la terra e combatterono il borgo, cioè
il castello ove stanno gli schiavini e rettori della
terra, e uccisero de' borgesi, e per forza trassono
di pr^ione i loro caporali . £ e io fatto , di questa
querela si fece triegua e appello a Parigi dinanzi
al re, e durò bene uno anuo la quistioue; e alla
fine per moneta spesa per gli grandi borgesi di
Fiandra intorno alla corte del re, il popolo minuto
ebbono la sentenzia incontro; onde venuta la no-
vella a Bruggia, que' della comuna si levarono da
capo a rumore e ad arme ; ma per paura delle
masnade e de' grandi boi^si sì partirono di Brug-
gia, e andarne alla terra del Damo ivi presso a tre
miglia, e quella corsono, e uccisouo il balio e' ser-
genti che v' erano per lo re, e rubarono i grandi
borgesi della terra, e ucciserne; e ciò fatto, come
gente disperati e in furia, vennero alla terra
d'Andiborgo e feciono il simigliante ; e poi ne
vennero al maniere del conte che sì chiama Mala,
presso a Brucia a tre miglia, che v'era dentro
il balio di Bruggia e da sessanta sergenti del re, .e
quella fortezza per forza presono,e sanza miserìcor-
dia o redenzione, quanti Franceschi dentro avea
misero a raorte.Igrandi borgesi diBruggia veggen-
do così adoperare e crescere la forza al minuto po-
polo, temettono di loro e della terra; incontanen-
te mandarono in Francia per soccorso : per la qual
cosa lo re incontanente vi mandò messer Giacomo
di san Polo sovrano balio di tutta Fiandra, con
millecinquecento cavalieri francescbi, e con ser-
:.vGoo<^Ic
' LIBRO OTTAVO 83
genti assai j e giunti a Bruggia, preaono e furnirono
i palagi dell' Àlk del comune e tutte le fortezze
della terra, con guernigioni di loro genti d'arnie,
stando la terra dì Bruggia in grande sospetto e
guardia . £ crescendo la forza e l'ardire al minuto
popolo, come piacque a Dio, per pulire il peccato
delta superbia e avarizia de' grandi boi^esi e ab-
battere l' oi^oglio de'Francescbi, quegli artefici
e popolo minuto ch'erano rimasi in Bruggia ,
feciono tra loro giura e cospirazione di disperarsi
per uccidere i Franceschi e' grandi baiasi , e
mandarono per gli loro isfuggiti alla terra del
Damo e a quella d'Andiho^o, ond' erano loro capi
e maestri Piero le Ro j e Giambrida,che venissono
a Bruggia , gli quali cresciuti in baldanza per la
vittoria e uccisione per loro cominciata contro
a'Franceschi, a bandiere levate , e le femmine
come gli uomini , vennero in Bruggia la notte
di com'era ordinato; e poteanlo fare, peroc-
ché lo re avea latti abbattere i fossi e porte di
Bruggia . £ giunti nella terra , dandosi nome con
que' d' entro , e gridando in loro linguaggio fiam-
mingo , che da'Franceschì non erano intesi , viva
la comune , e alla morte de' Franceschi , abbar-
raro le rughe della terra . Per la qual cosa si
cominciò la dolorosa pestilenzia e morte de'Fran-
cescbi, per modo, che qualunque Fiammingo avea
in ma casa nullo Francesco, o 1' uccideva , o 'i
menava preso alla piazza dell'Alia, ove la comune
era rannata e armata , e lìt gìugnendo i presi ,
come tonnina in pezzi erano tagliati e morti .
Sentendo i Franceschi levato il romore , e arman-
doti par ratinarsi insìeine , si trovavano da' loro
;vGooi^Ic
8^ C10VA.NIII TILLàiri
osti tolti ì freoi^e le selle de' cavalli oascose.
E più ne faceaoo le femmine cbe gli uomini , e
chi era mootato a cavallo trovava le rughe abbar-
rate , e gittati loro i sassi dalle finestre , e morti
per te vie . E così durò tutto il giorno la detta
persecuzione, ove morirono, cbe con ferri, e che dì
sassi , e d' essere gittati gli uomini dalle finestre
delle torri e palazzi dell'Alia, ov' erano in fortez-
za più di milleduecento Franceschi a cavallo , e
più di duemila sergenti a piede,onde tutte le rughe
e piazze di Bruggìa erano piene di corpi morti , e
dì sangue e carogna de' Franceschi , che più di
tre dì gli penarono a sotterrare j portandoli in
carra fuori della terra,e gittandogli in fosse a'cam-
pi ; e de' grandi borgesi assai vi furono morti , e
tutte loro case rubate . Messer Giacche di san Polo
con pochi fuggendo scampò , perchè abitava pres-
so all' uscita della terra j e questa pestìlenzia fa
del mese di .... gli anni di Cristo i Sol .
CAP. LVI.
Della grande e disavventurosa sconfitta eh' eÒ-
bono i Franceschi a Coltrai da'FiamnùngM.
Dopo la detta rubellazione di Bruggìa e morte
de' Franceschi, i maestri e capitani della comune
dì Bn^gia, parendo loro avere fatte e cominciate
grandi imprese, e grande misfatto contro al re di
Francia e sua gente, e considerando dì non po-
tere per loro medesimi sostenere sì gran fascio ,
essendo sanza il loro signore e sanza altro aiuto ,
sì mandarono io Brabante per lo giovane Gui>
:vGoo<^Ic
LIBRO OTTAVO. 85
glielmo di Gìiilierì^ fratello dell' altro messer-Giii-
glielmo dì Giulieri che mori per la aconfitta di
Fornes ad Arazzo io pregiooe del conte d'Àrtese,
come addietro facemmo menzione. Questo Gui-
glielmo era nato per madre della figliuola del
vecchio conte Guido di Fiandra , e figliuolo del
conte di Giulieri di Valdireno, ed era gran che-
rico. Si tosto come fìi richesto da que'di Bruggìa
per vendicare il suo fratello da' Franceschi, lasciò
la chericia e venne in Fiandra, e da que'di Brug-
gia fu ricevuto a grande onore , e fatto loro signo-
re. Incontanente fece gridare oste sopra la villa
e terra di Ganto, che si tenea per Io re; ma la
terra era forte delle più del mondo per sito e per
mura, fòssi, e riviere, e paduli, sicché il loro as-
salto fu invano; onde si partirono e andarono
alle terre del franco di Bruggia delle marine di
Fiandra , e quelle quasi tutte con poca iktìca re-
caro in loro signoria , come fu le Schiuse,
Nuovoporto, e Berg, e Fornes, e Gravalingua ,
e più altre ville ; onde gran popolo crebbe a
que' di Bruggia. £ ciò sentendo il giovane Guido
figliuolo del conte diFìandra della seconda donna,
nato della contessa di Namurro, venne in Fian-
dra, e'accozzossi con Guiglielmo di Giulieri suo
nipote, e furono insieme fatti signori e guidatori
del popolo di Fiandra ribello del re di Francia ;
e tornando dalle terre delle marine , ebbono a '
patti Guidendalla , il ricco maniere del conte ,
ov' avea più di cinquecento Franceschi . E ciò
fatto , venne messer Guido a oste sopra Coltrai
con quindici migliaia di Fiamminghi a pie , e
ebbe la terra, salvo il castello del re, ch'era molto
:.vGooi^Ic
AG GioTiMm Tii.LA.ni
ferte e gueruito di Francetchi a cavallo e a pie .
Guiglielmu di Giulieri andò all'assedio al castello
di Cassella cou parte dell' oste, e in questa stanza
quegli della teira d' Ipro e di Camoa di 1<n-o vo-
lontà s' arrenderò a messer Guido di Fiandra ,
onde crebbe gran podere a' Fiamminghi , e in-
grossossi r oste a Coltrai . Quegli del castello
che v' erano per lo re, si di fenduano, francamente,
e con loro ingegni e dificii, disfeciono e arsone
gran parte della terra di Coltrai ; ma per lo im-
provviso assedio de' Fiamminghi non erano guer-
uiti di vittuaglia quanto bist^nava loro ; e però
mandarono in Francia al re per soccorso (a4) t^o
stano,onde il re sanza indugio vi mandò il buono
conte d* Artese suo zio e della casa di Francia ,
con più di settemila cavalieri gentili nomini,
conti, e duchi, e castellani, e banderesi, onde
de' caporali &remo menzione, e cou quarantamila
sergenti a pie, de' quali erano più di diecimila
balestrieri . E giunti sottra il colle il quale è di
contro a Coltrai, verso la via che va a Tornai,
in su quello s'accamparono, presso del castello
a mezzo miglio. E per fornire le spese della co-
minciata guerra di Fiandra, lo re di Francia per
malo consiglio di messer Biccio e Musciatto Frane
zesi nostri contadini,sì fece peggiorare e falsi6care
la sua moneta, onde traeva grande entrata, pe-
rocché ella venne peggiorando di tempo iu tera'
{H>, sicché la recò alla valuta del terzo , onde
molto ne fu abominato e maldetto per tutti i
cristiani, e molti mercatanti e prestatori di nostro
paese, ch'erano con loro moneta in Francia, ne
riraasono diserti . Il buono e valente giovane mes-
:.vGooi^Ic
LIBRO OTTAVO 8'J
ser Guido di Fiandra, reggendo l'esercito de'Pran-
cescbi a cavallo e a pie che gli erano venuti ad-
dosso , e conoscendo ch'egli non potea schifare la
battaglia , o abbandonare la terra di Coltrai e V as-
sedio dei castello, che lasciandolo e tornando a
Bruggia col suo popolo era morto e conlìiso, sì
mando per messer Guiglielmo di Giulieri eh' era
all' assedio di Cassella , che lasciasse 1' assedio, e
colla sua oste venisse a lui , e cosi fu fatto ; e tro-
varsi insieme con ventimila uomini a pie , che
nullo v' avea cavallo per cavalcare se non i si-
gnori . E diliberato al nome di Dio e di messer
san Giot^io di prendere la battaglia , uscirono
della terra di Coltrai , e levarono il loro campo ,
eh' era di là dal fiume della Liscia , e passarono
in su uno rispianato poco di fuori della terra , per
lo cammino che va a Ganto , e quivi si scbieraro
incontro a' Franceschi ; ma segacemente presono
vantaggio , che a traverso di quella pianura corre
uno fosso , che raccoglie 1' acque della contrada e
mette nella Liscia , il quale è largo il più cinque
braccia e profondo tre, e sanza rilevato che si paia
di lungi , che prima v' à altri su , che quasi a' ac-
corga che v' abbia fossato ■ In su quello fosso dal
loro lato si scbieraro a modo d' una luna corse an-
dava il fosso , e nullo rimase a cavallo , ma cia->
senno a pie , cosi i signori e cavalieri come la cor
mune gente , per difendersi dalla percossa delle
schiere de' cavalli de' Franceschi , e ordinarsi uno
con lancia ( che l'usano ferrate, tegnendole a gui-
sa che si tiene lo spiedo alla caccia del porco sali
vatico ) e uno con uno grande bastone noderuto
come manica dì spiedo , e dal capo grosso ferrato
;vGooi^Ic
88 eiOTANNl TILLIRI
e pantaguto , legato con anello di ferro da ferire
e da forare ; e questa saWaggia e grossa armadura
cbiamaoo godeodac, cioè in nostra lingua, buono
giorno . E così (35) aringati uno ad uno , che al-
tre poche arraadure aveano da oifeodere , o da
difendere come genti povere e non usi in guerra ,
come disperati di salute , considerando il grande
podere de' loro nimici , si toIIoqo innanzi condu-
cere a morte al campo , che fuggire e essere presi
e per diversi tormenti giudicati : feciono venire per
tutto il campo uno prete parato col corpo di Cri-
sto , sicché ciascuno il vide y^ io luogo di comu-
nìcarsi , ciascuno prese un poco di terra e si mise,
in bocca . Messer Guido di Fiandra e messer Gui-
glielmo di Giulieri andavano dinanzi alle schiere
confortandogli e ammonendo di ben fare , ricor-
dando loro l'orgi^lio e superbia de'Franceschi, e'I
torto che facevano a'ioro signori e a loro^e a quello
che verrebbono per le cose iatte per loro, s'e'Fran-
ceschi fossono vincitori : e mostrando loro ch'essi
combatteano per giusta causa , e per iscampare
loro vita e di loro figliuoli , e che francamente do-
vessero principalmente intendere pure a ammaz-
zare e fedire ì cavalli . E messer Guido di sua
mano in su i campo fece cavaUere il valente Pie-
ro le Roy con più di quaranta della comune, pro-
mettendo , se vincesBono , a ciascuno dare re-
taggio di cavaliere . Il conte d'Artese capitano e
duca dell' oste de' Franceschi , reggendo i Fiam-
minghi usciti a campo, fece stendere il campo
suo , e scese più al piano contro a' nemici , e ordi*
nò i suoi in dieci schiere in questo modo : che
iklla prima fece guidatore messer Gianni di Bar-
:.vGooi^lc
tlBItO OTTATO 69
ìàa con millequattrocento cavalieri soldati , Pro-
venzali , Guasconi , Navarresi > Spagnuoli , e Lom-
bardi , molto buona gente : della seconda fece con-
duttore messer Rinaldo d' Itria valente cavaliere
con cinquecento cavalieri : la terza schiera fa di
settecento cavalieri, onde fu capitano messer Bau
di Niella , conestabile di Francia: la quarta bat-
taglia fu di ottocento cavalieri , la quale guidava
messer Luis di Chiermonte della casa di Francia :
la quinta il conte d' Artese generale capitano
con mille cavalieri : la sesta il conte di san Polo
con settecento cavalieri : la settima il conte d'Ai-
bamala,eil contedi Du, e il ciamberlano di
Francavilla con mille cavalieri : l' ottava con-
dusse messer Ferri figliuolo del duca del Loreoo,
e il conte di Sassooa con ottocento cavalieri : la
nona battaglia guidava messer Gottifredi fratello
del duca di Brabante , e messer Gianni figliuola
del conte d'Analdo con cinquecento cavalieri bra-
ttanzoni e anoieri : la decima fu di duecento ca-
valieri e di diecimila balestrieri, la quale guidava
messer Giacche di san Polo , con messer Simone
di Piemonte , e Bonifazio di Mantova , con più
d' altri trentamila sergenti d' arme a pie , Lom-
bardi, Franceschi, e Provenzali, e Navarresi, detti
bidali , con giavellotti . Questa fu la più nobile
oste di buona gente che mai facesse il detto re di
Francia , dov' era il fiore della baronia e baccel-
leria de' cavalieri del reame di Francia , di Bra-
bante , d'Analdo , e di Valdireno . Essendo arin-
gate le battaglie dell' una parte e dell' altra per
combattn-e , messer Gianni di Barlas , e messer
Simone di Piemonte , e Bonifazio , capitani di
;vGooi^Ic
gO GIOVANlfl TILLAHI
soldati e balestrieri forestieri, molto sarì e costuma'
ti di guerra, furono al coneatabile e dissono : Sire,
per Dio lasciamo vincere questa disperata gente
e popolo de' Fìamrmnghi , sanza volere mettere a
pericolo il fiore della cavalleria del mondo . Noi
conosciamo i costumi de' Fiamnùnghi : e' sono
usciti di Coltrai come dicroti d' ogni salute ,
o per combattere o per Jìiggìrsi ; e' sono accanta
pati di Juori , e lasciati nella terra i loro pò-
veri arnesi e Uvanda . f^ai starete schierati colla
vostra cavallerìa , e noi co' nostri soldati che son
usi di fare assalti e correrie , e co' nostri bale-
strieri e con gli altri pedoni , che ne avemo due
cotanti di loro ; enterremo tra laro e la terra di
Coltrai , e gli assaliremo da più parti , e terrem-
gli in badalucchi e schermugi gran parte del di .
J Fiamminghi sono di gran pasto ^ e tutto dì
son usi di mangiare e di bere , tegnendogli noi in
bistento e digium,si straccheranno e non potran-
no durare , perchè non si potranno rinfrescare ;
si partiranno dal campo a rotta da loro schiere ,
e come voi vedrete ciò, spronate loro addosso con
vostra cavalleria , e avrete la vittoria sanza pe-
riglio di vostra gente . E di certo coal veniva
fatto , ma a cui Iddio vuole male gli toglie il sen-
no , e per le peccata commesse si mostra il giudi-
ciò di Dio : e intra gli altri peccati , il conte d'Ar-
tese avea dispregiate le lettere di papa Booi&zio,
e con tutte ìs bolle gittate nel fuoco . Udito que-
sto consiglio il conestabile , sì gli piacque e parve
buono, e venne co' detti conestabili al conte
d'Artese , e dtsseglì il consiglio , e come gli parea
il migliore : il conte d' Artese ri^uose per rim-
:vGoo<^Ic
LIBRO OTTAVO 91 '
protxia : f^us dwble ; ces soJtt des conseiUes des
Lumbards > et vous connetable avez encore dii
poil de loup: cioè volle dire ch'e'oon fosse leale al
re y perchè la figliuola era moglie di messer Gui'
glielmo dì Fiandra . Allora il conestabile irato ,
per lo rinaproccio udito , disse al conte : Sire , si
vous verrez ou f irai , i/ous irez bien avant : e
come disperato , stimandosi d' andare alla morte y
fece muovere sue bandiere , e (26) brocciò a fe-
dire francamente , non prendendosi guardia ', né
sappiendo del fosso a traverso dov'erano schiera-
ti i Fiamminghi , come addietro facemmo men-
zione . E giugoendo sopra il detto fosso , ì Fiam-
minghi che' erano dall' una parte e dall' altra ,
cominciarono a fedire di loro bastoni detti goden-
dac,alle teste de' destrieri , e iàceangli (ay) rir
vertire e ergere addietro . Il conte d' Artese e
r altre schiere e batàiglie de' Franceschi reggen-
do mosso a fedire il conestabile con sua gente , il
seguirò r uno appresso 1' altro a sproni battuti ,
credendo per forza de' petti de' loro cavalli rom-
pere e partire la schiera de' Fiamminghi, e a loro
avvenne tutto per contrario , che per lo pingere e
urtare , i cavalli dell' altre schiere per forza pio-
sono il conestabile , e 'l conte d' Artese , e sua
schiera a traboccare nel detto fosso 1' uno sopra
r altro : e '1 polverio era grande , che que'di die-
tro non poteano vedere , né per lo romore de'colT
pi e grida intendere il loro fallo , uè la dolorosa
sventura di loro feditori ; anzi credendo ben fare
pignevano'pure innanzi urtando ì loro cavalli pw
modo , eh' eglino medesimi per l' ergere e cadere
di loro cavalli , 1' uno S(^aa l' altro s' affollavano.
;vGooi^lc-
93 GIOVARRI N'TILI.AHI
e faceano affogare e morire gran parte , o i più,
sanza colpo di ferrico di laiice, o di spade. I
Fiammioghi eh' erano asserratì e forti in au la
proda del foisso , vedendo tralMccare ì Franceschi
e' loro cavalli , noD inteudeano ad altro che a
ammazzare i cavalieri , e' loro cavalli sfondare
e sbudellare, sicché in poco d'ora noa solamente
fu ripieno il fosso d' uomini e di cavalli, ma fatta
gran monte di carogna di quelli . E era sì fatto
giudicìo, ch'e'Franceschi uon poteanodare colpo
a' loro nimicì , ma eglino medesimi affollavano , e
uccideano l'uno l'altro per lo pigaere che faceano ,
credendo per urtare rompere i Fiamminghi. Quan-
do i Franceschi furono quasi tutte le loro schiere
raddossati l'uno sopra l'altro , e confusi per modo ,
che per loro medesimi convenia, o che traboccas-
souo co' loro cavalli , o fossono sì stretti e anno-
dati a schiera che non sì poteano reggere , né an.
dare innanzi né tornare addietro ; i Fiamminghi
eh' erano freschi , e poco travagliati i capi de'cor-
ni della loro schiera , onde dell' uno era capitano
messer Guido di Fiandra , e dell' altro messer
Guiglielmo di Giulieri , ì quali in quello giorno
feciono maraviglie d' arme di loro mano; essendo
a pie , passaro il fosso , e rinchìusono i France-
schi per modo , che uno vile villano era signore
di segare la gola a'pìà gentili uomini. E per que>
sto modo furono sccmfitti e morti i Franceschi ,
che di tutta la sopraddetta nobile cavallerìa non
iscampò se non messer Luis di Chiermonte , e il
conte di san Polo , e quello di Bologna con pochi
altri , perchè sì disse che non si strinsono al fe-
dire i onde sempre portarono poi grande onta e
;vGooi^Ic
tlBRO OTTAVO gS
rimproccio in Francia: tutti gli altri dachi e con-
ti e baroni e cavalieri furono morti in su '1 cam-
po , e alquanti fuggendo per le fosse e (38) maresi
morti furono ; in somma più di seimila cavalieri >
e pedoni a pie sanza numero , rimasono morti alla
detta battaglia sanza menarne nullo a pregìone .
E questa dolorosa e sventurata sconfitta de' Fran-
ceschi, fu il dì di santo Benedetto, a dì ai di
Marzo gli anni di Cristo i3oa ; e non sanza gran-
de cagione e gindiciu divino, perocché fu quasi
uno impossibile avvenimento . E bene ci cade la
parola che Dio disse al popolo suo d' Israel , quan-
do la potenzia e moltitudine dì loro nimici venia
loro addosso, i quali erano con piccola forza a loro
comparazione , e temendo di combattere , disse :
Combattete francamente, che la Jbrza della bat-
taglia non è solo nella moltitudine delle genti ,
anzi è in mia mano , perocch' io sono lo Iddio
Sabaoth , cioè , lo Iddio dell' oste . Di questa
sconfitta abbassò molto l' onore , e lo stato , e fa-
ma dell'antica nobiltà e prodezza de' Franceschi,
essendo il fiore della cavalleria del mondo iscon-
fitta e abbassata da' loro fedeli , e dalla più vile
gente che fosse al mondo, tesserandi, e folloni, e
d' altre vili arti e mestieri, e non mai usi di guer-
ra , che per dispetto e loro viltade , da tutte le
nazioni del mondo i Fiamminghi erano chiamati
conìgli pieni di burro ; e per queste vittorie sali-
rono in tanta fama e ardire , che uno Fiammin-
go a pie con uno godendac in mano , avrebbe at-
teso due cavalieri fìranceschi .
;vGooi^Ic
g4 GIOTAETiri VILLANI
GAP. LVII.
Di quale lignaggio furono i presenti conti e
signori di Fiandra .
Dappoiché abbiamo narrato le ^ndi novità e
battaglie cominciate tra '1 re di Francia e'L conte
di Fiandra e' suoi, e acuiranno appresso per gli
tempi, De pare convenevole dì raccontare dell' es-
aere e legnaggio de' detU conti, perocché feciono
grandi cose, e di loro furono valenti signori. Que-
sti conti non sono per lignaggio mascolino dello
stocco degli antichi conti di Fiandra , onde fu il
buono primo imperadore Baldovino che conquistò
GMtantìnopoli, e'I valente conte Ferrante, il
quale si combattè con lo imperadoK Otto insieme
col buono re Filippo il Bornio, come addietro
facemmo menzione; e fu suo non solamente Fian-
dra, ma la contea d'Analdo, e Vermandos, e
Tiracia infino presso a Compigno; e quegli primi
conti portarono l'arme aggberonata gialla e nera;
tna questi d' oggi ne nacquero per femmina in
questo modo . Quando morì il detto conte Fer-
rante, di lai non rimase figliuolo maschio , ma
«olo una piccola figlia femmina chiamata Mar-
gherita; questa rimase a guardia e toteria d' uno
«avio cherico, ch'avea nome messer Gianni d'Ave-
ries, figliuolo del signore di don Piero in Borgo-
gna, ovvero Gampagoa,eper suo senno avea gui-
dato il conte Ferrante e tutto il suo paese. Questi
ritenne la signorìa per la fanciulla, equand'ella
fu in età , si giacque con lei , e ebbene uno fi-
;vGooi^lc
LIBRO OTTAVO g5
gliuolo chiamato Gianni; e per coprire la vergogna
di lui e della damigella, lasciò la chericia, e sposò
la contessa Margherita a moglie , e poi n' ebbe
UDO figliuolo, e questi fu il presente valente e
htiono Guido conte di Fiaofhra : e poco appresso
moria messer Gianni d'Averìes, e rimase la detta
contessa Margherita co' detti due suoi figlinoli, e
non riprese marito; e guidava molto saviamente
sua terra e paese, e quando bistrò, andò in arme
com' uno cavaliere, e fu molto savia e ridottala
donna, e fece molte buone leggi e (39) costume
in Fiandra , che ancora s' osservano . Avvenne
quando Gianni e Guido suoi figliuoli furono cava-
lieri , ciascuno volea essere conte di Fiandra , onde
piato ne nacque nella corte del re di Francia , e
convenne ne fosse sentenzia ; e citata la contessa
Margherita al gìudicio innanzi al re, disse che
Guido era degno d' essere conte di Fiandra , pe-
rocch'egli era nato di matrimonio , e Gianni no;
onde crucciato Gianni, ch'era il maggiore, innanzi
al re dì Francia e al suo consiglio, in presenza
dulia madre disse: Dunque sono iojìgliuolo della
più ricca puttana del mondo ì La contessa, come
savia,(3o) si gabbò delle parole, e rìspuose a Gian-
ni : /o non ti posso torre Analdo di tuo retag-
gio ^ ma io ti voglio torre ^ che alla tua armey
(cb'è il campo ad oro e il leone nero) al leone tu
non facci mai unghioni né lingua, perchè la
tua è stata villana ; e Guido voglio Ìl porti tutto
intero . E così fu giudicato e confermato per lo
re di Francia e per gif dodici peri. Onde dì mes-
ser Gianni sono discesi i conti d' Analdo , e di
messer Guido conte di Fiandra messer Ruberto
:.vGooi^lc
96 GluvAEini TILL&HI
dì Bettona ^ e messer Guiglielmo e messer Filippo
della sua prima donna avogada di Bettona; e della
Kconda douna figliuola del conte di Luzìmborgo
e contessa di Namurro , la quale contea fece com-
perare per gli figliuoli al conte di Fiandra , sì
nacquero messer Gianni conte di Namurro , e il
buono messer Guidone , e messer Arrigo di Fian-
dra ; del quale Guidone la nostra storia ha parlato
Della detta sconfitta di Coltrai, e parlerà ancora
in più parti di loro prodezze e valenzie , e però ne
paiono degni di loro nazione avere voluto fare
memoria.
GAP. LVIU.
Come lo re di Francia rifece sua oste , e con
tutto suo podere venite sopra i I^ìam-
mingkì , e tornassi in lancia con
poco onore.
Dopo la detta sconfitta dì Coltrai incontanente
s' arrenderò a messer Guido di Fiandra quegli
di Ganto, e qoe' di Lilla, e Doai, e Cassella,
sicché non rimase terra né villa piccola uè gran-
de in Fiandra , che non tornasse alle comanda-
menta di messer Guido ; e per la detta vittoria ,
la comuna d'<^nì gente di Fiandra presone ardi-
re e signorìa , e cacciarne ì loro grandi borgesì,
perchè amavano i Franceschi , e non ta'nto in
Fiandra, simile avvenne in Brabante e in A-
naldo , e in tutte loro cìrcustanzìe , per lo fa-
vore della comuna di Fiandra . Come in Francia
fu la dolorosa novella della detta sconfitta , non
ò da domandare s« v' ebbe dolore e lamento, che
;vGooi^Ic
LIBRO OTTàTO 97
non T* ebbe villa , castello , o maniero, o signo-
raggio,cIie per gli cavalieri e scudteriche rimasono
morti a Coltrai , non vi avesse dame e damigelle
vedove. Lo re di Francia , passata il dolore, fece
come valente signore, che incontanente fece ban-
dire oste generale per tatto il reame : e per fornire
sua guerra si fece falsificare le sue monete , e la
buona moneta del tornese grosso , eh' era a undici
once e mezzo di fine , tanto il fece peggiorare, che
tornò quasi a metade, e simile la moneta prima;
e cosi quelle dell' oro , che di ventitré e mezzo
carati, le recò a men di venti, facceudole correre
per più assai che non valeano: onde il re avanzava
ogni dì libbre seimila di parigini e più, ma guastò
e disertò il paese , che la sua moneta non tornò
alla valuta del terzo . E fornita lo re , e apparec-
chiata la sua grande e ricca oste, si mosse da
Parigi, e del mese di Settembre presente del detto
anno i3o3,fu ad Arazzo in Artese con più di
diecimila cavalieri, e con più di sessantamìla
pedoni: e in Italia mandò per messer Carlo di
Valos suo fratello, che rimossa ogni cagione doves-
se tornare in Francia, e cosi fece poco appres-
so. I Fiamminghi sentendo l'apparecchio e ve-
nuta del re di Francia , iSiandaro in Namurro
per lo conte messer Gianni figliuolo del conte di
Fiandra , e maggiore di messer Guido , il quale era
, molto savio e valente; e lui venuto, il feciono loro
generale capitano dell' oste , e come gente calda ,
e baldanzosa della vittoria di Coltrai, s' apparec-
chiaro di tende, e padiglioni , e trabacche, con
tutto che assai n' aveano di quelle de'Franceschì :
e ciascuna terra e villa per se si soprass^oaro di
r. ///. 7
:vGoo<^Ic
98 GIOVANNI TlI<IrAIfl
soprasbergbe e d'arme , e ciascuno mestiere per
se , e raunarsi a Doai , e furoao più di uttautamila
uomini a pie bene armati e sc^rasseguati, e eoa
tanto carreggio che portava il loro arnese, che
copria tutto il paese, e insomma era a vedere la
più bella e ricca oste di gente a pie, che mai fosse
tra' cristiani . Lo re di Francia colla sua grande
e nobile oste uscì fuori d'Arazzo , per entrare in
Fiandra , e accampossi a una villa che si chiama
Vetri , tra Doai e Arazzo , e era sì grande , che
tenea di giro più di dieci miglia. I Fiamminghi
come franca gente, e bene guidati e condotti, non
attesero Toste a Doai, ma uscirono di Doai, e
5' affrontarono incontro all'oste del re , gridando
dì e notte, battaglia battaglia, e inanimiti di
combattere, e sovente aveauo insieme (3i) scar-
mugi e badalucchi j e non v'area Fiammingo a pie
con suo godendac in roano, che non attendesse
il cavaliere francesco , per la baldanza presa sopra
loro , e i Franceschi per coutradio inviliti . E ciò
fu del mese d'Ottobre, nel quale comìncid graudi
pioggie , e il paese è pieno di paduli e di fosse ,
e sempre terreno che mai non si puote osteggiare
il verno ; onde il carreggio del re eh' adducea la
vivanda all' oste, per gli fondati cammini non
poteano venire , né i cavalieri co' loro cavalli ap-
pena uscire del campo . Per la qual confusione
l'oste del re venne in tanti difetti, e di vittua-
glia e d'altro , che non poterono più tenere cam-
po, e convenne che di necessità si levasse da oste ,
con sua grande onta e vergogna, faccendo triegua
per uno anno : e tornossi addietro ad Arazzo , e
poi a Parigi , con grande spendio , e con graude
:.vGooi;;lc
LIBRO OTTITO 99
mortalità de'suoi cavalli. Alcuno disse in Francia,
che intia l'altre cagioni della partita dell'oste del
re, fa per inganno del re Àdoardo d'Inghilterra >
il quale amava iFiammioghÌ,e per fàvorargli disse
alla iiK^Ue,la qualeera serocchiadel re diFrancia,
in segreto segacemente e con frode: Io temo che il
re di Francia non riceva vergogna e pericolo in
questaoste,ch'io sento chevi saràtradito da certi
suoi baroni medesimi. La reina prese a vero la pa-
rola, e iocootanente la significò al re di Francia
8110 fratello , ond' egli entrò in sospetto e gelosia
de' suoi baroni ,. ma non sapea di cui , e partissi
per lo modo che detto avemo con onta e vergogna :
e potrebbe essere stata l'una cagione e l'altra della
sua partita. £ partita l'oste del re , i Fiamminghi
8Ì tornarono in loro terre con grande festa e alle-
grezza . Avemo sì distesamente innarrate queste
storie di Fiandra , perchè furono nuove e mara-
vigliose , e noi ci trovammo in quegli tempi nel
paese , che con oculata fede vedemmo e sapemmo
la veritade . Lasceremo alquanto di questa mate-
ria ) infino che verranno i tempi del termine e
fine di questa guerra tra '1 re di Francia e'Fiam-
minghi , che fu assai piccolo tempo appresso , e
torneremo a nostxa materia a raccontare le novità
d'Italia e della nostra città di Firenze, che furono
in quegli tempi , seguendo nostro trattato .
:.vGooi^Ic
-lOO GlOVkVSl VILLANI
GAP. LIX.
Come Folcieri da CalvoU podestà di Firenze
fice tagliare la tmta a certi cittadini
di parte bianca .
Nel detto anno 1 3òa , estenilo fatto podestà di
Firenze Folcieri da Gtlroli di Romagna y uomo
feroce e crudele, a posta de' caporali di parte nera,
i quali TÌveano in grande gelosìa , perchè senti*
vano molto possente in Firenze la parte bianca
e ghibellina, e gli usciti scriveano tuttodì, e trat-
tavano con quegli ch'erano loro amici rimasi in
Firenze,il detto Folcieri fece subitamente pigliare
certi cittadini di parte bianca e ghibellini ; ciò
furotto,messer BettoGherardini,e Masino de'Caval-
^nti,e Donato e Tegghia suo fratello de'Finiguer-
ra da Sammartino, e Nuccio Ckiderinide'Galigai,
il quale era quasi uno mentecatto , e Tignoso
de'Hacci, e a petizione di messer Musciatto Fran-
Beai, ch'era de' signori della terra , vollero essere
presi certi caporali di casa gli Abati suoi nimici,
ì quali sentendo ciò, si fuggirò e partirò diFirenze,
e mai poi non He furono cittadini : e uno massaio
delle Calze fu de' prèsi, ojf^onendo loro che trat-
tavano tradimento nella città co' bì&nchi usciti,
o colpa non colpa , per martorio gli fece con-
fessare che doveano tradire la terra , e dare certe
porte a'bianchi e ghibellini : ma il detto Tignoso
de'Macci per gravezza di carni morì in su la (32)
colla . Tutti gli altri sopraddetti presi gli giudicò,
e fece loro tagliare le teste , e tutti quegli di casa
:.vGooi^lc
LIBtO OTTAVO 101
gli Abati condannare per ribelli , e disfare i loro
beni , onde gntode torbazioDe n'eUw la città , e
poi DB seguì molti mali e scandali . E nel detto
anno fu gran caro di vittnaglia, e valae lo staio
del grano in Firenu alla rasa aoldi ventìdue lo
staio, di soldi cinquantuno il fiorino dell' oro.
GAP. LX.
Come la parte bianca e' ghibellini usciti di Fi-
renze vennero a PuUcianò e partirsene
in iscor^tta.
Nel detto anno del mese di Marzo , i ghibellini
e' bianchi usciti di Firenze colla forza de'Bolo-
gnesi che si reggeano a parte bianca , e coli' aiuto
de'ghibellini di Romagna e degli Ubaldini ; ven-
nero in Mugello con ottocento caTatieri e seimila
pedoni , dond' era capitano Scarpetta degli Ordi-
laffi dil- Forlì, e presonu sanza contasto il boi^o e
poggio di PuUciano , e assediarono una fortezza
che vi teneano i Fiorentini, credendo ivi &re ca-
po grosso^ e recare il Mugello sotto loro obbedien-
za , e poi stendersi colla loro forza alla città di
Firenze . Saputa la novella in Firenze , subita-
mente cavalcarono in Mugello popolo e cavalieri
con tutta la forza della cittade; e giunti al borgo,
e venuti i Lucchesi e l' altra amistà , e dì là o-
acendo schierati e messi in ^ordine per andare
a' nemici , i cavalieri di Bologna sentendo la su-
bita venuta de'Fiorentìnì, e trovandosi ingannati-
da' Inanchi usciti di Firenze, eh' aveano loro &tto
intendere che i Fiorentini per tema de' loro amici
;vGooi^Ic
103 GIOTàHMI TtLLAm
rimaaidentro ntm ardirebbonod'aacire della terra^
ti tennoiio traditi, e con paura grande sanza niu-
DO CHtIine si partirò da Puliciano di Mugello , e
andarsene a Bologna , onde i bianchi e'ghibellÌDÌ
Baciti rimasero rotti e sciarrati , e partirsi una
notte sanza colpo di spada come sconfitti, lascian-
do tutti i loro arnesi, e più di loro gittarouo l'ar-
me , e rìraasonvi de' morti e presi de' migliori ,
per certi scorridori iti innanzi . Intra gli altri
notabili e orrerolt cittadini e antichi guelfi e fat-»
tisi Inanchi , ri fa preso ttiesser Donato Alberti
giudice, e Nanni de' Rufibli dalle porte del vesco
To . Nanni vanendo preso , fu morto da uno
de' Tosinghì , e a messer Donato Alberti tagliato
il capo , per quella legge medesima eh' egli area
fatta e messa in ordine di giustizia , quando egli
r^rnava ed era priore . E col detto messer Dona-
to Alberti furono menati presi e tagliate le teste
a due de' Caponsacchi, e a uno degli Scolari, a La-
po de' Gipriani , a Nerlo degli Adimari , e ad al-
tri intorno di dieci di piccolo affare : per la qual
rotta i bianchì e'gfaibellini usciti molto abbassare.
GAP. LXI.
Incidenza, contando come messer Maffeo Fi"
sconti Ju cacciato di Milano .
■ Nel detto anno 1 303 a di i6 di Giugno, n
Maffeo Visconti capitano di Milano fu cacciato-
delia signoria: la cagitme fu, ch'egli e' figliuoli al
tatto voleano la signoria di Milano, e a messer
Piero Visconti, e agli altri suoi consorti , e agli
:.vGooi^lc
LIBRO OTTAVO toS
altri cattanl e varvassorì non partecipava nullo
onore. Per la qual cosa scandolo nacque in Hi-.
lano, e' signori della Torre ct^la forza del pa-
triarca d' Aquilea , con grande oste vennero sopra
Milano, e con loro messer Alberto Scotti da Pia-
censa, e il conte Filippone da Pavia, e messa*
Antonio da Foseraco di Lodi . Messer Maffeo uad
. contro a loro, ma per la quìstione cli'avea co' suoi,
fa male seguito, e non avea podere contro a' ne-
mici; onde messer Alberto Scotti si fece meezano
per fere accordo , e ingannò e tradì messer Maffeo,
che rimessosi in lui, gli tolse la signoria del ca-
pitanato, onde messer- Maffeo per onta non volle
tornare in Milano; ma sanza battaglia si tornarono
in Milano i signori della Torre, e rimasono si-
gnori dì Milano messer Mosca e messer Guidetto
di messer Nappo della Torre . E poco appresso
■morto messer Mosca, il detto messer Guidetto si
fece fare capitano di Milano, e menò aspramente
la sua signoria, e fu molto temuto e rìdottato, e
perseguitò molto il detto messer Maffeo e'Ggliuoli,
sicché gli recò quasi a niente, e convenia s' an-
dassono tapinando in diversi luoghi e paesi , e
alla fine per loro sicurtà si ridussono a uno pic-
colo castello in Ferrarese, ch'era de' marchesi
da Efiti suoi parenti, che Galeasso suo figliuolo
avea per moglie la scrocchia del marchese ■ £
sappiendolo messer Guidetto della Torre, capita no
di Milano e suo nimico, sì volle sapere novelle di
lui e di suo stato, e disse a uno accorto e savio (33)
nomo di corte: Se tu vagli guadagnare uno pa^
lafreno e una roba vaia , andrai in tal patte, ove
i messer Maffeo Visconti, ed espia di suo sta-
:.vGooi^Ic
Iq4 GIOVANNI TILI.ÌN1
to. E per ucbernirlo gli diue: Quando tu se' per
prender comiato da lui, /aragli due questioni;
la prima f che tu ij domandi come gli pare stare,
e che vita è la sua; la seconda, quand' e' crede
potere tornare in Milano . Il ministriere entrò
in cammino e venne a messer MafEeo, e trovollo
in assai povero abito secondo suo antico stato, e
al dipartirsi da lui, il pregò che gli bcesse guada-
gnare uno palafreno e una roba vaiajrispuose, che
volentieri, ma non da lui, che non l' avea ; disse :
da voi non la voglio io ,ma rispondetemi a due
questioni eh' io ci farò : e dissele come gli furono
imposte. Il savio intese da cui venieno, e rispuose
subito molto saviamente; alla prima disse: Farmi
stare bene, perocch' io so vivere secondo il tempo.
Alla seconda ri$puose,e disseiDirai al tuo signore,
messer Guldetto, che quando i suoi peccati so-
perchieranno i miei , io tornerò in Milano . Tor- .
nato l' uomo di corte a messer Guidetto , e rap-
portata la risposta, disse: Bene hai guadagnato
il palafreno e la roba, che bene sono parole del
savio uomo messer Maffeo .
GAP. LXII.
Come si cominciò la quistìone e nimistà tra
papa Bonifazio e 'l re Filippo di Franàa.
Kel detto tempo, benché fosse cominciato assai
dinanzi la sconfitta di Coltrai lo sdegno del re di
Francia contro a papa Bonifazio, per cagione della
promessa che '1 detto papa avea fatta al re , e a
messer Carlo dì Valos suo fratello^ di farlo essere
;vGooi^Ic
LIBRO OTTITO 1«5
iraperadore quando mandò per Itri, come addietro
facemmo menzione. La qual cosa non attenne,
quale che si fosse la cagione, anzi nel detto anno
medesimo area cuiiferniato a re de' Romani Al-
berto d' Osterich figliuolo che fu del re Ridolfo ;
per la qual cosa il re di Francia forte si tenne
ingannato e tradito da lui, e per suo dispetto rì-
teoea e facea onore a Ste&no della Colonna suo
nimico, il quale era in Francia sentendo la di-
scordia mossa, e lo re favorava lui e' suoi a suo
podere. £ oltre a ciò il re fece pigliare il tcscoto
di Palma in Carcascese, opponendi^U ch'era pa-
terino , e d' (^ni vescovado vacante del reame
godeva i beni , e voleva fare le investiture. Onde
papa Bonifazio, il quale era superbo e dispettoso,
e ardito di fare ogni gran cosa, come magnanimo
e possente eh' egli era e si^tenea, veg^endoai fare
quegli oltraggi al re, mescolò lo sdegno colla mala
volontà, e fecesi al tutto nimico del re di Francia.
K in prima per giustificare sue ragioni , fece ri-
chiedere tutti i grandi prelati di Francia che do-
vessono venire a corte; ma il re di Francia con-
tradisse loro, e non gli lasciò partire , onde ìl
papa (34) maggiormente s' inaminò contro al re,
e trovò per sue ragioni e decreti , che '1 re di
Francia come gli altri signori cristiani , dovea
riconoscere dalla sedia apostolica la signoria' del
temporale, come dello spirituale: e per questo
mandò in Francia per suo legato uno cherico ra-
mano arcidiacono di Nerbona, che protestasse e
ammonisse lo re sotto pena di scomunicazione di
ciò Sire, e di riconoscere da lui, e se ciò non fa-
cesse, lo scorauuicasse, e lasciasse Io interdetta*
;vGooi^lc
)o,5 oioT&Hiri viLbini
E il d«tto libato vegnendo nella cittì di Parigi ,
il re non gli lasciò piuvicare le sue lettere e pri-
vìl^^ anzi gliele tolse la gente del -re, e acco-
miatarlo del reame. E venute le dette lettere pa-
pli innanzi al re e suoi baroni al tempio , il
conte d' Artese^ che allora TÌvea, per dispetto le
gittò nel fuoco e arsele, onde grande giudicio
glie ne avvenne^ e lo re ordinò di fare guardare
tutti i passi di suo reame, che messo o lettere di
papa non entrasse io Francia . Sentendo ciò papa
Bonifazio, scomunicò per sentenzia il detto Fi-
lippo re di Francia; e lo re di Francia, per giu-
stificare se, e per fare suo appello, fece in Parigi
nno grande concìlio di cherici e prelati e di tutt'ì
suoi baroni, discusando se, e opponendo a papa
Bonifazio più accuse con più articoli di resia , e
simonia , e (35) omicidia, ed altri villani peccati,
onde di ragione dovea essere disposto del papato.
Ma l' abate di Cestella non volle consentire allo
appello, anzi sì partì,e tornossi in Borgogna, (36)
male del re di Francia: e per così fatto modo si
cominciò la discordia da papa Bonifazio al re di
Francia, la quale ebbe poi male fine; onde poi
nacque grande discordia tra loro,e seguinne molto
male, come appresso faremo menzione .
In questi tempi avvenne in Firenze una cosa
bene notabile, che avendo pnpa Bonifazio presen-
tato al comune di Firenze uno giovane e bello
leone, ed essendo nella corte del palagio de'priori
legato con una catena, essendovi venuto uno asino
carico di legne, veggendo il detto leone , o per
paura che a'avesse,o per lo miracolo, incontanente
assalì ferocemente il leone, e con calci tanto il
:vGoo<^Ic
LIBRO OTTAVO 10^
percosse, che l' uccìse, aon valendogli l' aiuto dt
molti uomini eh' erauo presenti. Fu tenuto segno
di grande mubizione e cose a venire, che assai
n' avvennero in questi tempi alla nostra città ■
Afa certi alletterati dissono, eh' era adempiuta
la profezia di Sibilla, ove disse: Quando la bestia
mansueta ucciderà il re delle bestie ^ allora eo-
mincerà la dissoluzione della Chiesa: e tosto si
mostrò in papa Bonifazio medesimo, come sì tro-
verrà nel seguente capitolo.
GAP. LXIII.
Come il re di Francia fcce prendere papa Bo-
nifazio in Anagna a Sciarra della Co-
lonna , onde morì il detto papa
pochi dì appresso .
Dopo la detta discordia nata tra papa Bonifazio
e'I re Filippo di Francia, ciascuno di loro prò-
cacciò d' abbattere 1' uno l' altro per ogni via e'
modo che potesse: il papa d' aggravare il re di
Francia dì 9:omuniche,e altri processi per pri-
varlo del reame; e con questo favorava i Fiam-
minghi suoi ribelli, e tenea trattato eoi re Alberto
d' Alamagna , studiandolo che passasse a Boma
per la benedizione imperiale, e per fare levare
il regno al re Carlo suo consorto, e al re di Fran-
cia fare muovere guerra a' confini del suo reame
dalla parte d' Alamagna. Lo re di Francia dall'al-
tra parte non dormìa, ma con grande sollecitu-
dine, e consiglio di Stefano della Colonna e d'altri
savi Italiani e di sno reame, mandò uno messere
:.vGoo<^lc
I08 GIOTAHHI TILIAHI
Guigliélmo di Luaghereto di Proenza, savio chc"
rìco e sottile, con messer Muscìatto Franzesi io
Toscana, forniti di molti danari contanti, e a
ricevere dalla compagnia de' Peruzzi ( allora suoi
mercatanti ) c[uanti danari bisognasse, non sap-
piendo eglino perchè. E arrivati al castello di
Staggia, ch'era del detto messer Musciatto, vi
stettono più tempoj mandando ambasciadori , e
messi, e lettere, e faccende venire le genti a loro
di segreto, accendo intendere al palese che v'era-
no per trattare accordo dal papa al re di Fran-
cia , e perciò aveano la detta moneta recata :
e sotto iquesto colore menarono il trattato se*
greto di fare pigliar^ in Anagna papa Bonifa-
zio , spendendfme molta moneta , corrompen-
do ì baroni del paese e' cittadini d' Anagna ì e
come fu trattato venne fatto : che essendo papa
Bonifazio co' suoi cardinali e con tutta la corte
nella città d' Anagna in Campagna , ond' era na-
to e in casa sua , non pensando né sentendo que-
sto trattato , né prendendosi guardia, e se alcuna
cosa ne senti , per suo grande cuore il vaise a non
calere , o forse come piacque a Dio , per gli suoi
grandi peccati, del mese dì Settembre 1 3o3 ,
Sciarra della Colonna con genti a cavallo in nu-
mero di trecento , e a pie di sua amistà assai ,
soldata de' danari del re dì Francia , colh forza
de' signori da Ceccano , e da Supino , e d' altri
baroni di Campagna , e de' figliuoli dì messer
Mal&o d' Anagna , e dissesì coli' assento d'alcuno
de' cardinali che teneano al trattato , e una mat-
tina per tempo entrò in Anagna colle insegne 6
bandiere del re dì Francia , gridando : inuma pa-
:vGooi^Ic
I
■ LTBKO OTTAVO 109
pa Bonifazio , e viva il re di Francia y e curso-
110 la terra saaza contasto niuDO , anzi quasi tutto
r ingrato popolo d' Anagna seguì le bandiere e la
rubellazione ; e giunti al palazzo papale , SRnza
riparo vi salirò e presono il palazzo , perocché il
presente assalto fu improvviso al papa e a' suoi, e
JioD prendeano guardia. Papa Bonifazio sentendo
il romore ^ e veggendosi abbandonato da tutti ì
cardinali, fuggitile nascosi per paura chi da
mala parte , e quasi da' più de' suoi famigliari, e
veggendo eh' e' suoi nemici aveaoo presa la ter-
ra e '1 palazzo ov'^li era, si cusò morto, ma
come ipagnanimo e valente, disse : Dacché per
tradimento , come Gesù Cristo voglio esser preso
e mi conviene morire, almeno voglio morire come
papa : e di presente si fece parare dell' ammanto
di san Piero , e colla corona di Costantino in ca-
po , e colle chiavi e croce in mano, e in su la se-
dia papale si pose a sedere. E giunto a lui Sciarra
e gli altri suoi nimici, con villane parole lo scher-
nirò , e arrestaron lui e la sua ^miglia , che con
lui erano rimasi : intra gli altri lo schernì mes-
ser Guiglielmo di Lunghereto , che per lo re di
Francia avea menato il trattato, donde era preso,
e minaccioUo, dicendo di menarlo legato aljeone
sopra Rodano , e quivi in generale concilio il fa-
rebbe disporre* e condannare . Il magnanimo pa-
pa gli rispuose, eh' era contento d' essere condan-
nato e disposto per gli paterini com'era egli, e'I
padre e la madre arsì per paterini \ onde messer
Guiglielmo rimase confuso e vei^gnato . Ma poi
come piacque a Dio , per conservare la santa di-
gnità papale , niuno ebbe ardire o non piacque
;vGooi^Ic
Ilo GIOVANNI TILLIRI
loro dì porgli inano addosso , ma lasciarlo parato
sotto cortese guardia , e intesone a rubare il tesoro
del papa e della Chiesa . In questo dolore vei^o-
gna e tormento stette il valente papa Bonifazio
preso per gli suoi nimici per tre di , ma come
Cristo al terzo dì resuscitò, così piacque a lui che
papa Bonifazio fosse dilibero , che sanza priego
o altro procaccio, se non per opera divina , il po-
polo d'Anagna ravveduti del loro «rore , e usciti
della loro cieca ingratitudine , subitamente si le-
varo all'arme , gridando : viva il papa e sua fa-
miglia, e muoiano i traditori y e correndo la
terra ne cacciarono Sciarra della Colonna e' suoi
seguaci, con danno di loro di presi e di morti, e
.liberare il papa e sua famiglia . Papa Bonifazio
veggendosi lìbero e cacciati i suoi nimici, per ciò
non si rallegrò niente , perchè avea conceputo e
addurato nell'animo il dolore della sua avversità:
incontanente si partì d'Anagna con tutta la corte,
venne a Roma a santo Pietro per fare concilio, con
intendimento dì sua offesa e dì santa Chiesa fare
grandissima vendetta contra il re di Francia , e
chi offeso r avea ; ma come piacque a Dìo, il do-
lore impetrato nel cuore di papa Bonifazio per
la ingiuria ricevuta , gli surse , giunto in Roma ,
diversa malattia, che tutto si rodea come rabbioso,
e in questo stato passò di questa vita a di i a d'Ot-
tobre gli aqni di Cristo 1 3o3 , e nella chiesa di
san Piero all' entrare delle porte , in una ricca
cappella &ttasì fare a sua vita , onorevolemente
fu soppellito .
:.vGooi^Ic
LII&O OTTAVO
rincora diremo de' morali eh' ebbe in se papa
Bonifazio .
Questo papa Bonifazio fu savissimo di scrittura
e (li senno naturale , e uomo molto avveduto e
pratica , e di grande conoscenza e memoria ; mol-
to fu altiero , e superbo^ e crudele contro a' suoi
nimicì e avversari, e fu di grande cuore, e molto
temuto da tutta gente , e alzò e aggrandì molto lo
stato e ragioni di santa Chiesa , e fece fare a nies-
ser GuigUelmo da Bergamo , e a messer Ricciar-
do di Siena cardinali , e a mesaer Dino Rosoni
di Mugello, sommi maestri in legge e decretali, e
egli con loro insieme , eh' era grande maestro in
divinità e in decreto , il sesto libro delle decre-
tali, il quale è quasi lume di tutte le leggi e de-
creti . Magnanimo e largo fu a gente che gli pia-
cesse , e che fossono valorosi , vago molto della
pompa mondana secondo suo stato, e fu molto
pecunioso,non guardando né faccendosi grande né
stretta coscienza d' ogni guadagno , per aggrandi-
re la Chiesa e' suoi nipoti. Fece al suo tempo più
cardinali suoi amici e confidenti , intra gli altri
due suoi nipoti molto giovani , e uno suo zio fra-
tello che fu della madre , e venti tra vescovi e ar-
civescovi suoi parenti e amici della piccola città
d' Anagna di ricchi vescovadi , e l' altro suo ni-
pote e figliuoli, eh' erano conti come addietro fa-
cemmo menzione , lasciò loro quasi infinito teso-
ro ; e dofo la morte di papa Bonilazio loro zìo »
;vGooi^Ic
113 GIOVARNI VILLANI
furono franchie valenti in guerra, faccendo ven-
detta di tutti i loro vicini e nimici , cb' aveano
tradito e offeso a papa Bonifazio , spendendo lar-
gamente , e tegnendo al loro proprio soldo tre-
cento buoni cavalieri catalani , per la cui forza
domarono quasi tutta Campagna e terra di Ro-
ma . E se papa Bonifazio vivendo, avesse creduto
che fussono così prò' d' arme e valorosi in guerra,
di certo gli avrebbe fatti re o gran signori . E
nota , cbe quando papa Bonifazio fu preso , la
novella fu mandata al re di Francia per piìi cor-
rieri in pochi giorni , per grande allegrezza , e
capitando i primi corrieri ad Ànsiona di là dalla
montagna di Briga, il vescovo d'Ansiona, il qua-
le allora era uomo d' onesta e santa vita , udendo
la novella quasi istupì, stando uno pezzo in silen-
zio contemplando , per l' ammirazione che gU
parve della presura del papa ;. e tornando in se ,
disse palese dinanzi a più buona gente : Il re di
Francia farà di questa novella grande alle-
grezza , ma i' ho per ispirazione divina , che per
questo peccato n' è condannato da Dio, e gran-
di e diversi pericoli e avversità con vergogna di
lui e di suo lignaggio gli avverranno assai to-
sto , e egli e^ figliuoli rimarranno diredati del
reame . E questo sapemmo poco tempo appresso
passando per Ansiona , da persone degne di fede,
che furono presenti a udire. La quale sentenzia fu
profezia in tutte le sue parti, come appresso per gli
tempi, raccontando de'fatti del detto re di Francia
e de'figliuoli, si potrà trovare il vero . E non è da
maravigliare della sentenzia di Dio , che con
.tutto che papa Bonifazio fosse più mondano che
:vGoo<^Ic
blBRO OTTAVO tl3
non richiedea alla sua d^ultà , e fatte area assai
delle cose a dispiacere di Dìo ^ Iddio fece pulire
lui per lo modo che detto avemo , e poi 1' offea-
ditore di lui pulì, non tanto per l'offesa della per-
sona di papa Boni&zio , ma per lo peccato com-
messo contro alla maestà divina , il cui cospetto
rappresentava in terra . Lascwemo di questa ma-
teria , elle ha avuto sua fine, e torneremo alquan-
to addietro a raccontare de' fatti di Firenze e di
Toscana, che furooo ue'detti tempi assai grandi .
GAP. LXV.
Come i Pìoreruim ebbono il castello del Sfontale,
e comefeciono oste-a Pistoia
co' Lucchesi insieme.
Neil' annodi Cristo i3o3 del mese di Maggio,
ì Fiorentini ebbono il castello del Montale pres;
so a Pistoia a quattro miglia,cavalcandovi una not-
te subitamMite, e fu loro dato per tradimento dì
certi terrazzani , che n' ebbono tremila fiorini
d' oro , per trattato di messer Pazzino de'Pazzi ,
che v'era vicino per la sua possessione di Palugia-
uo.Il quale castello era molto forte di sito e di mur
ra e di torri; e come ì Fiorentini l'ehbono, il fe-
ciono abbattere e dìsiar.e infino nelle fondamenta,
e la campana di quello comune, ch'era molto buor
na, la fecioao venire in Firenze, e poosesi in su
la torre del palagio della podestà per campana
de' messi, e chiamossi la montanina . E disfatto
il Montale, del detto mese medesimo i Fiorentini
dall' una parte e' Lucchesi dall' altra fecìono oste
T.III. 8
;vGooi^Ic
Il4 GIOTA.nilI TILLAHI
alla città di PisttHa, e guastarla intorno intonioy
e furono millecinquecento cavalieri e seimila pe-
doni, e tornarsi a casa sanza contasto uiuuo . In.
questo anno morì a Bologna il savio e valente
uomo messer Dino Rosoni di Mugello^caro citta-
dino, il quale fu il maggiore e il più savio l^ista
che fosse iafioo al suo tempo . £ in questo me-
desimo tempo morì in Bologna maestro Taddeo
detto da Bol<^na, ma era stato per suo matri-
monio nostro cittadino, il quale fu sommo fisi^
jEiiano sopra tutti quegli de' cristiani .
GAP. LXVI.
Comeju eletto papa Benedetto (Uìdecimo ,
Dopo la morte di papa Bonifazio , il collegio
de' cardinali raunati insieme per eleggere nuovo
papa, come piacque a Dio, in pochi dì furono in
concordia, e chiamarono papa Benedetto unde-
cìmo , a dì aa. d' Ottohre nel detto anno 1 3o3 .
Questi fu di Trevigi di piccola nazione, che quasi
non si trovò parente, e nudrissi in Yinegia
quand' era giovane cherìco, a insegnare a' fan-
ciulli de' signori da ca' Gorino; poi fu frate pre-
dicatore, uomo savio e di santa vita, e per la sua
Jiontà e onesta vita per papa Bonifazio fu '■ fatto
cardinale, e poi papa. Ma vivette in su '1 papato
mesi otto e mezzo; ma in questo piccolo tempo
cominciò assai buone cose, e mostrò gran volere
di pacificare ì cristiani. £ prima fbce accordo
dalla Chiesa al re di Francia, e ricomunicò il detto
, re, e confermò ciò che papa Boni&zio avea fatto.
:vGoo<^Ic
LIBfiO OTTA.VO Il5
e maudò^ a Fireaze frate Niccolò da Prato c^rdi-
uale ostieuse per legato, per pacificare ì Fioren-
tini co'Ioro usciti,come ionauzi faremo, menxione.
GAP. LXVII.
Come il ré Adoardo d' Inghilterra riebbe Gua-
scogna, e sconfisse gli Scotti.
Zd questo anno Adqardo re d' Inghilterra fece
accordo col re Filippo di Francia, e riebbe la Gua-
scogna faccendoneglì omaggio, e ciò assentì lo re
dì Francia, per la tenza eh' avea colla Chiesa per
la presura che fece fare di papa Bonifazio, e per
la guerra de' Fiamminghi, acciocché'! detto re
d' Inghilterra non gli fosse contro . £ in questo
anno medesimo il detto re Adoardo essendo ma*
lato, gli Scotti corsoDo in Inghilterra, per la qual
cosa il re si fece portare in bara, e andò ad uste
sopra gli Scotti, e sconfissegli, e quasi ebbe in
sua signoria tutte le terre di Scozia, se non quelle
de' marosi e d'aspre montagne, ore rifuggirò
i rubetlì Scotti col loro re, il quale area nome
Ruberto di Bosco , di piccolo lignaggio fattosi re.
GAP. LXVIU.
CoroB in Firenze ^be grande novità « battaglia
cittadina, per volere rivedere le fagiani
Nel detto anno iSoS del mese di Febbraio, i
Fiorentini tra loro furono in grande discordia >
:.vGooi^lc '
116 OlOVARHI VILLANI
per cagione che meswr Corso Donati do» gli pa-
rca essere così grande io comune come volea , e
gli pareva essere d^no; e gli altri graodi e po-
polani possenti di sua parte nera , aveano presa
più signoria in comune che a lui non parea ^ e
già preso isdegno con loro , o per superbia, o per
invidia, o per volere essere signore , sì fece dinuo-
To una sua setta accostandosi co' Cavalcanti , che
ì più di loro erano bianchi, dicendo che voleva si
rivedessono le ragioni del comune , di coloro che
aveano avuto gli ufici e la moneta del comune
ad amministrare , e feciono capo dì loro messer
Lottieri vescovo di Firenze , eh' era de' figliuoli
della Tosa del lato bianco,con certi grandi contra
i priori è 1 popolo ; e combattésì laxittà in piij
parti e più di, e armarsi piiì torri e fortezze della
città al modo antico, per gittarsi e saettarsi insie-
me ; e in su la torre, del vescovado si rizzò una
manganella gittando a' suoi contradìì vicini . I
priori s' afforzaro di gente e d' arme di città e di
contado t e difesono francamente il palagio , che
più assalti e battaglie furono loro date j e col po-
polo tennero la casa de' Gfaerardini con grande
seguito dì loro amici di contado, e la casa de'Paz-
zi e quella degli Spini, e'messer Tegghia Fresco-
baldi Col suo lato , e furtuio uno grande- soccorso
al popolo , e morinoe messer Lotteringo de'Ghe-
rardini d* uno quadrello a una battaglia ch'era in
porte sante Marie. Altra casa de' grandi non ten-
ne col popolo, ma chi era cài vescovo e con mes-
ser Corso, e chi non gli amava si stava di mezzo.
Per la quale dissensione e battaglia cittadina^ mol-
to male si commise in città e contado di micidii
:.vGooi^lc
LIBaO OTTAVO Iiy
e d'arilioili e ruberie^iccome in eìtlà sciolta e rot-
ta, sanza-nìuno ordine di sigooria > se non chi
più pot«a far male l' uno all' altro ; ed era la città
tutta piena di sbanditile di forestieri, e contadini,
ciascuna casa colla sua raunata ; ed era la terra
per guastar^ al tutto , se non Tossono i Lucchesi
che vennero a Firenze a richiesta del comune
con grande gente di popolo e cavalieri , a vollono
in mano la questione e la guardia della città ; •
cosi fu loro data per necessità balia generale, sic-
ché sedici dì signoreggiarono liberamente la ter-
ra , mandando il bando da loro parte . £ andan-
do ìl'bando per la città da parte del comune di
Lucca , a molti Fiorentini ne parve male, e gran-
de oltraggio e soperchio, onde uno Pouciardo
de'Pouci di Yacchereccia, diede d' una spada nel
volto al banditore di Lucca quando bandiva, on-
de poi non fecìono più bandire da loro parte, ma
adoperarono si , che alla fine racquetaro il romo-
re , e ciascuna parte feciono disarmare , e misono
in quieto la terra, chiamando nuovi priori di con-
cordia , rimanendo il popolo in suo stato e liber-
tade , sanza far nulla punizione de'm isfatti com-
messi , se non chi ebbe il male s' ebbe il danno.
£ per arrota alla detta pestilenza fìi 1' anno gran
fame , e valse lo staio del grano alla rasa piiì di
soldi ventiseì di soldi cinquantadue il fiorino d'o-
ro in Firenze , e se non che '1 comune e que'che
governavano la città si provviddono dinanzi , e
aveano fiitto venire per mano de' Genovesi di Ci-
cilia e dì Puglia bene ventiaei migliaia di mc^gia
di grano , i cittadini e' contadini non sarebbouo
scampati dì fame : e questo trafBco del grano» fu
;vG0pl^lC
Il8 GIOVANNI TILLARI
coll'altre una delle cagioni di volere rivedere la
ragione del comune , per la molta moneta che vi
corse , e certi , a diritto o a torto , ne furono ca-
lunniati e infamati . £ questa avversità e perico-
lo] della nostra città non fu sanza giudìcio di Dio,
per molti peccati commessi per la superbia e in-
vìdia e avarizia dsi'nostri allora vìventi cittadini,
che allena guidavano la terra, e cosi de'ribelli di
quella come di coloro che la governavano, eh' as-
sai erano peccatori , e non ebbe fine a questo, co»
me innanzi per gli tempi si potrà trovare .
GAP. LXIX.
Come il papa mando in I^renze per legato il
cardinale da Prato per fare pace, e
come se ne partì con onta
e con vergogna .
Nella detta discordia tra' Fiorentini, papa Be-
nedetto con buona intenzione mandò a Firenze il
cardinale da Prato.per legato per pacificare i Fio-
rentini tra loro , e simile co' loro usciti e tutta la
provincia di Toscana, e venne in Firenze a di io
del mese di Marzo 1 3o3,e da'Fiorentini fu ricevuto
a grande onore e con grande reverenza , come
coloro che parea essere partiti e in male stato , e
coloro ch'aveano stato e volontà di ben vivere
amavano la pace e la concordia , ed era converso
per gli altri. Questo messer Niccolò cardinale
della terra di Prato era frate predicatore, molto
savio di Scrittura e di senno naturale, sottile , e
sagace, e avveduto, e grande pratico, e dì pro-
:.vGooi^lc
LIBRO «TTATO II9
genia de'ghibellinì era nato j e mostrossi poi^ ch«
molto gli favorò; con tutto che alla prima mostrò
d' avere buona intenzione e comune . Come fu in
Firenze , in piuvico sermone e predica nella piaz-
za di san Giovanni, mostrò i privilegi della sua
legazione^ed ispuoseil suo intendimento ch'area
per comandamento del papa , di pacificare i Fio-
rentini insieme .. I buoni uomini popolani che
r^geano la terra , parendo loro stare male per le
novità e romori e.lrattaglie, ch'aveano in que'tem-
pi mosse e fatte i grandi contra al popolo per ab-
battere e disfarlo, sì s'accostarono col cardinale
a volere pace, e per rìfonuagione degli opportuni
(x>nsigli , gli diedono piena e libera balìa di &re
pace tra' cittadini d'entro e' loro usciti dì fuori,
e di &re i priori e gonfalonieri e signorie della
terra a sua volontà . E ciò fatto, intese a procedere
e a far fare pace tra' cittadini , e rinnovò l' ordine
de' diciannove gonfalonieri delle compagnie al
modo dell' antico popolo vecchio , e chiamò i
gonfalonieri , e die' loro ì gonfaloni al modo e in-
segne che sono oggi , sanza rastrello della 'nsegna
del re di sopra : per la quale nuova riformagioue
del cardinale, il popolo si riscaldò e rafforzò
molto, e' grandi n' abbassaro, e mai non finaro
di cercare novitadi e opporre al cardinale per
isturbare la p3|ce , perchè i bianchi e' ghibellini
non avessono stato né podere di tornare in Firen-
ze, e per potere godere i beni loro messi in comu-
ne per ribelli , in città e in contado . Per tutto
questo il cardinale non lasciò di {«"ocedere alla
pace , per l' aiuto e favore eh' avea dal popolo, e
fece venire in Firenze dodici sindachi degli usciti,
:.vGooi^Ic
tao aiOVAKM TtLLliri
due pet «esto , uno de' maggiori bianchi e itno
ghibellino, e fecegli albergare nel bor^ di san
Niccolò , e '1 legato albergava ne' palazzi de' Moz-
zi da san Gr^orio, e sovente gli aveva a consiglio
co' caporali guelfi e neri di Firenze, per trovare
ì modi e sicurtà della pace , e ordinare parentadi
tra gli usciti e' grandi d' entro. In questi trattati,
a' possenti guelfi e neri parea a loro guisa , che '1
cardinale sostenesse troppo la parte de' bianchi e
de' ghibellini ; ordinarono sottilmente per scom-
pigliare il trattato, di mandare uua lettera contraf-
fatta col suggello, del cardinale a Bologna e in
Romagna agli amici suoi ghibellini e bianchi, cbe
rimossa ogni cagione e indugio, dovessono venire
a Firenze con gente d'arme a cavallo e a pie in
suo aiuto; e chi disse pure che fu vero che '1 car-
dinale vi mandò; onde di quella gente venne in-
fino a Trespiano, e di tali in Mugello . Per la qual
venuta in Firenze n' ebbe grande sombuglio e
gelosia, e '1 legato ne fu molto ripreso e infamato:
o avesse colpa o no , se ne disdisse al popolo • Per
questa gelosìa, e ancora per tema eh' ebbono
d'essere offesi i dodici sindachi bianchi e ghibel-
lini, si partirono dì Firenze e andarsene ad Arez-
zo, e la gente che veniva al l^ato, per suo co-
mandamento si tornarono addietro a Bologna e
in Romagna, e racquetarono alquanto la gelosia
-in Firenze . Coloro che guidavano la terra consi-
■gliarono il cardinale per levare sospetto, ch'egli se
n'andasse a Prato, e acconciasse i Pratesi insieme
e simile ì Pistoiesi , e intanto sì piglierebbe modo
in Firenze della generale pace degli usciti ; Il
cardinale non possendo altro, così fece, e in buo-
:vGooi^lc
LIBRO OTTATO 131
A a 1è' o no eh' avesse intenzione, w n' andò a
Prato,e ricbiese i taratesi cbesi rìmettessono in lui,
e che gli voleva pacificare. I caporali di parte nera
e' guelfi di Firenze veggendo le vestigie del car-
dinale, ch'egli favorava molto ì ghibellini e'biau-
chi per rimettergli in Firenze, e vedeano che con
questo il popolo il seguirà , avendo sospetto che
non twnasse a pericolo di parte guelfa , ordina-
rono co' Guazzalotti da Prato^ possente casa e di
parte nera e molto guelfi , di fare cominciare in -
Prato scisma e riotta contra 'I cardinale , e leva-
re romore nella terra : onde il cardinale reggen-
do i Pratesi male disposti, e temendo di sua per-
fiona , sì si parti di Prato , e scomunicò i Pratesi,
e interdisse la terra , e vennesene a Firenze , e
fece bandire oste sopra Prato , e diede perdonan-
za di colpa e di pena chi andasse sopra i Prate*
si , e molti cittadini se n' apparecchiare per an-
' darvi a cavallo e a pie , gente eh' erano in Cede
più ghibellini che guelfi , e andarono ìnfino a
Campi. In questo ordine dell' oste , gente assai sì
raunaro in Firenze di contadini e forestieri, e co-
minciò a crescere il sospetto e gelosia a' guelfi ,
onde molti che alla prima aveano tenuto col car-
dinale, si furono rivolti per gli sdegni che vedea-
no , e i grandi di parte nera , e simile quelli che
piaggiavano col cardinale, si guemirono d' arme
e, di gente, e la città fu tutta scompigliata e per
combattersi insieme. Il legato cardinale veggendo
che non potea fornire suo intendimento di fiire
oste a Prato, e la città di Firenze disposta a bat*
taglia cittadina tra loro, e di quelli eh' aveauo
tenuto con lui, fattici contradii, prese sospetto e
:,Gooi^lc
laa GiovANHi viLLAni
paura, e subitamente si parti di Firenze a dì 4
di Giugno i3o4, dicendo a' Fiorentini: Dappoi-
ché volete essere in guerra e in maladizione , e
non volete udire ne ubbidire il messo del vicario
di Dio, né avere riposo né pace tra voi, rima-
nete colla maladizione di Dio e con quella di
santa C^'e^a, scomunicando i cittadini ^ e lascian-
do interdetta la cìttade, onde sì tenne , che per
quella maladizione, giusta ingiusta,non fosse
sentenzia e gran pericolo della nostra cìttade ,
per le avversità e pericoli che le avvennero poco
appresso, come innanzi faremo menzione .
GAP. LXX.
Come Cadde il ponte alla Carraia, e morivvi
molta gente .
In questo medesimo tempo che '1 cardinale da
Prato era in Firenze, ed era in amore del popolo
e de' cittadini, sperando che mettesse buona pace
tra loro, per lo calen di Maggio i3o4, come al
buono tempo passato del tranquillo e buono stato
di Firenze, s' usavano le compagnie e le brigate
di sollazzi per la cìttade, per fare all^ezza e
festa, si rinnovarono e fecionsene in piiì parti
della città , a gara 1' una contrada dell* altra, cia-
scuno chi meglio sapea e potea. Infra l'altre, come
per antico aveano per costume quegli di borgo san
Friano di fare più nuovi e diversi giuochi, sì man-
darono un bando, che chiunque volesse sapere
novelle dell' altro mondo, dovesse essere il dì di
calen di Maggio in su '1 ponte alla Carraia , e
:.vGoo<^lc
Ì.ISRO OTTAVO .133
d' intorno all' Amo; e ordinarono in Arno sopra
barche e navicelle palchi, e fecìonvi la simiglian-
za e figura dello 'nferno con fuochi e altre pene e
martorii, con uomini contrafiàtti a deniooia orri-
bili a vedere, e altri ì quali aveano figure d'ani-
me ignude, che pareano persone, e mettevangU
in quegli diversi tormenti con grandissime grida,
e strida, e tempesta, la quale parea odiosa e spa-
ventevole a udire e a vedere; e per lo nuovo giuoco
vi trassono a vedere molti cittadini, e '1 ponte
alla Carraia il quale era allora di legname da pila
a pila, si caricò sì di gente che rovinò in più
parti, e cadde colla gente che v' era suso, onde
molte genti vi morirono e annegarono, e molti
se ne guastarono le persone, sicché il giuoco da
befiTe avvenne col vero, e com' era ito il bando ,
molti per morte n'andarono a sapere novelle
dell' altro mondo , con grande pianto e dolore a
tutta la cittade , che ciascuno vi credea avere
perduto il figliuolo o'I fratello; e fu questo se-
gno del futuro danno, che in corto tempo dovea
venire alla nostra cittade per lo soperchio delle
peccata de' cittadini, siccome appresso faremo
menzione .
GAP. LXXI.
Comejìi messo Jiioco in latenze, e arsene
una buona parte della cittade.
Partitoil cardinale da Pratodi Firenze per lo mo-
dochedett» avemoaddietro, lacittàrimaseinma*
le stato ein grande scompiglio, che la setta che te-
iiea col cardinale , 'onde erano caporali i GavaU
;vGooi^Ic
'Ia4 GIOTADMl Tltt&Nl
canti e' Gherardini , Pulci e' Cerchi biaDckì del
Garbo , eh' erano mercatanti di papa Benedetto,
con seguito di più .case di popolo ^ per tema
eh' e' grandi non rompessono il popolo se avesso-
~ no la signoria, e ciò furono (kUe maggiori case e
famiglie de' popolani di Firenze, come erano Ma-
galotti, e Mancini, Peruzzi, Antellesi , e Baron-
celli, e Acciaiuoli, e Alberti , Strozzi, Ricci, e Al-
J)ìzzi, e più altri, ed erano molto guerniti dì fanti
e di gente d'arme. I contradii di parte nera erano
i principali, messer Bosso della Tosa col suo lato
de' neri , messer Pazzino de'Pazzi con tutti i saoi,
la parte degli Adimari che si chiamano i Gavic-
cìuoli, e messer G^i Spini e'suoi consorti, e mes-
ser Betto Bruoelleschi ; messer Corso Donati sì
stava di mezzo, perch' era infermo di gotte, e per
lo sdegno preso con questi capM^li dì parte ne-
ra ; e quasi tutti gli altri grandi si stavano di
raeszo, e' popolani, salvo i Medici e'Gìugni, ch'ai
tutto erano co' neri . E cominciossi la battaglia
tra' Cerchi bianchì . e' Giugni alle loro case del
Garbo, e combattevisi di di e di notte. Alla fine
si difesono i Cerchi coli' aiuto de' Cavalcanti e
Antellesi, e crebbe tanto la forza, de' Gavalcand
e Gherardini, che co' loro seguaci corsone la ter-
ra iufinoin Mercato vecchio, e da Orto san Mi-
chele ìnfino alla piazza di san Giovanni sanza
contasto o riparo niuno, perocché a loro crescea
forza di città e dì contado ; perchè la più gente
dì popolo gli seguivano , e' ghibellioi s' accosta-
vano a loro ; e venieno in loro soccch-so que' da
Volognano con loro amici con più di mille fanti,
e'già erano in Bisarnoje di ce^ in quellogiomo
:.vGoo<^Ic
LIBRO OTTAVO 1 a5
eglino avrelJMDO vinta la terra, e cacciatone i so*
praddetti caporali di parte nera e guelfa , i quali
avràno per loro aimici, perchè si disse eh' avea-
no fatto tagliare la testa a messer Setto Ghcrar-
dini, e a Masino Cavalcanti, e agli altri, come
addietro facemmo menzione. £ com' erano in sij
fiorire e vincere in piiì pj^ti della terra ove si
combatteva i loro nìmìci, avveAne, come piacque
a Dio , o per fuggire maggior male, o permise per
pulire i peccati, de'Fiorentini, che uno ser Neri
Abati, cherico e priore di san Piero Scheraggio,
uomo mondano e dissoluto, e ribello e nimico
de' suoi consorti, con fuoco temperato^ in prima
mise fuoco in casa i suoi consorti in Orto san Mi-
chele, e poi m Calimala fiorentina in casa i Ga-
ponsacchi presso alla bocca dì Mercato vec-'
cbio. E fu sì (37) empito e furioso il maladettd
fuoco col conforto del ventò a tramontana cba
traeva forte, che in quello giorno arse le case de-
gli Abati e de' Macci, e tutta la loggia d' Orto
san Michele, e casa gli Amieri, e Toschi, e Ci-
prìani, e Lamberti, e Bachini, e Buiamonti, è
tutta Galimala, e le case de' Cavalcanti^ e' tutto
intorno a Mercato niioyo e santa Cecilia, e tutta
la ruga di porte sante Marie infino al punte ' Tec>
chio, e Vacchereccia, e dietro a san Piero Sche-
raggio, e le case de' Gherardini, e de' Pulci, e
Àmideì, e Lucardesì, e dì tutte le vicinanze ,dei
luoghi nomati quasi inQno ad Arno, e insomma
arse tutto il midollo e tuorlo e cari luoghi della
città di Firenze, e furono ia quantità, tra palagi
e torri e case, piiì di millesettecenEo. li danno
d' arnesi, tesaurì^ e mercatuizie ùi infinito , pe-
;vGooi^lc
130 GIOVANNI VILLANI
rocche in que' luoghi era quasi tutta la merca-
tanzia e cose care di Firenze, e quella che non
ardea^ inombrandosi^ era rubata da' malandrini,
combattendosi tuttora la città in più partii onde
molte compagnie e schiatte e ^miglia furono di-
aerte, e venuono in povertade per la detta arsio-
ne e ruberìa. Questa pìstolenza avvenne alla no-
stra città di Firenze a dì IO di Giugno, gli anni
di Cristo i3o4, 6 per questa cagione ì Cavalcanti,
i quali erano delle più possenti case e di geiiti,e di
possessioni, e d' avere di Firenze, e'Gherardini
grandissimi in Contado, ì quali erano esporali di
quella setta, essendo le loro case .e de' loro vìcioì
e seguaci arse, perdero il vigore e lo stato, e furo-
no cacciati di Firenze come rubelli, e' loro nemi-
ci racquistarono lo stato, e furono signori della
terra. E allora si credette bene che ì grandi rom-
pessono gli ordini della giustizia del pt^Lo , e
arrebbonlo fatto, se non che per le loro sette era-
no partiti e in discordia insieme, e ciascuna parte
s'abbracciò col popolo per non perdere stato. Con-
viene apcora lasciare alquanto a raccontare del-
l' altre novitadi che in questi tempi furono in
più parti, perchè ancora uè cresce materia del-
l' avversa fortuna! della nòstra città di Fu'enze.
GAP. LXXII.
Come i bianchi e' ghibellini vennero alle
porte di JFìrenze e andarne in
isconfitta.
, Tornato. il cardinale daRratò al papa chlera a
Perugia colla <iDrte, sì si; dolse JDolto di coloro'
:.vGooi^Ic
Ll&aO OTTAVO la^ .
che reggeano la città di Firenze, e molto gli
abbominò dinanzi al papa e al collegio de' car-
dinali di più crimini e difetti, mostrandoli pec-
catori uomini, e nimici di Dìo e di santa Chiesa,
e raccontando il disonore e tradimento eh' arca-
no latto a santa Chiesa, Tolendogli porre io buono
stato e pacifico ; per la qual cosa il papa e' suoi
cardinali si turbarono forte contra ì Fiorentini ,
e per consiglio del detto cardinale da Prato, fece
il papa citare dodici de'ma^iori caporali di parte
guelfa e nera che fossono in Firenze, i quali guida-
vano tutto lo stato della cittade, i nomi de'quali fu-
rono questi : messer Corso Donati , messer Rosso
della Tosa, messer Pazzino de'Pazzi, messer Gerì
Spini , messer Betto Brunelleschi, che dovessooo
. venire dinanzi a lui sotto pena dì scomunicazione
e privazione di loro beni; i quali obbedienti incon^
tauente v'andarono con grande compagnia dì loro
amici e familiari molto onorevolemente , e furono
piùdi centocinquanta a cavallo, per iscusarsì al pa-
pa dì quello che'l cardinale da Prato avea loro mes-
so addosso. E in questa richeata e cìtazìonedi tanti
caporali di Firenze, il cardinale da Prato sagace-
mente si pensò uno grande tradimento contro
a' Fiorentini, che incontanente scrisse per sue
lettere a Pisa, e a Bologna, e in Romagna, ad
Arezzo, a Pistoia, e a tutti i caporali di parte ghi-
bellina, e bianca in Toscana e di Romagna, che
si dovessono congr^are con tutte le loro forze e
degli amici a pie e a cavallo, e in uno dì:nomato
venire con armata mano alla città di Firenze , e
prendere la teira, e cacciarne ì neri e coloro
ch'erano stati contro a lui, e che ciò era di «o-
;vGooi^Ic
laS GIOVANNI VILLANI
scienza e Tolontà del papa ( la qual cosa era
grande bugia e falsità, che il papa di ciò non
seppe niente ) confortando ciascuno che venissono
securameate, perchè la città era fiebole e aperta
da più parti, e che per sua industria n'avea tratti,
e fatti citare a corte tutti i caporali di parte nera,
e dentro avea gran parte che risponderebbono loro,
e darebbono la terra, e che facessono loro ragunata
e venuta segreta, e tosto. Iquali avute queste lette-
re furono molto allegri, e confortandosi del favore
del papa , ciascuno a suo podere si guemì, e mos-
se a venire verso Firenze alla giornata ordinata .
E prima due dì per la grande volontade, i Pisani
colle loro masnade e eoo tutti ì Fiorentini rimasi
in Fisa in quantità di quattrocento uomini a ca-
vallo , onde fu capitano il conte Fazio , vennero
infino al castello di Marti : tutta l' altra ragunata
de' bianchì e ghibellini vennero verso Firenze per
modo sì segreto, che furono alla Lastra sopra Mon-
tughi in quantità di milleseicento cavalieri e di
novemila pedoni , innanzi che in Firenze si cre-
desse per la più gente, perocch'elli non lasciavano
venire a Firenze niuno messo che ciò annunzias''
£e ; e se fossono scesi alla città il dì dinanzi, sanza
dubbio aveano la trara, perocché non v'avea nulla
provvedenza , ne gueruigione d' arme né difesa .
Ma elli s'arrestarono la notte ad albergo alla
Lastra e a Trespiano ìnfìuo a Fontebaona, per at-
tendere messerTolosato degli Uberti capitano di
Pistoia , 11 quale facea la via a traverso dell'Alpe
cop treoento cavalieri pistoiesi e soldati^,^e con
molti a piede ; e veggendo che la mattina non
v«nia., gli usciti di Firaùze si vollono studiare di
:.vGooi^Ic
LIBRO OTTATO lag
Tenire alla tara ^ credendola^i avere sanza colpo
di spada, e così feciono, lasciando i Bolognesi alla
Lastra , che per loro viltà, o forse perchè a' guelfi
ch'erano tra loro non piacea la 'mpresa : vegnendo
r altra gente , entraro nel borgo di san Gallo
sanza nullo contasto , che allM'a non erano alla
città le cerchie delle mura nuove, né ì fossi , e le
vecchie mura erano schiuse e rotte in più parti .
£ entrati dentro a' borghi ruppono uno serraglio
di legname con porta htXa nel boi^o , il quale fu
abbandonato da' nostri e non difeso , del quale gli
Aretini trassono il chiavistello della detta porta ,
e per dispetto de'Fiorentini il portarono ad Arez-
zo, e puosonlo nella loro chiesa maggiore di santo
Donato. £ venuti ì detti nemici giù per le boi^ora
verso la cittade , si schieraro in su '1 Cafaggio di
costa a' Servi, e furono più di dodici centinaia di
cavalieri e popolo grandissimo, per molti contadi-
ni seguitigli, e di que'd' entro ghibellini e bianchi
usciti a loro aiuto; la quale fu per loro mala capita-
neria,come diremo appresso,che si puosono in luo-
go sanza acqua; che se si fossono schierati in su la
piazza di santa Croce , aveano il fiume e l'acqua
per loro e per gli cavalli , e (38) la Città rossa
d' intorno fo<M-i delle mura vecchie , eh' era tutta
accasata da starvi al sicuro ogni grande oste , ma
a cui Iddìo vuole male gli toglie il senno e l'ac-
corgimento . Come la sera dinanzi si seppe la no-
vel^ , in Firenze ebbe grande tremore e sospetto
di tradimento , e tutta la notte si guardò la terra;
ma per lo sospetto chi andava qua, e olii là, sanza
ordine ninno, ìsgombrando ciascuno le sue case .
£ dì vexo si disse, che delle maggiori e migliori
;vGooi^lc
l3o GIOVANNI TILLA.ni
case di Firenze di grandi^ de'popolani^ guelfi aep^
poQO il detto trattato, e promesso arcano di dare
la terra; ma sentendo la gran forza de' ghibellini
di Toscana e nimici del nostro comune, i quali
erano venuti co' nostri usciti, temettono forte di
loro medesimi, e d' esserne poi cacciati e rubati,
si rimossono proposito, e iutesono alla difensa eoa
gli altri insieme. Certi de' nostri caporali usciti
con parte della gente, si partirono di Gafàggio
dalla schiera, e vennero alla porta degli Spadarì,
e quella combattero e Tinsono,e entraro delle loro
insegne e di loro infino presso alla piazza di san
Giovanni; e se la schiera grossa eh' era in Gafag-,
gio fosse venuta appresso verso la terra, e assa-
lita alcuna altra porta,di certo non aveano riparo.
Nella piazza di san Giovanni erano raunati tutti
i valenti uomini e' guelfi che intendeano alla di-
fensione della città, non però grande quantità
( forse duecento cavalieri e cinquecento pedoni )
e con forza delle balestra grosse ripinsono i nimici
iìiori della porta , e con danno d' alquanti presi e
morti. La dovella andò alla Lastra a' Bolognesi
per loro spie, e rapportarono che ì loro «^no
rotti e sconfitti, incontanente, sanza saperne il
certo, che non era però vero, si misero in via, chi
meglio pbteo fuggire; e scontrsindc^li messer Tolo-
sato con sua gente in Mugello, che venia e sapea
il vero, gli volle ritenere e rimenare indietro:
non ebbe luogo né per prieghi né per minacce .
Quegli della loro schiera grossa delGaffi^io,avuta
la novella dalla Lastra , come ì Bolognesi s'erano .
partiti in rotta, come piacque a Dio, incontanente
impaurirò, e per lo disagio di stare iofino dopo
:.vGooi^Ic
LIBfiO OTTAVO l3l
nona a schiera alla fersa del sole, e gran caldo
ch'era^ e non aveano acqua a sofficienza per loro
e per loro cavalli, cominciarono a partirsi e an-
dare via in fuga, gittando l' armi sanza assalto
o caccia di cittadini, che quasi e' non uscirono
loro dietro, se non certi masnadieri di volontà ;
onde molti de' nimici ne morirono per ferri e
per trafelare, e rubati l' arme e' cavalli, e certi
presi furono impiccati nella piazza di san Gallo,
e per la via in su gli alberi . Ma dì certo si disse,
cbe con tutta la partita de' Bolognesi, se tossono '
stati fermi insino alla venuta di messer Tolosato,
che '1 poteano sicuramente fare per Io piccolo
podere de'cavalieri difenditori ch'avea in Firenze,
ancora avrebbono vinta la terra. Ma parve opera
e volontà di I>io, che fossono (39) ammaliati,
perchè la nostra città di Firenze non fosse al tutto
diserta, rubata, e guasta. Questa non preveduta
vittoria e scampamento della città di Firenze,fu il
di di santa Margherita a di no del mese di Luglio,
gli anni di Cristo 1 3o4. À.vemo fatta à stesa me-
moria , perchè a ciò fummo presenti , e per lo
grande rischio e pericolo di che Dio scampò la
città di Firenze , e perchè i nostri discendenti ne
prendano esemplo e guardia .
CAP. LXXin.
Come gli Aretini ripresono il Castello dì La-
ferino che 'l teneano i Fiorentini.
Nel detto anno 1 3o4 a dì aS del mese di Luglio,
essendo la città di Firenze in tante awersitadi e
;vGooi^Ic
l33 GIOT&HIII TILLIRI
fortune , gli Aretini con gli Ubertini e' Pazzi di
Valdarno vennero con tutto loro podere di gente
d' arme a cavallo e a piede al castello di Lata>i-
no , il quale teneaoo ì Fiorentini, e aveano tenu-
to lungo tempo per forza, e quello coli' aiuto dei
terrazzani fu loro dato ; e la rocca la quale avea-
DO fatta fare i Fio^entiDÌ,^ e 1' aveano in guardia
inesser Gualterotto de' Bardi, perch' era venuto a
Firenze per le novitadi che v* erano state , con-
venne s'arrendesse pochi di appresso, perocch'era
rimasa mal fornita , e per le novità di Firenze
non aspettavano soccorso. E alcuno disse che gli
Ubertini suoi parenti il ne tradiro e ingannaro , «
chi disse che lo 'ogannofu fatto al comune . Della
quale perdita del castello spiacque molto a' Fio-
rentini, perocch' era molto forte, e in una contra-
da che tenea molto a freno gli Aretini.
CAP. LXXIV.
ancora di novitadi che furono in Mrenze
ne' detti tempi.
Nel detto anno a dì 5 d' Agosto, essendo preso
nel palagio del comune di Firenze Talano di raes^
ser Boccaccio Gavicciuli degli Adìmari per mali-
ficio commesso , onde dovea esaere condannato, ì
suoi consorti, tornando la podestade con sua £t-
miglia da casa i priori, l' assalirò con arme e fe-
dirono malamente, e di sua famiglia* furono morti
e fediti assai ; e' detti Gavicciuli entrarono in pa-
lagio, e per forza ne trassono il detto Talano
«anza cootasto niuno, e di questo malifìcio non
;vGooi^Ic
LIBRO OTTAVO j33
fu giustizia DÒ punizione niuna ; in si corrotto
stato era allora la città di Firenze . £ la podestà
eh' aTca nome messer Giliolo Puntagli da Parma,
per isdegno si partio,e tornossi a casa sua colla det-
ta vergogna, e la città rimase sanza rettore; ma per
necessità i Fiorentini feciono in luogo di podestà
dodici cittadini , due per sesto, uno grande e uno
popolano, i quali si chiamarono le dodici podesta-
di, e ressouo la cittade iu6no a tanto che venne la
nuova podestade .
GAP. LXXV.
Come i fiorentini feciono oste e presono il ca-
stello delle Stinche e Montecalvi che 'l
teneano i bianchi .
Mei detto anno e mese d'Agosto,es5endo la città
di Firenze retta per le dodici podestadi, ordinaro-
no oste per perseg uitare i bianchi e' ghibellini, i
quali aveano ribellate più f<Htezze e castella nel
contado di Firenze, e intra gli altri era rubellato il
castello delle Stìnche in Yaldìgrieve a petizione
de'Gavalcaotijal quale andò la detta oste,e puoser-
vi l'assedio e combatterlo, e per patti s' arrenderò
pregìoni , e '1 castello fu disfatto , e' pregionì ne
furono menati in Firenze , e messi nella nuova
pregione fatta per lo comune in su '1 teireno degli
Uherti dì costa a san Simone , e per lo nome dì
que' pregìoni venuti dalle Stinche, che furono i
primi che vi fiirono messi , la detta pr^ione ebbe
nome le Stinche . E disfatto il castello , e partita
la detta oste , ne vennero in Valdipesa e assediaro
:vG0p<^Ic
l34 GIOVANNI TlttARI
Hontecalrifil quale aTeano rubellato i CaTalcantif
Q quello asKdiato e combattuto , s' arrenderono
salve le persone ; ma uscendone uno figliuolo di
tnesser Banco Cavalcanti , per uno de' figliuoli
della Tosa fu morto, ond'ebbono grande biasimo,
per la sicurtà data per lo comune , e nulla giu-
stizia per lo comune ne fìi . Lasceremo alquanto
delle nostre avverse novità dì Firenze , e ^emo
incidenza, torqando alquanto di tempo addietro
per raccontare la fine della guerra dal re di Fran-
cia a' Fiamminghi , la qtKtle lasciammo addietro.
GAP. LXXVI.
Incidenza; tornando alquanto addietro, a
> raccoTttare delle storie
de' Fìarnminghi.
N^li anni di Cristo i3o3 , i Fiamminghi con
l(H*o oste grandisùma corsono il paese d' Artese
accendo grande dammaggio, e araono il borgo
d'Arches fuori di santo Mieri, e puosonsi a campo
nel bosco di là dal fiume della Liscia. I France-
schi ch'erano in santo Mieri più di quattromila
uomini a cavallo e gente a piede assai ccd mali-
scalco di Francia, saviamente ingannarono i Fiam-
minghi, che parte di loro al di lungi dell' oste si
misoDO in (40) guato una notte, e l' altra caval-
lerìa e gmts de' Franceschi assalirono i Fiam-
minghi dalla parte del borgo d'Arches. I Fiam-
nànghi vigorosamente tutti si misono alla 'ncon-
tra de' Franceschi, e cominciarono la zufia ; gli
ahri Franceschi ch'erano nelF aguato uscirono
:.vGooi^lc
LIBRO OTTAVO l35
al dì dietro sopra ì FianuniDghì, i quali T^;eii->
dosi im[HtiVTÌ80 assalire, si misono io ìsconfitta,
e rìmaSMine morti più di tremila, gli altri si fug-
girono al poggio di Cassella. In questo medesimo
anno e teiqpo il buono ineaser Guido di Fiandra,
il qtiale per retaggio della madre cusara ragicme
sopra la contea d' Olanda e d' Inlanda , la quale
tenea il conte d' Ànaldo suo cugino , prima col-
r aiuto e forza de' Fiamminghi corse parte della
contea d'Analdo, e poi con grande oste e navilio
passò in Isilanda, e prese la terra di Middelboi^o,
e quasi tutto il paese e quelle isole d' intomo ,
salvo la terra di Siligea^ la quale era molto forte
e bene guernita. In questo anno venne di Puglia
in Fiandra messer Filippo Ggliuolo del conte Gui-
do di Fiandra, e lasciò e rifiutò al re Carlo di Pu-
glia il contado di Tieti^ di l4anciano , e della
Guardia in Abruzzi, il quale egli tenea in fio dal
re e per dote della mi^lie , per soccorrere il pa-
dre e' fratelli e il suo paese di Fiandra , e amò
-meglio d' essere povero cavaliere sanza terra, per
aiutare e aoccorrere la sua patria e avere onore ,
che rimanere in Paglia ricco signore. Incontanen-
te che fu in Fiandra, da' Fiamminghi fu fatto si-
gnore e capitano di guerra, il quale usò in Italia
e in Toscana e in Cicilia alle nostre guerre ; fu
molto sollecito e franco, perocché alquanto era di
testa, e coli' oste de'Fiamminghi andò sopra san-
to Mieri , e corse e distrusse gran parte del paese
infino alla marina ; e poi assediò la guasta terra
dell'antica città di Ternana in Àrtese, perocch'ere
■anta mura , por cinta di fosse, e dentro v'erano
in guardia duecento cavalieri lombardi , e mille-
;vGooi^Ic
i36 GIOTiRKl TlLLini
cioqueoento pedoni toscani e lombardi e roma'
gnuoli con bnce langhe e tutti bene armati alla
nostra guisa , onde i paesani di là si maraviglia-
Tano moltoj e di loro aveano grande spavento; i
quali avea &tti venire di Lombardia messer Mu-
sciatto Franzesi e messer Alberto Scotti di Pia-
cenza , la quale era una buona masnada e valen-
te , e d' onde i Fiamminghi più temeano. £ ere-
dend<^li i Fiamminghi avere presi in Ternana f
perocché per moltìtndioe di loro , eh' erano più
di cinqiiantamìla , aveano presa per forza la por-
ta , e valico il fosso , ì Lombardi e' Toscani ac-
cendo serrigli e sbarre nella ruga della terra , ri-
t^pnendo e combattendo co' Fiamminghi , sì gli
resistettono tutto il giorno ; ma crescendo la po-
tenza de' Fiamminghi , per la moltitudine loro
compresoDo tutta la terra d' intorno^ salvo dalla
parte del fiume y e credendosi avere circondati e
presi tutti i Lombardi sanza riparo ; ma i Lom-
bardi e' Toscani , come savi e maestri dì guerra y
fecìono uno bello e subito argomento al loro scam-
po, e a ingannare i Fiamminghi : ciò fu, eh' egli-
no (41) stiparono due case 1' una incontro all' al-
tra i le quali erano in capo del ponte del fiume
della Liscia che correa dì costa alla terra, e ve-
gnendo ritegnendo U battaglia manesca co'Fiàm-
minghi , lasciandosi perdere di serraglio ìn'serra-
glio al loro scampo e ritratta , come furono pres-
so al ponte misono fuoco nelle dette case stipate,
e valicarono il ponte sani e salvi , e di là dal fiu-
me stavano schierati sonando \aco (4^) stromenti,
e (43) faccende schemie de'Fiamminghi,e saettan-
. 4e Iotoj e poi ricolti tutti, se n'andarono alla ter-
:.vGoo<^lc
IIBRO OTTAVO Ì3y
ra à* Aria in Artfse , e poi alla città di Tornai .
I Fiamminghi , per la forza del gran fuoco non
ebbono podere dì acuìrgli , onde rimascmo eoa
onta o vergogna scornati dello inganno de' Lom-
bardi, e per cmccio misono fuoco, e arsero e gna-
starono tutta la città dì Ternana; e poi sanza sog-
giorno 86 n'andarono per Àrteae guastando il pae^
se,epuosoo8Ìadostealla forteerìcca città di Tomai
qoasi intorno intorno con loro grande esercito , e
crescendo loro oste. Ma la città era ben guemìta
di buona cavalleria e delle masnade de' Lombar-
di e Toscani, che poco o niente gli curavano ; ma
di continuo le dette masnade uscivano fuori della
terra , e assalivano l' oste de' Fiamminghi di di e
di notte , dando loro molto afl&nno e sollecitudi-
ne ^ e fàccendo (44) romìre la grandissima oste; e
come erano cacciati da' Fiamminghi , si riducea-
no in su'fossi dì fuori sotto la guardia delle torri
della città e de' loro balestrieri ordinati io su le
mura ; e nulla altra gente facea guerra a' Fiam*
mìnghi , e di cui più temessono ; e per questo
modo sovente gabbavano i Fiamminghi. In «que-
sta stanza dell' assedio di Tomai ^ lo re di Fran-
cia molto straccato di spendio , per trattato del
conte di Savoia si presono triegue per uno anno
da lui a' Fiamminghi , e levossi 1' assedio di Tor-
nai ; e '1 conte Guido di Fiandra fii lasciato di
pilone sotto sicurtà di saramento e di stadicbi,
e di ritornare in pregìone infra certo tempo ; e
andò così vecchio com' era in Fiandra con gran-
de allegrezza per vedere suo paese libera dalla sir
gooria de' Francescfai , e fare festa. a' suoi discenr
denti e buona gente del paese. E ciò fatto, disse.
;vGooi^Ic
r38 0M)T4|(|(I TILLAHI
che ornili non curava fli morire , quando a Dio
piacesse ; e per lo sarameoto sì tornò io pregio-
ae a ConipigDo , e poco stante si morì , e rendè
r anima a Dio in aggio di più di ottant' anni ,
come ralente e savio uomo , e buono signore ; e
lui morto, il corpo suo fu recato in Fiandra, e sop-
pellito a grande onore.
GAP. LXXVH.
Comejii scoTtfitto e preso in mare messer Guida
di JBìandra colla sua armata , d<UV am-
miraglio del re di Francia.
Fallite le trìegue dal re di Francia a'Fiammin-
ghi l'anno appresso i3o4j lo re di Francia fece
uno grande apparecchiamento di molti baroni per
andare in Fiandra, con più di dodicimila buoni
cavalieri gentili uomini , e con più di cinquanta-
mila pedoni ; e col detto esercito e con grande
fernìmeoto passò in Fiandra . In mare fece sup
ammiraglio messer Rinieri de' Grimaldi di Geno-
va , valente e &anco uomo e bene avventuroso in
guerra di mare , il quale da Genova venne nel
mare di Fiandra con sedici galee bene armate al
soldo del re, po' guerreggiare per terra e per m^re
ì Fiamminghi , per levare l' assedio della terra di
Siligea in Fiandra , alla quale era il buono e
valente messer Guido di Fiandra con più di quin-
dicimila Fiamminghi sauea quelli del paese di
eoa parte. E corseggiarono , e fìitta gran guerra
alle terre marine di Fiandra , e preso molto na-
TÌlio con mercatanzie de'Fiammìnghi per lo detto
;vGooi^lc
LIBSO OTTAVO 189
ammiraglio si andò per soccorrere . Siligea eoa
Tenti navi armate a Galese , e colle dette sedici
{[alee. Messer Guido di Fiandra veggeodolo veni-
re, lasciò fornito in terra all'assedio a Siligea con
diecimila Fiamminghi, e armò ottanta navi , ov-
vero cocche , al modo di quello mare, ibmite con
castella per battaglia, e in ciascuna il meno cento
uomini Fiamminghi e del paese , ed egli in per-
sona con molta buona gente salì in sa la detta
armata e navilio , avendo il d^to messer Rinierì
Grimaldi e'Genovesi per niente, per lo poco
navìle eh' avea a comparazione del suo ; ma non
istimava quello che portavano in mare le galee
de' Genovesi armate . Si s' adontarono insieme ,
e 1' assalto fii grande e forte e furioso del navilio
di messer Guido per gli Fiamminghi , per lo so-
prastare che le sue navi colle castella armate fa-
ceano alle galee dell'ammiraglio. Ma messer
Binieri conoscendo il modo del combattere di
quelle navi , e della marea e ritratta che fa quel
mare per lo fiotto , sì si ritrasse addietro a remi
f»lle sue galee , e lasciò le sue navi per abbando-
nate , le quali erano armate di genti di quella
marina ; onde la maggiore parte furono prese e
isbarattate ,- e credevasì messer Guido e'Fiam-
mìnghi avere vìtttffia de' suoi nemici , e messo
r ammiraglio in lùga . Ma il savio ammiraglio at-
tese colle sue galee tanto che tornò il fiotto colla
piena marea , com' è costume di quello mare , e
la sua gente rinfrescata venne con frate rema della
sue galee come cavalli correnti , e con molti bs'
lestrjeri e moschetti in su ciascuna galea assalendo
e saettando le cocche e navi de'Fiamminglii, onde
:.vGooi^Ic
l4o GIOTl^Niri TILLARI
molti furono fediti « morti . I Fiamminghi non
costumati di sì fatto assalto e battaglia , e non
potendo per forza di vele tornare addietro né ire
innanzi, ìsbigottirono molto. I Genovesi con loro
navilio mescolandosi tra '1 navilio de'Fia'mmin-
ghi , sì si misono quattro galee coli' ammiraglio a
comltattere la grande cocca dello stendale, ov'era
messer Guido di Fiandra co' suoi baroni, e quella
per forza di saettamento e per prestezza di gente
con le spade in mano tagliando da più parti in
su la cocca , quella presono con molti fediti e
morti da ciascuna parte , e messer Guido, tra gli
altri eh' erano rimasi , s' arrendeo protone . £
presa la nave di messer Guido , 1' altre furono
tutte sconfitte e la maggiore parte prese. £ per
abbondante la gente de' Fiamminghi eh' erano
all' assedio a Sìligea furono assediati eglino, e per
difetto di vittuaglia chi fuggi a pericolo di morte,
e chi s' arrendeo pregione ; e messer Gu^do con
molti altri ne fu menato preso in Francia a Pa-
rigi. Questa pericolosa e grande sconfitta ebbono
i Fiamminghi all'uscita del mese d'Agosto gli an-.
ni di Cristo 1 3o4- In questo medesimo tempo cer-
ti di Baiona in Guaso^na con loro navi, le quali
chiamano cocche , passarono per lo stretto di
Sìbilia , e vennero' in questo nostro mare corseg-
giando , e feciono danno assai ; e d' allora innan-
zi i Genovesi e' Viniziani e' Catalani usaro di
navicare con le cocche , e lasciarono il navicare
delle navi grosse per piiì sicuro navicare , e che
sono di meno spesa : e questo fu in queste nostre
marine grande mutazione di navilio.
:.vGooi^lc
XiIBRO' OTTATO »4'
GAP. LXXVIU.
Come io re di lancia sconfisse i FiammingH
a MoHsimpeveri.
Nella detta state innanzi la sopraddetta scon-
fitta di messer Gaido di Fiandra , ì Fiamminghi
sentendo la venata che'l re dì Francia facea sopra
loro, feciono grande apparecchiamento d'o8te,e fu-
rono più di sessantamila, e con loro signori e capi-
tani messer Filippo di Fiandra, e messer Gianni
conte di Namurro , e messer Arrigo suo fratello, e
messerGuiglielmo di Giulieri, con gli altri baroni
di Fiandra, e di Namurro, e d'ÀIaraagoa, e altri lo-
ro amici vennero con loro os^aLilla e alla frontie-
ra, per contradiare al re e a sua gente Ventrata in
Fiandra. La gente del re vegnendo dalla parte dì
Tornai, feciono una grande (45)punga al passo del
ponte Agandino in su la Liscia per passare il fiu-
me , , e fuwi morto il valente cavaliere iDisser
Gianni Buttafoco di que'di Gianville eoo più altri
cavalieri franceschi , ma alla fine i Franceschi fu-
rono vincitori del pa^o, e valicò il re con tutta sua
oste, e accampossi tra Lilla e Dos^io nella vallo
del luogo detto Monsìmpeveri . I signori di Fian-
dra con loro oste scesoQo di Monsìmpeveri ove
erano accampati, e, stesono loro alberghi e tende,
e accamparsi nella piaggia saoza dirizzare ten-
de o trabacche , con inteaziooe di venire alla
batU^lia incontanente , per le novelle eh' aveano
già della sconfitta d'Isilanda di messer Guido; e
puoaoQsi alla riucontra del re di Francia « di sua
;vGooi^Ic
1^3 GlOTAtfNI TILLAKl
oste^escesono tuttiapiè, chìarea cavallo, appa-
recchiati di combattere; e aveano tanto carr^gio,
che di loro carri per loro fortezza e sicurtade si
chiusoDO intorno intomo tutta loro oste , che gi^
rava più di tre miglia , e lasciarono al campo
cincjue uscite . Ma intanto feciono mala capita-
nerìa di guerra , che quando stesono i loro padi<
gliuii e trahacche lerandoai dal pog^o di Mon-
•impereri , (46) tutto torciarono e caricarono
co' loro arnesi e vittuaglia in su le 1(h*o carra , e
quasi eglino medesimi s'assediarono e asseccaroDo;
onde ì Franceschi assalendogli al continuo in
quella giornata Con quattordici battaglie, ciò sono
schiere, eh' aveano fatte di loro cavalleria, che
di ciascuna era capitano e guidatore uno de' mag-
giori signori di Francia, tegnendogli a badalucchi
e aggirandc^li d' intomo con loro schiere ordi-
nate, sonando trombe e nacchere al continuo ,
molto gli affannavano; e eglino rinchiusi nel (47)
carrioOjpoco si poteano aiutare e offendere i Fran-
ceschii E oltrea questo, faccendo i Franceschi Ve-
nire i loro pedoni, e sperimento i bidali , cid
«ono Navarrea, Guasconi, e Proenzali, e eoo al-"
tri di Linguadoca, leggieri d' arme , eoa balestra
e con loro- dardi e giavellotti (4^^) a fusone, e con
pietre pugnerecce conCe a scarpelli a Tramai , on-
de il re avea (atti venire in su più carra , -assalirò
il carreggio de' Fiamminghi, e in più parti lo *n->
torniaro erubaro, e istando' in su'carri de' Fiam-
minghi saettando e gittando pietre, e dardialle
schiere , onde molto forte affiiggeano il popolo di
Fiandra ; e massimamente perchè '1 tempo era
£aldissiato , e il forahHmto di bere e di mangiai
;vGooi^Ic
LIERO OTT4TO l43
re de' Fiamminglii ( che poco possooo stare di-
giuni ) era loro malagevole , e non ordinato da'
potere avere , perocch' era in su' carri^ onde mol-
to furono confusi . E stando in questo tormenta
iofino presso al vespro , non potendo più durare^
quasi come disperati di salute , alquanti di loro
co' loro signcffi e capitani ordinarono d' uscire
della bastita de' carri , e assalire l' oste de' Frao^
ceschi ; e il buono messer Guiglielmo di Gtulìeri
con certi eletti di Bri^gia e del Franco di Brug-
già fu una schiera , e messer Filippo dì Fiandra
con certi di qu^li di Canto e del paese un'altra
schiera , e messer Gianni conte di Namurro con
certi di quegli d'Ipro e della marina furono un'al-
tra schiera. È subitamente, non preudendosi guar-
dia di ciò i Franceschi , uscirono a uno segno e
grido del loro campo da tre parti, con grande iii-
ria e romore assalendo i Franceschi; e fu sì gran-
de e fòrte 1' assalto de' Fiamminghi , che messer
Carlo di Valos , e '1 conte di san Polo , e più àU
tre schiere furono rotte , e mìsonsi in volta . Il
buono messer Guiglielmo di Giulierì con que'dì
Bruggia e del Franco , se n' andarono diritto alle
logge e padiglione del re di Francia con à gran
furia, uccidendo chiunque si parava loro innanzi,
sicché non ebbono quasi nullo contrasto ; sì turono
al padiglione del re, trovando gli'arro^ e la vi-
vanda della cena de' Franceschi a fuoco, e quelle
tutte rubaro e mangiarono, e andando cercando
la persona- del re , il trovarono isprorveduto e
quasi disarmato, apife, che indosso non aveaar->
me , se non une (49) ghiazzeriDO ; e perchè noi
tfovarono ooU' armi rt»li indosso , noi conobbe-'
;vGooi^Ic
l44 GIOTAHKI tlI.LlHI
no, che di certo morto lo avrebbonOj che n'avea-
no U podere, e aTrebbono finita la loro gaerra ,
se Iddio r avesse assentito ; e pure così scono-
sciuto , ebbe lo re troppo a fare a montare a ca-
vallo , e furongli morti a'piè parecchi grandi bor-
gesi di Parigi , eh' aveano l' uficio di metterlo a
eavallo. fila come & montato y cominciò a sgri-
dare i saoi e a dare loro conforto , e di suo
corpo fare maraviglie d'arme, come quegli ch'era
forte , e di (5o) fazione 4i corpo il meglio fornito
che nullo cristiano che al suo tempo vivesse ; sic*
che in poca d' ora s' ebbe riscosso da' nemici , e
messigli in volta, e ricoverato il campo. £ messer'
Carlo suo fratello e gli altri baroni che con loro
schiere de' cavalieri foggiano , sentendo che il re
con sua schiera tenea campo , tornaro addietro e
ingrossaro la battaglia del re , e fu si possente ,
che mise in rotta e in isconfitta i Fiamminghi. £
in quella punga rimase morto il buono messer
Guìglielmo di Gitdierì con più cavalieri e baroni
e buoni bargesi eh' erano con lui , ma non aanza
gran danimaggio de' Franceschi , che in quello
assalto morio il conte d' Alzurro, e '1 conte di
Sansurro , e messer Gianni figliuolo del duca dì
Borgogna , e più altri baroni e cavalieri in quan-
tità dì millecinquecento e più , e de' Fiammin-
ghi vi rimasono tnortì più di seimila , e lasciaro-
no tutto il loro carrÌDO e arnese ; e durò l' aspra'
battaglia ìnfino alla notte con torchi accesi. £ di
certo per virtù solo della persona del re , i Fran-
ce«chi vinsono e èhbono vittoria della detta bat-
taglia : e messer Filippo di Fiandra con gran
parte de' Fiamminghi isi fuggirò, e ricoverarono k<
:vGoo<^Ic
LIBKO OTTAVO l45
■otte in liilUj e messer Gianni ài Naiaarro e mes-
ser -Arrigo Aio fratello uggirono la notte a Ii)To,e
rimase lo re co' Franceschi vincitori in su '1 cam-
po. L' altro S. ^presso ordinò xh' e' Franceschi
morti fossoDo soppelliti, e così fu fatte in una
badia la quale è ivi di costa al piano ave fu la
l*atta^ia> e Jece decreto e gridare sotto pena ddl
cuore e d' avere , che a nullo corpo de' Fiammio-
ght fosse data sepoltura» ad esemplo e perpe-
iiiale inemoria . E k> scrittore dò posso testimo-'
Biafe di vero, che a pochi di appresso fui in su '1
<aiilipo dove.fìi la l>attaglia, è vidi tutti ì- corpi
morti e ancora (5i) non ìntamati- E la detta bat-
tagUa fu all' uscita del mese di Settènilire , gli
anni di Cristo i3o4-
CAP. LXXIX.
Come poco appresso la sconfitta di Monsimpe-
veri, i Piamminghi tornarono per com-
- . becere col re di Francia , e ebbono
buona pace.
L' altro dì appresso che '1 re> di Francia ebbe
U, vittoria de'-Fiamminghì, si si partì dì quel-
lo luogo ov« fìi la battaglia, e con -tutta sua
dite si puose all'assedio alla terra di Lilla, 'Ov' era
rinchiuso e rimaao messer Filippo di Fiandra eoa
certa buona gente d'arme per dilènd^re la terra
e quella tutta circondata , sì che nullo ne pot«a
uscire né entrare; e girava l'oste del re più di sei
miglia, e fece rizzare molti d^ii e torri di le-
gname per combattere la terra e'I castello, il-
r. ///. IO
;vGooi^Ic
t^Q eiOT&HNl VlLLàRI
qiule-era molto forte e bello, fattoper lo reali»
prima guerra; e di certo saoza luogif dimoro sì
credea il re avere la villa e '1 castello per forza O'
per fame. In questo stante avvenne grande ma-,
raviglia, e bene da farne nota e |-icordanzà; che
tornato measer Gianni di Namurro à ^ruggia, e
richestt quegli del paese al soccorso di Lillà,
jioQ isbigottiti né spaveatati delle due grandi
sconfitta ricevute così di corto a Silisea in mare
e a Monsìmpeveri^ma Con grande ardire e buonoi
volere tutti qu^li del paese lasciando ogni loro
arte e mestiere a' apparecchiarono di venire
all' oste; e in tre settimane dopo* la^sconfitta, eb-
bono rifatti padiglioni e trabacche, 6' chi non
ebbe panno lino, sì le fece di (5ì) buone bianche
d' Ipro e di Ganto- E raunato di tutto il paese
il carreggio e tutti i fornimenti d'oste, armaroosi
nobilemente, e tutti per campagnie d' arti e di
mestieri, con soprasberghe nuove di fini drappi-
divisata l'una compagnia dall'altra, e furono bene
cinquanta migliaia d'uomini d'ann£,e tutti si giu>
rarono insieme di mai non tornare a loro casa ,
eh' eglino avrebbono buona pace dal re, o di com-
battersi con lui e con sua gente, perocché mèglio
amavano di morire alla batttagUa che vivere id
servaggio^ £ cosi caldi e iiisperatl nev^BnePÒ al
ponte a Guarestona sopra la Liécia presso di
Lilla, e accamparonsi inconb^) all'òate del redi
Francia; e per loro araldi ( ciò sono ■ uomini di
corte ) feciouo richiedere lo re di battaglia. Qnan->
do lo re vide venuto cosi grande esercito di Fiam-'
iniughi io cosi poco di tempo e così disposti a bet-^
jtaglia,si mam vigliò molto,e temette forte, avendo
;vGooi^Ic
; llfiRCk OTTAVO ' > 4?
WSaggiato a Mwiamtpévet-i là loro dU^ersta furia;
if riqhiese suo consiglio de' suoi baroai^ de' quali
oon v'ebbe niuno^si ardito che noo/avesse tet-
m^nza, dicendo, al re: Benché Iddio adesso et
tiesse di loro la vittoria, non sarebbe sansa
grar^e pericolo della nostra gente eoàra baviyi
nia, perocch'essi combatteranno come gen&e di*
sperata . Per la qual cosa il duca di Brabante ,
eh' era venuto conjè .tossano uell' oste del re col
conte di Savoia insieme, s'iutramisono d'accordo
e. pace dal re a' Fisipnndigbì; e com^ piacque à
Dio, e per la tema de' Franceschi,' Li ^ pace fu
fatta e confermata in questo modo: eh' e' Fiam-
4)inght rÌDOarFebbanòibiloro fraòcUigia e libertà
per Iv modo antico e consueto; e ch'ieglìoa' fÌ£b-
yr^bbpiw> i laro' sig^aoc) liberi delie cantere del re
di Fraocia, ciò. era messer Roberto dì Bettiwa
prÌQi(^enito del conte Guido di Fiandra^ « che
^iccedea a essere conte, e raesser Guiglielmo- di
Fiaadra, e messisr Guido dì Namurro suoi fratelli^
e più altri baroui e cavalieri e b(»^qi' fiammin-
giù presi ; e cbe il re Restituirebbe al conte d'Uni*
versa figJiiuolD dèi xletka.piesser i^oberto ,'coute di
Fiaildrc lacuoten ,d'Uaiyeraa -e quella di Ha--
sCréllo, le quali il re' di Francia per la: guerra
gli ay^a jt^iUe e levate ■ B' altra parte iFiammiu-
ghi per. patti della pace e ammenda id re, lascia'^
Vano-a queto'tabta'la.pacte di Fiandra <^1 fiume
dellaXlsoa verso Francia che parlano Piccardo,
cioè Lilla, 'Doai^e Orci, e Bettona.j cop . più vii*
late; e oltre a .ciò pagare al re in certi'! termini
libbtè duecentomila rdiÌKioai parigióL. £ cosi fu
gitorata e plvine^ye'me'ssa a segniztoae^ e in
;vGooi^Ic
l48 GIOTAMNl TltiL4III
questo modo ebbe fine la dora e aspra gaerra dal
re di Francia a'Fìamminghi. Laaceremo di qoeaUi
materia, eh' ba aTuto suo fine, e torneremo a
nostra, a dire de' fatti d' Italia e della nostra cittit
di Firenze, eh' assai novità iuroQo in questi tem-
pi. £ prima dèlia morte di papa Benedetto, e dì
qoegli ch$ succedette appresso .
CAP. LXXX.
Conte morì papa BenededOf e della nuova eie*
zione di papa Clemente quinto .
Negli anni di Cristo 1 3o4 a dì 37 <kl mese di
Luglio^orì papa Benedetto nella città ^Perugia,
e dinesi di veleno; che'stando egli a sua mensa
a mangiare, gli venne uno-giovane vestito e ve*
lati» in abito di femmina servigiale delle monacbe
di santa Petronella di Perugia, con uno ba<;ÌQO
d'argento, ìv' entro molti belli fichi fiori, epre-
fientc^li alpapa da porte delia badessa di quello
monastero sua dìvc^; IIpxpagliTÌcevetteagr-aa
festa, e perchè gli mangiata volentieri , esanaa
fame fare saggio, perchè era presentato da fem-
mina, oe mangiò assai, onde incontanente cadde
malato, e in pochi di morie, .e ' fii sop^Uìto ai
grande onore a* frati predicatori, ch'era di qnello
online, in santo EFcolanodiPeragia.' Questi fu
buono uomo, e onesto e giuatd, e dì santa e reli-
giosa vita', eavea voglia dì iàrec^ai bene, e per
invidia: di icerti ^e'suoi frati cardinali, si disse , il
fócionoipenló detto modo morire; onde Iddio ne
rendè jMie,9e colpa v'ebbono, in foriere wisu
:.vGooi^Ic
. hisKO iftTATO- 149
giusta e aperta vendetta, enne si tnostrerà ap-
presso, eh* dopo la itearte del detto papa nacque
acisma, e fu grande discordia infra '1 collegio
de' cardinali d* eleggere papa , e per loro aetté
erano diyià in due parti quasi uguali ; dell' una
era capo messer Matteo Boaso degli Orsini eoa
messer Francesco Guataoi nipote che fu di papa
BoDÌIazio, e dell' altra erano c^Kn-ali metsèr Na*
poleone degli Orsini dal Monte e '1 cardinale da
PratOjper rimettere ì loro parenti e amici Colon-
nesi in iitato, ed erano ajnici.del re di Francia ,
e pendeano in animo ghibellino. Ed essendo stati
per tempo di più di nove mesi iinchiuEÌ,e costretti
per gli Perugini perchè chiamaasono papa, e
non poteano avere concordia , alla fine trovando-
si il cardinale da Prato con messer Francesco car-
dinale de'Giiatani ia segreto luogo, disse: iV<»
facciamo grande male e gaastamento della Chic-
sa a non chiamare papa. E messer France&co dis-
se: E' non rimane per me. Quello da Prato rispao*
»t:£s' io ci trovasti buono mezzo , saresti con-
dento 7 Ripose di sì ; e così ragionando insiema
vennero a questa concordia,per industria' e saga-
cìtà del cardinale da Prato , trattando col detto
messer Francesco Guataui in questo modo gli die-
de il parUto , che l' uno collegio per levare c^ni
sospetto eleggesse tre oltramontani , sofficienti uo-
mini al papato , cui a loro piacesse , e l' altro col-
lirio infra quaranta dì prendesse I'udd di que'tre^
coi a loro piacesse , e quegli fosse papa. Per la
parte di messer Francesco Guatani fu preso di fa*
re la leziove , <;redeDiÌDai prendere il vàataggid,
e dttse b-e arùveacori olUamonlaai, fatti e crea-
;vGooi^Ic
l50 GIOTAsai TILLAHI
ti pcF papa Bonifasio suo zìo^ molto suoi amici e
confidenti , e nemici del redi Francia loro avver-
■ario, coofidandon quale che l'altra patte pren-
desse, d' avere papa a loro senno e loro amico. In-<
fra quegli tre , fu l' arcivescovo di Bordello iì
primo più confidente. Il savio e provveduto car-
dinale da Prato si pensò, che meglio si potea for-
nire il loro intendimento a prendere messer Ra-
mondo del Gotto arcivescovo di Bordello , che
nullo degli altri, con tutto che fosse creatina del
papa Boni&zio , e non amico del re dì Francia ,
per ofiese fatte a' suoi nella guerra di Guascogna
per messer Carlo dì Vatos ; ma conoscendolo uo-
mo vago d'onore e di signoria, e eh' eraGuascone,
che naturalmente sono cupidi , che di leggieri
si potea pacificare col re di Francia ; e così pre-
sorio il partito segretamente, e per saramento egli
e la sua parte del colico , e ferme dall' uno col-,
le^io all' altro le cart» e cautele delle dette con-
venenze e patti , per sue lettere pro[HÌe e degli
altri cardinali dì sua parte scrissono al re dì
Francia , e ìnchiuse dentro sotto loro suggelli i
patti e conv«nenze e commissione da loro all' al-
ti^ parte del collegio , e per fidati e iMionì corrie-
ri ordinati per gli loro inercatantì (non senten-^
done nulla l'altra parte) mandarono da Perugia a
Parigi in undici dì , ammonendo e pregando il
re dì Francia per lo tenore delle loro lettere^ che
s'egli volesse racquistare suo stato ia saetaQiìe-
sa , e rilevare ì suoi amici Colonnesi , che '1 ni-
mico si facesse ad amico, ciò era messer Ramon-
do del Gotto arcivescovo di Bordello, l'uno de'tre
eletti piò confidenti dell' altra parte ^ cercando e
;vGooi^lc
LIBRO OTTATO iSl
trattando con luì patti lat^hi per » e per gli ami-
ci siioi, perocché in sua mano era rimessa la le-
zione dell' uno di que' tre cui a lui piacesse. Lo
re di Francia avute le dette lettere e commissio-
ni , fu molto allegro e sollecito alla impresa. Io
prima mandate lettere amichevoli per messi in
Guascc^na a messer Ramondo del Gotto arcive-
scovo di Bordello, che gli si facesse incontro, che
gli Tolea parlare ; e infra ì presenti sei di fu il
re personalmente con poca compagnia e segreta
conferito col detto arcivescovo di Bordello, in una
foresta badia nella contrada di san Giovanni An-
giolini ; e udita insieme la messa , e giurata in
-su r altare credenza, lo re parlamentò con lui, e
con belle parole, di riconciliarlo con messer Car-
lo , e poi sì gli disse ; Vtdi arcivescovo , V ho in
mia mano di poterti fare papa s' io voglio , e
però softo venuto a te : e perdo , se tu mi pro-
metterai di farmi sei grazie ch'io ti domanderò,
io ti farò questo onore : e acciocché tu sie certo
eh' io n' ho il podere , trasse fuori e mostni^li le
lettere e le commissioni dell'uno coll^io de' car-
dinali e dell' altro. Il Guascone covidoso della
dignità papale , veggendo così di subito come nel
re era al tutto dì poterlo fare papa , quasi stupe-
fatto dell' allegrezza gli si gittò a' piedi, e disse :
Signore mio , ora conosco che m' ami più che
uomo che sia , e vuoimi rendere bene per male :
tu hai a comandare e io a ubbidire , e sempre
sarò così disposto. Lo re il rilevò'suso,e basciollo
in bocca , e poi gli disse : Le sci speziali grazie
iih' io voglio da te sono queste. La prima , che
tu mi riconcili per^ttamente colla Chiesa^ e
;vGooi^Ic
tS» C10TARII1 TILLAKI
yfaoci perdonare del '/ÀisfaHeó eh' io commisi del-
ia presura dì papa Boni/aùo. Ti secondo, di ri-
Comurdcare me e'miei seguaci- Il terzo articolOf
che mi concedi tutte le decime del reame per cin-
que anni p0r aiuto alle mie spese e' ho fatte per
la guerm di Fiandra. Il quarto, che tu mi pro-
metti di disfare e annullare la memoria di pa-
pa Bonifazio. Il quinto , che tu renda V onore
del cardinalato a me'sser lacopo^e a messer Pie-
ro della Colonna ,■ e rimettigli in stato , e fai
con loro insieme certi miei amici cardinali. La
sesta grazia e promessa mi riservo a luogo e a
tempo, eh' è segreta e grande. L' arcivéscoTo
promise tutto per saramento in sai Corpus Do-
mini , e oltre a ciò gli die' per istadichi il (n-
tello e due suoi nipoti ; e lo re giurò a luì &pro-
tnise di farlo elevare papa. E ciò &tto, con gran-
de amore e festa si partirò , menandone i detti
stadìclii solito coverta d* amore e di riconciliargli
con messo: Carlo, e tomossi lo re a Parigi ; é in-
contanente riscrisse al cardinale da Prato, e agli
altri di suo colt^io , ciò eh' area fatto , e che si-
curamente eleggessono papa messer Bamondo del
Gotto arcivescovo di Bordello, siccome confidente
e perfetto amico. £ come piacque a Dio , la biso-
gna fti si sollecita , che in trentacinque dì fu tor-
nata la risposta del detto mandato, alla città di
Perizia molto segreta. E avuta il cardinale da
Prato la d^tta risposta. La manifestò al segreto al
suo collegio , e richiese cautamente l' altro col-
legio , che quando a loro piacesse sì congregas-
spno in uno , eh' ^lino voleano osservare i pat-
ti ^ e cosi fu fatto di presente . E rausati ìn-
:.vGooi^lc
I.IBKO OPTATO l53
sieme i détti eollegt,' « òoìne fu bisogno a ratiE-
care è t;oiiferraare l'ordine de'detti patti con val-
late carte e saramenti fu fatto solennemente . E
ciò fatto , per lo detto cardinale da Prato propo-
sta saviamente una autorità della santa Scrittura,
che a cij5 ai coniàcea, e per l' autorità a lui com-
messa per lo modo detto , elesse papa il soprad-
detto messer Ramondo del Gotto aroÌTescovo di
Bordello; e quivi con grande all^rezta da ciascu-
na parte fu accettato e confermato, e cantato eoa
grandi voci Te Deum laudamùs etc.aaa sappien-
do la parte di que' di papa Bonifazio lo'nganno
e '1 (53) traneUo com' era andato, anzi si credea-
■no avere per papa quello uòmo di cui più si con-
fidavano : e gittate fuori le poln»e della lezione ,
^ran contaato e zuffe ebbe tra le loro &miglie ,
che ciascuno dicea eh' era amico dì sua parte. E
ciò fatto , e usciti i cardinali di là ov' erano in-
chiusi , incontanenta ordinàro di nlandargli la
lezione e decreto oltre i monti là dov'egli era .Que-
sta lezione fu &tta a dì 5 di Giugno gli anni di
Cristo i'3o5, ed era stata vacata la sedia aposto-
lica dieci mesi e ventotto dì. Àvemo fatta sì lun-
ga menzione di questa lezione del papa , per lo
«ottile e bello inganno come fatta fu, e per esem-
plo del futuro , perocché grandi cose ne seguiro-
no appresso , come per innanzi ferebio al tempo
del suo psqsrto e del successore memoria. £ que-
sta lezione fu cagione perchè il papato rivenne
•gli oltramontani e la corte n'andò óltre i monti ,
nccfaè del peccato comnie&so per gli cardinali
italiani della morte di papa Benedetto , sé. colpa
:vGoo<^Ic
t54 niOVANHI TILLIKI
T* ebbono , e della frodoleote lezione furono be-
ne gsstìgati da' Guasconi , come diremo appressQ.
GAP. LXXXI.
Della coronazione di papa Clemente quinto,
e de' cardinali diejèce .
Portata la lezione e 'I decreto all' eletto papa
arcivescovo di Bordello infino in Guasct^na do-
t' egli era , accettò il papato all^ramente , e fe-
cesi Dominare papa Clemente quinto , e inconta-
nente mandò per sue lettere citando tutti i car-
dinali , che sanza indugio venissono alla sua co-
ronazione a Leone sopra il Rodano in Borgogna, e
simile richiese il re di Francia , e '1 re d' Inghil-
terra , e quello d' Àraona , e tutti ì nominati ba-
roni di là da' monti, che Tossono alla sua corona-
zione. Della quale richesta e citazione , la mag-
giore parte de' cardinali italiani si tennero gra-
vati e forte ingannati , credendosi ^ che avuto il
decreto , venisse a Roma a coronarsi ; e messer
Matteo Rosso degli Orsini, ch'era il priore de'car-
dinali e il più attempato , e che pili malvolentie-
ri si partiva da Roma , avvedutosi dello inganno
ch'egli e la sua parte aveano avuto di questa le-
zifHke^ disse al cardinale da Prato : fremito se'al-
la tua di conducerne oltre i monti, ma tardi ri-
tornerà la Chiesa in Italia, sì conosco fatti i
Guasconi, £ venuto il papa e' suoi cardinali a
Leone sopra Rodano , fu consecrato e coronato
papa il di di santo Martino a di 1 1 di Novembre,
;vGooi^lc
' likuo 0TTÌ.TO i55
gli anni di Criste i Zo5, in presenza del re Filippo
di Francia, e di messer Carlo di Valos, e di molti
baroni , il quale , come promesso gli avea , il ri-
comunicò e restituì in ogni onore e grazia di san-
ta Cliiesa j la quale gli avea levata papa Bonifa-
zio , e donogli le decime di tutto il suo reame per
cinque anni : e a richesta del detto re per le pre-
senti (54) digiune, a di sa del mese di Dicembre,
ièce dodici cardinali tra Guasconi e Franceschi ,
amici e uficiali del re, intra'quali, come promes-
so avea , fece cardinali messer Iacopo e messer
Piero della fllolonna, e ristituigli in ogni gra-
zia eh' avea loro tolta e levata papa Bonifazio;
e confermò al re Giamo d' Araona il privilegio
che gli avea dato papa Bonifazio del reame di
Sardigna. E ciò &tto, se n' andò co' suoi car-
dinali e con tutta la corte alla sua città di Bor-
dello , ove tutti gì' Italiani, cosi bene i cardinali
Come gli altri , furono male veduti e trattati , se-
condo il grado della loro dignità , peroccliè tutto
guidavano i cardinali guasconi e francescfai. Nel
detto verno ùi grandissimo freddo per tutto, e
spezialmente oltre i monti, clie ghiacciò ilRodano,
sicché su vi si potea passare a pie e a cavallo , e
tutti i grandi fiumi, e il Reno, e la Mosa, e la Sen-
na> e V Era, e lo Scaltu ad Angoersa ; e eziandio
ghiacciò il mare di Fiandra, e alle marine d'Olan-
da e Isilanda e Danesmarche {HÙ di tre leghe iiH
fra mare , che fu gran maraviglia. Lasceremo al*
quanto de'fÈttti del papa al preeente, e torneremo
a nostia materia de' fatti di Firenze.
;vGooi^Ic
|56 GlOVAHBl TILLANl
GAP. LXXXII.
Come i Fiorentini e'Laoehesi assediarojto e vin-
sono la atta di Pistoia.
Negli anni di Cristo i3o5, avendo Ì Fiorentini
avute le mutazioni dette addietro della cacciata
de' bianchi alle porte ^ e quella parte bianca e
ghibellina scacciata e .vinta in tutte parti quasi di
Toscana, salvo della città di Pistoia , la quale si
tenea per parte bianca eoi favore de'Pisani e degli
Aretini , e eziandìo de'Bolognesi , i quali si regr
geano a parte bianca ; dubitando i Fiorentini che
non crescesse la loro potenza sostenendo Pistoia «
n si proTvidono e chiamarono loro capitano di
guerra Ruberto duca di Calavra, figliuolo e primo-
genito rimaso del re Carlo secondo, il quale venne
in Fù%nze del mese d' Aprile del detto anno con
una masnada di trecento cavalieri araonesi e cata-
lani, e molti (55) mugaveri a , pie, la quale fu mol-
to bella gente, é avea tra loro 'di valenti e rinomati
uomini di guerra \ il quale da'Fiorentiui fu rice-
vuto a modo di re molto onorevolemeate . E ri-
posato alquanto in Firenze, s'ordinò l'oste so[wa
la città di Pistoia per gli Fiorentini e Lucchesi e
gli altri della compagnia di parte guelfa di To-
scana: e ntofisooo bene avventurosamente col detto
dice. loro capitano a dì ao del ptvsente mese di
Maggio ; e'Lucchesi e l'altra amistà vennero dal-
l' altra parte, e circondarono la città intorno
intorno colle dette osti , e guastarla d' intorno; e
poco tempo appresso l'affossaro e steccaro al dì
:vGooi^lc
KlUlO OTTATQ - iS-J
fuori cod più battifolli, sicché nullo vi |Hriea m-
trare ni uscire.; denitro v'erano tutti l Pistolen
bianchi e ghibellini, e mcsMT Ttdosata d^lì
Uherti con masnada di trecento cavalieri e pedoni
assai , soldati per gli bianchi e ghibellini di To»-
caaa.. K itando i Fiorentini nella detta mte .in-
torno a Pistoia, si teneano un'altra piccola oste ia
Valdal-QÓ di sopra all'assedio del castello d-'Oatìno^
il quak aveaoo fatto rubellare i biaBchì; e quello
^bono a patti ì Fiorentini nel presente .mese di
Giugno, e feciongli disfatele mura eie fbrtezzeì
Per la detta oste eh' era: sopra la città di Pistoia»
messer Napoleone degli Orsini cardinale > e '1
caardiiràle da Prato, a petiùoae de' bianchi e ghi-
bellina^ richiesouo papa Clemente ch'egli si doves-
se interporre dimettere pace tra'Fiorentini e'iors
usciti , com' avea cominciato il suo antecessOTe
papa Benedetto per bène del paese d'ItaUa,«
eh' egli iacesse levare Ì' oste da Pistoia : onde il
detto papa mandò due suoi legati cherìel guasco*
ni, e del mese di Settembre furono in Firenze «
nell' oste; e comandarooo al comune, esimile al
duca fiuberto, e a' Lucchesi , e agli altri capitani
dell' ostr , che si dov'essano levare dall'assedio di
Pistoia sqtio pena di scomunicaxione . AL quale
comandamento : i Fiorentini e' Lucchesi furono
disubbidie&ti l' a^ftedio di
Pistoia ; per la i> isconviuir
caro i rettori à dell' oste ,
e pousono lo ii ?'ireaz©. e al
contado ■ Il du «ubbidii^ al
papa si. parti dell'oste con sua. privata. Simiglia,
e audonae a corte a Bidello , e laaciò tt«U' osta
;vGooi^Ic
l58 GIOTIRNI VIlt.l;NI
il SU* nialiBcalco messer Dego della Ratta Gatala-
no, e: tutti i cavalieri i quali v'avea menati al ser-
TÌgio de' Fiorentini e al loro soldo ; e* Fiorentini
e' Lucchesi , ricrescendo loro 1' assedio al conti-
Bao, e' convenia che tutti i cittadini T'andassono
o mandassono coom toccava per vicenda, o pa-
gassono una imposta per capo d' uomo com' era
tassato , la quale si chiamò la sega . nel detto
assedio ebbe molti assalti e badalucchi a cavallo
è a pie , e dammaggio dell' una. parte, e dell' al'
tra , perocché dentro avea franche masnade ; tì
chiunque era preso cbe n' uscisse , all' uòmo era
tagliato il pie , e alla femmina il naso , e mpìnto
dentro nella città peruilo ser Landò d' Agobbio)
(crudele e dispietato uficiale, il qualèi per' gii
Fiomitini fu soprannotnato Longino. £ così stet'-
.te e durò la detta oste tutta la vernata , non la-
sciando per nevi né perpiove né per ghiacci. Alla
fine v^nuido a que^ d' entro meno la vivanda ;
e sentendo che di Bolf^na era cacciata I4 parte
bianca, avendo perduta ogni speranza di soccorso^
sì s' arrenderò salve le persone, e tennonsi insìno
a tanto che nulla vi rimase a mangiare, avendo
mangiati i cavalli, e pane di saggina e di semola,
nefo come mora e duro come ismalto , e quello
ancora fallito. £ ciò fu a dì io del mese d'Aprile,
gli' anni di Cristo i3o6. £ renduta la ierra , se
n'uscirono le masnade e' caporali de' Rauchi e
ghibellini . £ avuta la detta vittoria di Hstoia ì
Piorentini e' Lucchesi , feciono tagliare le mt^ra
della città e gli stecchiti , e rovinare ne' fossi f e
più torri e fortexze feciono disiare , e il. contadi)
di Pistoia partirò per metade, e la parte dì verso
;vGoo<^lc
' IIIBKO OTT,à.WOi ■ iSg
levante « del monte dì sotto ooatilttel»aaiUUa,
« '1 piano infiuo.presso alla città ebbono in parte
ì Fiòreokini , priyilegìaDdolsi a perpetuo . £ fé*
dooo dis&re la rocca di Garmignano per levarsi
dalla vista di Firenze, là quale i Fiarentinl aveai
DO comperata da messer Musciatto Franzesi ; che
gliel' area data iseasér Carlo di Valos , quaoMJo
fu paciaro ìu Toscana . E' Lucobesi el:4>oiio dalla
part» di ponente dalla città in là verao SorraTal-
le, e tQttarl^ montagna di Mpra, e la signoria della
oittà di Pistoia rimase aTioreotìnt e a' Lncbhesi >
ddl'HDo podestà^ dell'altro capitano. 'Eijper qu'esto
modo'fu abbattuta la superila e grandezza de' PW
stolési, e puliti de'loro peccatile recati a tdttio sen-
vaggìo. E ciò fatto, tornarono i Fiorentini io Flr
reoze con grande allegreEza e trionfo ; e a messe*
Bino Gabbrielli d'Àgobbio , podestà di Firenze e
capitane dell'oste, entrando- in: Firenze,glifu reca*
to sopra capo il palio di drappo* ad oro per gli e»*
valieri di Firenze a piede a modo di re; e persimi;
le modo fecioóo i Lucchesi alla loro tornata a Lupt
ca . Nel datlo anno dell' assedio di Pistoia fu graà^
de caro in Toscana, e valse in Firenze lo stato del
grano alla misura rasa mezzo fiorino d' oro ■
GAP. LXXXIII.
Come là città, dì Modona e di Reggio si rubel-
larono al marchese da Esti , e come fu- '■
roRO. cacciati i bianchi e'gfdbellirU .
di Bologna.
' Nel detto adno i3o5 dd mese di Feblvaio, ti
robell^ al inarchese Azza da Esti la città di
:.vG00<^Ic
16» CI0T41fI)l TILLAHI
Modona e quella di Reggio, le quali per lango
tempo r avea tenute e signore^iate tirannesca-
mente, e reasonsi a comune, e in loro libertade. £
nel detto anno in calen di Marzo re|^endoei la
città di Bolc^na a parte bianca, e avendo com-
pagnia co' bianchi e ghibellini di Toscana e di
Romi^na, il popolo di Bologna il quale najtu-
ralniente è guelfo , non piacendo ìaro sì fatto
r^lgìmento e compagnia co'ghibellini dì Toscana
e di Romagna loro antichi nemici, e per conforto
e soddvcimento de' gnelfi di Firenze , levaro la
città a Tomore, e con armata mano cacciarono
della città e del contado i caporali di partebianca, *
-e i ghibellini tutti, e usciti di Firenze, e isban-
dirgli per rubelli : e ordinerò che neuno bianco
o ghibellino si lasciasse trovare in Bologna, o nel
distretto, sotto pena dell' avere e della persona ,
andandogli cercando e uccidendo con loro bar-
gello, deputato per lo popolo sopra ci^, con
grande sonito di masnadieri. £ feciono i Bolo-
gnesi incontanente lega e compagnia co' Fioren-
tini e co' Lucchesi e ctm gli altri gaelfi di To-
scana .
GAP. LXXXIV.
Come si levo ia Lombardia un fra Dolcinq con
grande compagnia d' eretici^ ejurono àrsi.
Nel detto anno 1 3o5 del contado di Novara in
Lombardia fu uno frdte Dolcìno, il quale non
èra &a£e di regola ordinata, ma. fraticello sanza
ordine , con errore si levò con grande compagnia
:.vGoo<^Ic
LliaO' OTTAVO "l6l
d'eretici, uomini e femmine di contado e di mon-
tagne di piccolo afiare, proponendo e predicando
il detto frate Dolcino, se essere vero apostolo di
Cristo , e che ogni cosa dovea essere in carità
comune , e simile le femmine essere comuni , e
usandole non en peccato. E più altri sozzi articoli
di resia predicava , e opponeva che '1 papa, e'car-
dinali, e gli altri rettori di santa Chiesa non os-
servavano quello che doveano oè la vita vangelica,
e eh' ^lì dovea essere degno papa . Ed era con
seguito di più di tremila uomini e femmine, stan-
dosi in su le montagne vivendo a comune a guisa
di bestie ; e quando ^lliva loro vittuaglìa, pren-
devano e rubavano dovunque ne trovavano ; e
cosi regnò per due anni . Alla fine rincrescendo
a quelli che seguivano la detta dissoluta vita ,
molto scemò sua setta , e per difetto di vivanda,
e per le nevi ch'erano , fu preso per gli Noareai e
arso con Mai^herita sua compagna, e con più altri
' uomini e femmine che con luì si trovaro in que-
gli errori .
CAP. LXXXV.
Come papa Clemente fece legato in IteUia mes-
ser Ifapoleone degli Orsini cardinale ^
e come Ju male ricevuto.
Nell'anno i3o6,aTendo rapporto papa Clemente
dalle genti eh' egli mandò in Firenze , come ì
suoi comandamenti non erano ubbiditi di levare
l'oste da Pistoia, si s' indegnò controaFiorentini,
e per sodducimeuto e consiglio del cardinale da
T.JII. Il
:.vGooi^Ic
iGì CI0VÌ.HN1 VILLANI
Prato, sì fece legato e paciaro generale in Italia
messer Napoleoue degli Orsioi dal Monte , car-
dinale f e diegli grandi privilegi e autoritadi : il
quale si parti da Leone sopra Rodano, e fiatò i
monti , e mandando a' Fiorentini clie vulea ve-
nire in Firenze per fare pace e concordia da loro
ai loro usciti , quelli cbe reggeano la città , p&r
sospetto di lui Dol voUono ricevere ; onde da ca-
po gli scomunicò, e confermò lo 'uterdetto, • ■»-
donne alla città dì Bologna del meae dì Maggio,
e volea somigliantemente pacificare i Bolognesi
insieme, e rimettere in Bologna i loro usciti bian-
chi e ghibellini . Quelli che reggeano la terra a-
■yendo preso sospetto di lui, (perchè parea che la-
vorasse i bianchi e'ghibelUnì,) e per sodducimen-
to de' Fiorentini , di Bologna rillanamente l'ac-
commiataro, minacciato per lo bargello della per-
sona se non votasse la terra . Il quale sanza m-
dugio si partì , e andonne alla città d' Imola in
Romagna, che si tenea per gli bianchi e ghibelli-
ni ; e andandone per lo contado di Bologna , gli
furono rubati e tolti molti de' suoi arnesi e some,
per la qual cosa il detto legato aspramente pro-
cedette contro a loro per iscomunica e inter-
detto della tetta , e privollì dello studio, e scomu-
nicò qualunque scolaro andasse allo studio a Bt^
logoa-
;vGooi^lc-
Lisa» OTTAVO l63
CAP. LXXXVI.
Come i JPÌorentird ais'edtaro ed ehbono U forte
tastalo di Montaccianico e disfecionlo, e
jeciama fare la Scarperia.
Nel detto anno del mese di Maggia, ì Fiorenti-
ni andarono ad oste sopra '1 castello di Montac-
cianico in Mugello , e puoSonvi l'assedio; il quale
castello era de' signori Ubaldini , ed era molto
bello e ficco, é fortissimo di sito e di dóppie mu-
ra , perocché V area loro fatto edificare con gran-
de spendio e dilìgeozia il cardinale Ottaviano lo-
ro coDSorto; nel quale castello s'erano ridotti gran
parte degli Ubaldini , e quasi tutti i ribelli bian-
chi e ghibellini usciti di Firenze , e faceano guer-
ra e soggiogavano tutto il Mugello ìnfino all' Uc-
cellatolo . E al detto castello stette l' oste infino
all'Agosto, gittandovi dificii e faccendovi cave, ma
tutto era invano, se non che gli Ubaldini tra loro
vennero in discordia, e il Iato di messer Ugolino
da senno il patteggiaro co' Fiorentini per mano
di measer Geri Spini loro parente , e dìedonlo per
promessa di quindicimiia fiorini d' oro , onde di
gran parta n* «bbono msle pagamento . £ quegli
che ▼* «ano dentro 1' ahbandonaro, e andarne sa-
ni e salvi', e 'I castello fu tutto abbattuto e di-
sfatto per gli Fiorentini , che non vi rimase casa
né pietra sopra pietra . E feciono fare i Fioren-
tini giuso al piano di Mugello nel luogo detto la
Scarperia, una terra per fare battìfolle agli Ubal-
dini , e torre i loro fedeli, e fecìongli franchi, ac->
:.vC00<^Ic
l64 GIOTARni TILLAKI
ciocché Montaccianico mai non si potesse ripor-
re . E comiociossì la detta terra a edificare a dt
7 di Settembre gli anni di Cristo 1 3o6, e paosonle
nome santo Barnaba . £ ciò fatto, del mese d'Ot-
tobre vegnente i Fiorentini caTalcarono con loro
oste oltre l'Alpe, e guastarono tutte le terre degli
Ubaldìni , perch' aveano &tta guerra e ritenuti i
bianchi e' ghibellini .
GAP. Lxxxvn.
Come i Fiorentini raffortificaro il popolo , e fé-
dono il primo esecutore degli ordini
della giustizia .
Nel detto anno 1 3o6 del mese di Dicembre ,
parendo a' popolani di Firenze che i loro gran-
di e [kissentì avessero presa forza e baldanza ,
per la guerra fatta e vittorìe avute contra i bian-
chi e ghibellini usciti di Firenze, sì yollono
riformare il popolo di Firenze, e chiamarono di-
ciannove gonfalonieri delle compagnie, e che tutti
ì popolani per contrade com'erano ordinati, quan-
do bisogno fosse traessono con arme al loro gon-
fione , e alt' offerta della festa di santo Giovan-
ni andasBono co' detti gonfaloni ; che in prima
s' andava ciascuna delle ventun' arti per loro , e
sotto il loro gonfalone della detta arte. E ciò or-
dinato e messo in ordine di giustizia , e' diedono
loro diciannove gonfaloni al modo d' insane
dell' antico popolo vecchio , e poi al tempo che '1
cardinale da Prato venne in Firenze , erano rin>
novellati . Bene erano al suo tempo venti gunfa-
:.vGooi^Ic
Lilio OTTATO t63
Ioni , eh* n' era uno balzano ìd san Piero Scberag-
gio , che 1 laAciaro; e dove al tempo del legato da
Prato non avea ne' gonfaloni nuli' altra insegna
se non dell' arme delle compagnie e del pi^lo ,
ù vi a' aggiunse sopra ciascuno gonfalone il ra-
strello dell' arme del re Carlo , e chiamossi il
buono popolo guelfo . E del mese di Marzo ve-
gnente^per fortificamento del popolo feciono veni-
re in Firenze l'esecutore degli ordinamenti della
giustizia , il quale dovesse inchiedere e procede-
re cpntro a'grandi che offendesaono i popolani. £
il primo esecutore che venne in Firenze ebbe no-
me Matteo , e fu della città d'Amelia di terra di
Roma, e fu valente uomo e molto temuto da' gran-
dì , e fatto cavaliere per lo popolo ; delle quali no-
vitadi e riformazione di popolo i grandi si tenne-
ro forte gravati .
GAP. LXXXVIII.
Di grande guerra che si connncih al marchese
da Ferrara y e come moria ,
Nel detto anno i3o6, i Veronesi , Mantovani ,
e Bresciani fedono lega insieme , e grande guer-
ra moBSODo al marchese Azzo da Esti eh' era si-
gnore di Ferrara, per sospetto preso di lui, eh' egli
pon volesse essere signore di Lombardia, per-
ch' avea presa per moglie una figliuola del re
Carlo ; e coraono la sua terra, e tolsongli più di.
sue cartella . Ma l' anno appresso fatto sao ìsfòr-
zo , e con aiuto della gente di Piemonte e del re.
Carlo , fece oste grande sopra loro , e corse le
;vGooi^Ic
i€6 GIOTA^iat ViCLlHI
loro tèire , e fece loro grande daimni^gìo . ^Md
poco tempo appresto ammalò il detto nunrclwMi
e. si morì in grande stento e miseria; il quale
£ra stato il più leggiadro e vidottato e possente
tiranno che fosse in Lombardia, e -dì lui don
rimase figlinolo neuno (d6) madornale, e U sua
terra e signoria rimase in grande questi(tn« tra
fratelli e nipoti, e uno suo figliuolo bastardo, cb'a-
-vea nome messer Francesco , il quale ì Viniriaal
molto iàvoraTaiio perch'era nato di Viaria; e
molta briga e guerra con danno de' Viniziani ne
seguì appresso ,.eome innanzi per gli tempi ftiré>
mo mebuDoe .
CAP. I^XXIX.
Come messer Napoleone Orsini legalo verme >
ad Jrezzo ; e dell' oste ck' e' Fiorentini
feciono a Carubia ^
Negli anlii di Grìsto'i3o'7.,m/esier .lìlapoleóiìe
degli Orsini legato per. la iGhiesa^i partì di Bo-
magna e passò in Toscana , e venne alla città
d' Areuo , e dagli Aretini fii ricsFuto a glande
oDureie stando in Aretao rauiiàiutti rsooi ami-*
ci eTedèliidi terra di Roma, ideila Man», del Dh^
catone di Romagna, C gli uaeiti bòiDdiiie 'ghi-^
bellini di Firenze e dell'altre terredi Tòae&na ì
in quantità dì millesetteceuto cafalieri epdpolo'
grandissimo, per fare guerra a' ^ffiorentìnt . i' PìVh
rentiiii seutendo sua venuta' k rannata , si ai
gnernirono, e rìchiesono gli untei, e trovarsi net
tomo di tremila cavalieri, e più di quindicimila
;vGooi^lc
LIBJW» OTTAVO 167
pedoni ^ e partirsi di Firenze del meie di Maggio,
non attendeodo che '1 legato e sua gente gli Assa-
lisse , e con loro oste n' andarono francamente in
sul contado d' Arezao , e tennero la via di Val-
darabra, guastando il' ]|K«se; e presono più castel-
la del comune d' Arezzo e degli Ubertini , e fe-
cionle disfare . K andando verso Arezzo , sì puo-
sono a oste si castello di Gai^osa , e quello strin-
sono con battaglie e diiìcii , e eriauo per averlo ,
ma il legato per levarsi d' addosso la detta' oste ,
eoa savio oousiglio db' buoni capitani di guerra
«11' erano con lui, si parti d'Àreszo con tqtta sua
cavallerìa e gente , e f«cé la via di Bibbiena per
lo Casentino, e venne infino al castello di Ko-
mena , mostrando di scendere l' Alpe , e di veni-
re alla città di Firenze , dando suono che gli do-
ve* essere data la terra ■ I Fiorentini sentendo
sua venuta , ebbono grande paura e g«losia, e fe-
, ciono i^nde guardia nella' tarra , e rimaiidarono
nell'oste a Gat^osa per la loro cavalleria e gente;
ma innansi che'i Mèssi vi giagnes(KHio,<{Ue'del'-
r oste sentirò la partita che ìt Legato ièce d* Arez^
zo, e come facea la via del Casentino^ 'temendo
della città di Firenze, incontaneote si rioolsiHiD ,
e la aera quasì^dì notte si partirono disordinata'-
mente , e tutta la notte cavalcarono chi meglio
ne potea venipe . La qual< partita de' Fiorentini
e di loro amici fu ^anza alcuno danno, ma non
sansa grande vergeva 'di Mala condotta e di.graiy-
de pericolo . Che se il legato .avesse lasciai io a*
rezzo trecento cavalieri e mille pedoni, e alla le-
vata de' Fiorentini gli avessono asialiti , ne tor-
navano Nconfitti . £ per lo detto modo chi prima
;vGooi^Ic
l68 GIOTANNI TILLAHl
e«hi poi si tornarono in Firenze; e saputo ciò il
legato si tornò con sua gente in Arezzo . Dopo que-
ste cose ìi l^ato andò a Chiusi e al castello del*
la Pieve j e più trattati d' accordo ebbe co' Fio-
rentini, i quali mandaro a lui loro ambasciadorì,
cercando di rimettere in Firenze i bianchi e' ghi-
bellini con certi patti , e pacificargli insieme. E
dopo molte rìvolture, i Fiorentini non fidando-
si, e tegnendo il legato in vana speranza , tutto
il trattato tornò niente . Per la qual cosa il le-
gato reggendosi non ubbidito e scemato il suo
podere , con poco onore sì partì di Toscana , e
tornossi oltre i monti alla ccH'te, lasciando i signo-
ri che re^eano Firenze scomunicati , e la città
e '1 contado intenletto. £ rimasi ì Fiorentini ma-
le disposti , del presente mese di Luglio del detto
anno feciono sopra i cherici una grande e grave
imposta ; e perchè non Toleano pagare , più in-
giurie furono fatte a' cherici , e a' loro osti e fit-
taiuoli , e pure convenne che pagassono. E la Ba-
dia di Firenze, andandovi 1' uficiale esattore
con sua famìglia , i monaci chiusone le porte , e
sonarono le campane : per la qual cosa dal popo-
lo minuto e da' malandrini , con sospignimento
di loro possenti vicini grandi e popolani che non
gli amavano , furono corsi a furore, e tutti ruba-
ti . £ poi il comune , perch' aveano sonato , vo-
lea tagliare il campanile da pie, .e disfecionne
di sopra presso che la uetade ; la quale furia
fu molto biasimata per la buona g^ote di Firenze.
;vGooi^Ic
LltKO 0TT4T0 169
GAP. xa
Come mono il buono re Adoardo d'Inghilterra.
Nel detto anno 1 307 del meae di Giugno, mo^
rio il buono e, valente Adoardo re d' Ingliiltetra,
il qimle iu uno de' pia valorosi signori e a&vi»
de' cristiani al suo tempo^ e bene avreoturoso ìa
ogni sua impresa di là da mare contra i saracìni^
e in suo paese contra gli Scotti, e in Guascogna
contra i Franceschi, e al tatto fu signore dell'isola
d' Irlanda e di tutte le buone terre di Scozia ,
salvo che il suo rubello Roberto di Busto fattosi
re degli Scotti^ si ridusse con snoi seguaci a' bo^
schi e'mcAtagne di Scozia j il qnaledt^ la morte
del detto i;e Adoardo fece gran <»6e centroagl'IÀ^
gbilesi'.' Appresso la mortq dèi buono re Adoardo>
Adoardo suo primogenito- prése , per moglie Isa-
bella figlimi del re Filippo di Francia, e die-
dono compimento all' accordo della quistione di
GuasG(^na, e ^losata la detta donna del mese di
Gennaio presente, la quale era delle belle donne
del mondo, e poi la Pasqua di Resurresso ve-
gnente si Skce coronare, egli e la reina con grande
festa e onore-
GAP. xa.
Cóme il re diJFrancia andò a Piitieri. a papa
■ ■ Clemente, per fare candànrtàre la iae~
.. mta-ia di papa Bonifazio .
Nel' detto amio e mese di Giugno 1 30^, essendo
papa Clemeote venuto colla certe apràzione del
:.vGooi^Ic
1^0 GIOVIHIII VlbllHI
re ài Francia alla città di.Fittierì , il detto re di
Francia con tre suoi ugliuoli, e con messer Carlo
di Yalos, e messer Luis suol fratelli, e con moHi
altri baroni e cavalieri , e col conte di Fiandra e
«uoi .figliuoli « fratelli!, ^enn«x> » Pittieri: e
.d«to'per lo pap«.com{M[tiento,e kvmtxtA alla pace
del re di Francia al conte di Fia^doà. «'Fiam-
minghi , ilxe dì Frància richiese al pa^ la (Quinta
tos& che s' aveva fatta promelterej ijuàndo. il re
gli promise idi Ibrlo fat-e.'papt , cioè eh' e^li eòiv
ilanuasse la memòria di papa Bonifazio, é tacesse
ardere le sue ossa C'Corpo : e fece opporrà: coiiitra
lui a' suoi cherìci e aFogadi qirarautàlrèlartidtdi
di resia , profferendo di pruvargU ; onde il papa e
«uoi cardinali Itironb in grande turbazioue pei* la
-detta richasta, perocché 'Ite Volea.O per mobile
o per fot'za. fornire ; le prove, è cernie detto à ad-
dietro, il pepa gliel'^vea promessa « giuhtto^, e
di ciò> si pmtea moltQ , ina «du :fc' oteva scoprire
contrari volere del re, e torto e alifaiassaniento
della Gbiesa gli parefc iìine, se l' aisseiitisae, po-
lacche in papa Bcmi(àtìo:di t-ag^iDite -non «i trót-
Twva nulla • meinoBÌa di' i rsefia; ; |n«i..fiS,Lti'«v»v!a
per lo sesto .librò <lel,te .Decretali ;ch' fegli* .fece
comporre, molto cattolico e utile., e,. per, papa
Bonifazio si trovava, molto esaltata la Chiesa e le
sue ragioni; e ancora pili, del collegio de' cardinali
T^av^s^di ^cgU «V.avca latti pajia Bonifauo^
e'I cdràioàleda^i^tD intra gli ^Itrì. era- lino di
quegli ; e sela^ làemória^ papa . Bonifazio fosse
dannata, conveniva che fossotio disposti del car-
dinalato .Per la qual dosa ,• coeì :l:ti:8elfa7dè!^r-
dinali«h'avi^not«nutdico4vèdi Fn^ciaùi^wistQ
:.vGooi^lc
taso «IBBO' (Antro a Ini , comiv. qwegli 'delta setta
delnipBtè dipapa Sonifazìo. £ standoia Cbìesa
40 quésta eontamacia e perseguizioiie fatta per lo
re i, il papa non sapea che si lare, che male gii p»^
raa a tompere il suo saramentoe promessa iàttaal
re ,-e pe^igio gli parea a; córroriipere e> gàastare k
Chìesa'di Roma. Alla fine «trìgnendoar di ciò -a
segretO' consiglio coi «aviò cardinale da' Bl'ato., chf
sapea le sue segrete promèssr ^ sì gli disse : Qui
non ha che uno^rimedio; cioè che ti cofivUne
dissimuiare- col re, e che tugU dichi, che,pcr'-
ehè quelìo eh' egU domanda di papa BoniJàzÌ4
tia forte OMso u passare per la Chiesa , e parte
del collegio de' cardinali non vi s'accordino,
conviene di necessità , e ancora piii acconcio del
suo intendimentOy è pitt àbhominazione della
memoria di papa Bonifazio, che le pruove degli
aPttc6Uoh'''egU'gU oppone si focciant i^-amàtio
general^ ^ e Jia più> autèntico C/ermo . £ per
non avere- contasto , sì metterai dinatizi al col-
legio , che per più grandi « utili cose, in bene e
stato- di tanta ChiesaeJ^ cristiani,' ohe bisogni
ti Sfaccia in conciliò generail£j\e.xheìA,^fieÌhaì
farai piehàmefOe tpt^ló chedqmanda.E'ldetio
eonoUio' ordina e oómpo.ni^aila ciptà dii J^enhàf
per pik' comune luogo a'I^anqesohi, Bln^hilesi^
e T-edescki, è Italiani, ta-tfoegli di ZinguadéOMj
e aqwuio-noit ti potfH opporre né coiferadàire}
ecibjacòeitdo , tu eia ddòia sarai twtua^ièkanà'i
» partendoti di tpii e taulan^a ■■■Fìmria--i' *1
sarai fuòri dille sue forse e di suo' reiim»\ àX
papa piacque molto il coosìglio , emìMltf à s^ì-
zìoùe, e fecola risposta al rei bndè il » BÌ ienn»'
:.vGooi^Ic
17* GIOTAHKI T1Z>LAIII
forte gravato ; ma non potendo a cid bene centra-
dire, promettendogli il papa che bene il servireb-
be f e feccendogU molte altre grazie e rìcheste ,
acconsentì, credendosi sì adoperare al ccmcilio a
Vienna , che gli vorebbe fatto il suo intendi-
mento . £ così si tornò a Parigi , e mandò Luis
ano primo figlinolo io Navarra con grande com-
pagnia di baroni e cavalieri, e fecelo alla città di
Pampalona coronare del reame di Navarra : e 'l
papa piuvicatò di £ire concilio , e deterniinato
d' ivi a tre anni a Vienna , con tutta la corte jpoco
tempo appresso uscì del reame di Francia , e ven-
ne a Avignone in Puoenaa nelle terre, del n
Ruberto.
\ GAP. XCU.
Come e, per che modo fu distrutta V ordine e
magione del tempio di Gerusalem, per
procaccio del re di Fraìicia.
Nel detto anno 1 807, innanzi che'l re di Fran-
cia si partisse dalla corte a Pittieri , si accusò e
dÌQunziò al papa per soddncìmento de'su^ìufi-
ciali , e per cupidigia di guadagnare sopra loro ,
il «liaestro del tempio e \ la 'magione di corti crir
mini ei^ errori; e ;d^\al. re fu latto intendere
efa'«'\teiB|kieri.asav«iM^'f Il|)rÌRio movimene fa
p6r u^prkiReidi MaQ&lbtok&diToloatina della det-
ta ondine, \uanu> di mala,viu ed eretico, e per
gli sHpi difetti mfesso in. Parigi in perpetuale car-
die per lo suo maestro. £ trovandovisi dentro ccm
HBO NaflTo Dei nostro Fiorentino, pieno d'ogni ma-
:.vGooi^lc
tlBRO OTTITO l-^S
gagDe , siccome uomini disperati d' c^i «alute, e
maliziosi e rei , trovaro la detta falsa accusa , e
per guadagnare e uscire dì pregione per aiuto del
re. Ma ciascuno di loro fecìono poco appresso ma-
la fine : Nofib impiccato, e 1 priore ($7) mor-
to a ghiado. Per fare al re guadagnare la mìsono
innanzi a' suoi uficiali , e' detti la mìsono dinan-
zi al re ; onde per sua ararizia si mosse il re , e
sì OTdino e fecesi promettere segretamente al pa-
pa, di disdire l' ordine de' tempieri , opponendo
contro a loro molti articoli di resìa : ma piii ai
dice che lìi per trarre di loro molta moneta , e
per ìsdegnl presi col maestro del tempie e colla
magione. Il papa-per levarsi d'addosso il re di
Francia, per la richesta ch'egli avea fatta del
condannare papa Bonifazio , come avemo detto
dinanzi , o ragione o torto che fosse , per piacere
«l re ^li assenti di ciò fiire : e partito il re , in
uno dì, nomato per sue lettere, fece preod«« tutti
ì tempieri per lo universo mondo, e staggire tut-
te le loro chiese e magioni e possessioni , le qua-
li erano quasi innumerabilì di podere e ricchezze;
e tutte quelle del reame di Francia fece il re oc-
cupare per la sua corte , e a Parigi fece prendere
il maestro del tempio , il quale avea nome fra
Giacche de'signori da Mollai in Borgogna, con seS'
santa cavalieri (58) frieri e gentili uomini, «^po-
nendo contro a loro certi articoli di resia, e certi
villani peccati contro a natura che usavano tra
loro ; e che alla loro professione giuravano d'ata^
re la magione a diritto e a torto , e a una modo
quasi come idolarì, e sputavano nella croce, e che
quando il loro maestro sì consegrava «ra dì nasco*
;vGooi^Ic
<74 «leViRHl TILlAiri
so e prtràto , e mm siaapea il modo : « o{^Beii-
do-die ì kuro anticesiGri per tradimento feciono
perdere la terra santa , e prendere alla MoDSura
il re Luis *' suoi. E sopra ciò latte dare per lo re
certe pruove ^ gli fece tormentare di divèrsi tor-
menti perchè ctmfessassouo, e non siirotara che
niente vt^ssono di ciò confessare né riconosce-
re. E tegneodogli più tempo in prfegioiie a grande
«tento, e non sappiendo dare fine alloro proces-
so j alla fine dì fuori di Parigi a santo Antonio ^
e parte a san Luis in Francia, in uno graade par-
co chiuso di legname, icinqnantasei de'detti tem-
pieri fece l^are ciascnoo a uno palo, e comincia-
re a mettere loro il fiioco da' pie e alle gambe a
poco a poco , e Y uno innanzi all'altro ammouen*
dogli , che quale dr loro volesse riconoscere 1' «*-
rore e' peccati loro opposti potesse scampare ; e
in su questo marbM'io confortati da' loro parenti
e amici chericonoscessono , e non si lasciassono
cosi vilmente morire e guastare , niuno di loro il
volle confessare ; e con pianti e grida scusandosi
eora' erano innocenti e fedeli cristiani, chiaman-
do Cri^ e santa Maria e gli altri santi, col detto
nartorio tutti ardendo e consumando finirono loro
vita.' £ riserbato il maeitro loro, e '1 fhitello dei
Dalfino d' Àlverna , e fra Ugo di Paraldo , e un
altro de' ma^iori della nagione , e Stati nficiali
e tesorieri del re di Francia, furono me&ati a Pit<
tieri dinanai al papa, e fisvri il re di Fnnioia , «
messo loro grazia Wriconoscetsonailloroeripre e
peccato, alcQift cosa sì^ce ne confasSarò; e tornati
a Parigi, e venuti due cardinali legati per daresen-'
teuzift e condannare l-'ordìofi sottola detta confes-
;vGooi^lc
' LlSnO OTTAVO ' 1^3
«ione f e {)ér (tane ^kttna discipUaa al detto-mae-
stro e.suoi compagni, «aseuda ÌQfontro a nostra
dama 4i Parigi iu su grandi pergami, e letto il
processo, il detto maestro del tempio si levò iu
pie gridando che fosse udito :>«- fatto silenzio per
k> popolo^ si si disdisse, che mai quelle resie e
peccati loro opposti non erano alate vere, e che
r.Ordine di loro magione era sanU^ e giusta e cat-
tolica, ma eh' egli era ben degno di mOTte , e
Toleala sofferire in pace, perocché per paura
di torsoento e per lusinghe'del papaie del re , ia
' alcuna parte V aveaoo por inganno loro confessa-
te. £ rotto il sermone e non compiuta di dare
sentenzia, si partirò i cardinali e gli altri prelati
di quello luogo. £ avuto c<msiglio col re, il detto
maestro e suoi compagni in su l'Isola di Parigi
dinanzi alla sala del re, per lo modo d^li altri
loro frieri furono messi a martirio , ardendo il
maestro a poco a poco , e sempre dicendo che la
magione e loro religione era cattolica e giusta ,
accomandandosi a Dio e a santa Maria ; e simile
léce il fratello del Dalfino ; fra Ugo di Paraldo,
e r altro , per paura del martirio , confessare e
raHèrmaro quello eh' aveano detto dinanzi dal
papa e al re, e scampare, ma poi morirò misera-
mente. E per molti si disse che furono morti e
distrutti a t^rto e a peccato, e per occupare i loro
beni , i quali poi per lo papa furono privilegiati ,
e dati alla magione dello spedale, ma convenne-
gli loro ric«gU«re e ricomperare dal re di Fran-
cia e dagli altri prencipi e signori , e con tanta
quantità di mcmeta, che con gl'interessi corsi poi,
la magione dello «pedale fu ed è più pavera cba
;vGooi^Ic
176 OIOTAHKI TlLI.l.ni
Aon era ^ma dei loro pn^o , o che Iddio il di-
mostrasse per miracolo. E lo re di Francia e'suoi
figliuoli ebbono poi molte Tergerne e arTersitadi,
e per questo peccato, e per quello della preaura di
papa Bonifazio^ come innanzi sì farà menzione. E
nota, che la notte appresso chei detto maestro e 't
compagno furono martorizzati,per frati e altrireli-
giosi le loro corpora e ossa come relìquie sante fu-
rono ricolte, e portate via in sacri luoghi. In que-
sto modo fu distrutta e messa al niente la ricca
e possente magione dèi tempio di Gerusalem ,
gli anni di Cristo i3io. Lasceremo de' fatti di
Francia, e torneremo a'nostri fatti d' Italia.
GAP. XCUI.
Di novitadi e sconfitte chejurono in
Romagna e in Lombardia.
Nel detto anno 1807 del mese d' Agosto, essen-
do i guelfi di Romagna all'assedio a BrettÌDoro,la
lega de' ghibellini di Romagna ragunati insième
eoo loro amistà sconfissero ì guelfi, e furonne tra
morti e presi più di duemila tra a pie e a cavallo.
E l'Aprile vegnente i3od, il popolo della città di
Parma con trattato di Orlando de'Rossi e de'suoi
cacciarono di Parma messer Ghiberto da Correg-
gio, il quale n' era signore ; per la qual cosa s'ac-
compagnA co' Mantovani e Veronesi , e imparen-
tossi co' signori della Sedia; e del mese di Giugno
vegnente il detto messer Ghiberto venne verso
Parma con la forza di messer Cane della Scala, e
eoo quella de' Mantovani e Parmigiani. I Parmi-
:.vGooi^lc
Limo OTTATO 177
giani uscendo contro a loro furono sconfitti , e'I
<ktU> mesaer Gbiberto tornò in Parma e fanne
signore , e cacdoone i Rossi e' suoi nunìcì , e fece
mozzare la testa a ventìnove popolani, ì c[uali
erano stati caporali alla sua cacciata .
GAP. XCIV.
Comejit morto il re Alberto d'Alamagna .
Nel detto anno i3o8 in calen di Maggio, lo re
Alberto d'Alamagna, che s'attendea d'essere impe-
radore , fu morto a ghiado da uno suo nipote a
tradigione a uno valicare d'uno fiume sceodeado
della nave , per cagione che '1 detto re Alberto gli
occupava il retaggio della parte sua del ducato
d'Osterìch . Lasceremo alquanto delle cose de' fo-
restieri , e torneremo a raccontare delle novitadi
che ne' detti tempi furono nella nostra città dì
Firenze .
GAP. XGV.
Come una podestà di fìrerae sijuggì col sug-
gello dell'Ercole del comune .
Nel detto anno i3o8,essendo podestà di Firenze
uno messer Carlo d'Amelia, fratello del primo
esecutore degli ordini deUa giuatixia, avendo egli
e sua famiglia fatte in Firense molte baratterie ,
e guadagnerie , e pessime opere , e già di ciò
molto scoperto, temendosi al suo sindacato essere
condannato e ritenuto, la notte di santo Giovanni
del mese di Giugno, furtivamente si fu^ì con sua
T.IIl la
;vGooi^Ic
1^8 GIOVAVIfl TILLAHI
privata ^miglia , onde fu coodannato per barat-
terìa . E per riavere pace e danari dal cornane, n
De porta seco il auggello del comune , dor' era
intagliata l'imagine dell'Ercole, e tenneb più
tempo, stimandosi che'i comune il tntesae di
bandoj e ricomperasselo molta moneta: onde il
comune il mise in abbandono operando altro sug-
gello , e notificandolo in tutte parti , sicché non
fosse data fede a quello suggello: alla fine il suo
fratello gliele tolse, e rimandoUo in Firenze , e
d' allora innanzi a' ordinò, che né podestà né
piÌOTi tenessono su^ello di comune, ma fecionne
guardianie cancellieri i frati converti di Settimo,
che stanno nella camera dell'arme del palagio
de' priori.
GAP. XCVI.
Come fa morto il nobile e grande cittadino di
I>ìrense inesser Corso da' Donati .
Nel detto anno 1 3o8, essendo nella città di Fi*
renze cresciuto scandolo tra' nobili e potenti po-
polani di parte nera che guidavano la città, per
invidia di stato e di signoria , come si cominciò
al tempo del romore della ragione, come addietro
fecemmo menzione; questo invidioso portato con-
venne che partorisse dolorosa fine, che per le pec-
cata della superbia, e invidia, e avarizia , e altri
vizi elle renavano tra loro , erano partiti in sel-
la ; e dell' una era capo raesser Corso de' Donati
con seguito d' alquanti nobili e di certi popolani,
intra gli altri ^quelli della casa de' Boi'doni , e
dell'altra parte erano capo messer Rosso della
;vGooi^lc
)
LIBBO OTTAVO 1-jQ
Tos», messer Gerì Spini, e messer Pazzino de'Paz-
zi , e messer Betto Bninelleschi co' loro consorti,
e con quegli de CaTÌcciuIì , e di più altri casati
grandi e popolani, e la ma^iore parte della buo<
na gente della cittade , i quali areano gli tifici
e'I goTernamento della terra e del popolo. Mesaer
Corso e' suoi sanaci parendo loro esser male trat>
tati degli onori e oficì a loro guisa , parendogli
^asere più degni , peroccli'erano stati i principali
ricoveraCorì dello atato de' neri, e cacciatori della
parte bianca ; ma per 1' altra parte ai disse, che
meuer Corso rolea essere signore della cittade e
non compagnone ; quale che si fosse il vero o la
cagione , i detti , e quegli che reggeano il popolo
l'aveano in odio e a grande sospetto, dappoi s'era
imparentato con Uguccione della Faggiuola, ghi-
Jiellioo e nimico de' Fiorentini ; e ancora il te-
meaoo per lo suo grande animo e podere e segui-
to, dulùtando di lui che non togliesse loro lo stato
e cacciasse della terra , e massimamente perchè
trovarono, che'l d^to messer Corso area fatta le-
ga e giura col detto Uguccione della Faggiuola
suo sDocero , e mandato par lui e per suo aiuto.
Per la qual cosa, e per grande gelosia, subitamente
si levò la cittade a romore , e sonarono i priori le
campane a martello, e fu ad arme il popolo e'grau-
di a piò e a cavallo , e le masnade cte'Catalani col
malisoalcó del rè , eh' era a posta di cobro che
guidavano la terra. £ subitamente, com'era ordi-
nato per gli sopraddetti caporali , fu ^lata una in-
quisizione ovvero accusa alla podestà , eh' era
messer Piero della Branca d' Agobbio , incontro
al detto messer Corso , opponendogli come dovea
;vGooi^Ic
l8o GIOTJLHHI TILL&Hl
e rotea tradire il popolo , e sommettere lo stato
della cittade, faccendo veuire Uguccione da Fag-
giuola co' ghibelliai e dìiuìcì del comune. £ la
rìchesta gli fu fatta , e poi il bando^ e poi la con-
dannagioiie : iu meno d'una ora, sanza dargli più
termine al processo , messer Corso fu condannato
come rubello e traditore del suo comune , e in-
contanente mosso da casa i priori il gonfalone del-
la giustizia con podestà , capitano , ed esecutore,
con loro famiglie e co'gou&loni delle compagnie,
col p<^lo armato e le masnade a cavallo a grido
di popolo per venire alle case dove abitava mes-
ser Corso da san Piero Maggiore , per fare l' ese-
cuzione. Messer Corso sentendo la persecuzione
die gli era mossa , (e dii disse per esser forte a
fornire il suo proponimento , attendendo Uguc-
cione della Faggiuola con grande gente , che già
u' era giunta a Remole) sì s' era asserragliato nel
boi^o di san Piero Maggiore appiè delfó torri
del Cicino, e in Torcicoda , e alla bocca che va
verso le Stinche , e alla via di acn Brocolo con
folli sbarre, e con genti assai suoi consorti e amici
armati, e con balestra, i quali erano rinchiusi nel
serraglio al suo servigio. Il popolo cominciò a
combattere i detti serragli da più parti , e messer
Corso e' suoi a difendere francamente : e durò U
battaglia gran parte del dì , e iìi a tanto, che con
tutto ^il podere del popolo , se '1 rinfresoamento
della gente d'Uguccìone, e gli altri amici di con-
tado invitati per messer Corso gli fossono giunti
a tempo, U popolo dì Firenze avea quello giorno
assai a fiire ; che, percliè fossono assai , erano ma- .
le in online e non molto in accordo , perocché a
:vGoo<^Ic
J
: LIBBO OTTAVO lS|
parte dì loro non piacea. Ha sentendo la gente
d' Uguccione come messer G>rso era assalito dal
popolo f sì tornò addietro , e i cittadini eh' erano
nel serraglio si cominciarono a partire , onde ri-
mase molto sottile di genti, e certi del popolo
rappono il muro del giardino di contro alle Stin-
che, e entrarono dentro con grande gente d'arme.
Veggendo ciò messer Gjrso e'suoi, e chel soccorso
d' Uguccione e d^li altri suoi amici gli era tar-.
dato e fallito, sì abbandonò le case, e fuggissi fuori
della terra , le quali case dal popolo furono in-
contanente rubate e disfatte, e messer Corso e'suoi
perseguitati per alquanti cittadini a cavallo e Ca-
talani , mandati in pruova che '1 pigliassono. E
per Boccaccio Cavicciulì fu giunto Gherardo Bor-
doni in suir Afirico , e morto , e tagliatagli la
mano e recata nel corso d^li Adimari, e confitta
all'uscio di messer Tedici degli Adimari suo con-
^rto , per nimistade avuta tra loro. Messer Cor-
so tutto solo andandosene , fu giunto e preso so-
pra a Bovezzano da certi Catalani a cavallo , e
menandolne preso a Firenze , come fu dì costa a
san Salvi, pregando quegli che 1 menavano ^ e
promettendo loro molta moneta se lo scampasso-
no , i detti volendolo pure menare a Firenze ,
■iccom' era loro imposto da' signori, mes^r Coi^
so per paura di venire alle mani de' suoi ne-
mici e d' essere giustiziato dal popolo, essendo
compreso forte di gotte nelle mani e ne' piedi, si,
lasciò cadere da cavallo . I detti Catalani veggen-
dolo in terra , l' uno di loro gli diede d'una lancia
per la gola d' uno colpo mortale, e lasciaronlo per
morto : i monaci del detto monistero il ne portaro
:vGooi^lc
l8a CIOVAHHI TILLÀNI
nella badia , e chi disse che innanzi che morisse
si rimise nelle mani di loro in laogo di peniten-
zia f e chi disse che il trovar morto » e l' altra
mattina fu seppellito in san Salvi con piccolo
onore e poca gente, per tema del cornane. Questo
messer Corso Donati fu de' più savi , e valente
cavaliere, e ilpiiì bello parlatore, e il meglio pra-
tica, e di maggiore nominanza, e di grande ardire
e imprese eh' al suo tempo fosse in Italia , e bello
cavaliere dì sua persona e grazioso , ma molto
& mondano , e di suo tempo fatte in Firenze
molte congiurazioni e scandali per avere stato e
signorìa: e però avemo fatto della sua fine sì luQgo
trattato, perocché fu grande novità alla nostra
cittade , e segaime molte cose appresso per la sua
morte, come per gl'intendenti si potrà comfven-
dere , acciocché sìa assempro a quegli che sono a
venire .
GAP. XCVII.
Come arse la chiesa di Lacerano di Roma.
Nel detto anno i3o8 del mese di Giugno, s'ap-
prese il fuoco ne' palagi papali dì santo Giovanni
Laterano di Roma, e arsono tutte le case de'calona-
ci,e tutta la chiesa e circuito,e non vi rimase ad ar-
dere se non la piccola cappelletta in volte di San-
ctasanctorum^ove si dice ch'è la testa di santo Pie-
ro e quella di santo Paolo, e Molte reliquie dì san-
ti: e ciò fu con grandissimo dammaggio di tesoro
e d' arnesi , sanza lo 'nfinito danno della chiesa %,
palazzi e case . Poi sappiendolo papa Clemente,
r anno appresso vi mandò suoi uficiali con grande
:.vGooi^Ic
LIB^O OTT&TO l83
quantità di moneta , e la detta chiesa fece ristora-
re , e rifare più bella e più ricca che non era pri-
ma ^ e simile i palazzi papali e le case de' azionaci,
e penarsi a fare parecchi anni , e costarono molto
tesoro alla Chiesa .
GAP. XCVIII.
Come i grandi di Samminiato disfeciono il
lorop<^lo.
Nel detto anno 1 3o8 del mese d'Agosto, i grandi
dì Samminiato del Tedesco , come sono Malpigli
e Mangiadori , per soperchi ricevuti dal popolo di
Samnviniato, ovvero perchè '1 popolo gli tenea
corti per modo che non poteano signoreggiare la
terra a loro senno, 8Ì accordaro insieme e feciono
Tenire loto amistà di fuori , e con armata mano
combatterò col popolo e scoofisaongU, e molti
n' uccisone e presono , e a certi caporali feciono
tagliare la testa , e tutti i loro ordini arsono , e U.
campana del popolo feciono sotterrare , e tennero
poi il popolo in grande so-vaggio , infino che le
dettp due case ncm ebbono discordia tra loro •
OAP. XCIX.
Come i Tarlati Jiirono cacciati d'Arezzo, e ri-
messivi i guelfi .
Nel detto anno 1 3o8 del mese dì Gennaio , il
pi^lo d'Arezao eco aiuto e favore d'Uguccione
da Faggiuola che badava d' esserne signore, cac-
;vGooi^Ic
l84 CIOT&RKI VIllAttl
ciarono della cittade i signori di Pietramala detti
Tarlati, per8(^>erchi e oltraggi che laceanoa'cìt'
tadini; e poco appresso vi rìmìsono la parte guf Ifà ,
che quegli di Pietramala n' areaao tenuti fuori
per veotun' anni; e quegli che signoreggiavano la
cittade, eh' erano mischiati guelfi e ghibellini , si
iàceano chiamare la parte verde ; e mandarono
loro ambasciadori a Firenze, e feciono pace co'Fio-
rentini , come i Fiorentini la seppono divisare ;
ma poco tempo durò questo stato in Arezzo, eh*
vi tornarono i Tarlati .
GAP. C.
Con^ gU Ubaldini tornarono a ubbidienza del
comune di fìrenze.
in questo medesimo tempo i signori iTbaldini
s' accordarono co'Fiorentint , e vennero ia Firenze
a fare reverenza e le comandamenta del comu-
ne , e (59) sodaro la cittadinanza di tenere il pas-
sarlo dell'Alpi sicuro, per idonei mallevadori.
E '1 cornane di Firenze dimise e perdonò loro (^ni
misfatto , e accettogli per cittadini e distrittualì,
loro , e' loro fedeli e terre , e che in c^ni atto e
fiizione dovessono fare al comune come distrìttnali
e cittadini •
GAP. CI.
Per che modo fu eletto in^radore di Roma
Arrigo conte di Lusimborgo .
Nel dettoanno 1 3o8,essendo morto lo re Alberto
d'AIamagna, come dicemmo addietro , per la cui
:vGoo<^Ic
lltRO OTTAVO , l35
morte vacava lo 'mperio , e i lettori d'A-lamagna
erano in grande discordia tra loro di ùtte la lezio-
ne ; lo re di Francia sentendo la detta vacazione^
si 8Ì pensò che gli verrebbe fornito il suo inten-
dimento con poca fatica , per la sesta promessa
cbe gli avea fatta papa Clemente segretamente,
quando gli promise di farlo fare papa , come ad-
dietro facemmo menzione j e raunò suo segreto
consiglio con messer Carlo di Yalos suo fratello ,
e quivi scoperse il suo intendimento , e il lungo
desiderio th' egli avea avuto di fare eleggere alla
Chiesa di Roma a re de'Romanì messer Carlo di
Valos, e eziandio vivendo Alberto re d'Àlamagna,
colla sua forza e podere e dispendio , e col podere
del papa e delta Chiesa : eh' altre volte per antico
avea rimossa la lezione de' Greci ne'Franceschi
e de'Franeeschi negl'Italiani, e degl'Italiani negli
Alamanni, ora maggiormente ci deevenire fatto,
dappoiché vaca lo 'mperio , e massimamente per
la detta promessa e saramento che gli avea fatta
papa Clemente , quando il fece fare papa . E sco-
perse tutto il segreto contratto con lui , e £itto ciò,
domandò il loro consiglio e fece giurare credenza:
a questa impresa fu lo re confortato per tutti gli
suoi consiglieri, e cbe in ciò s' aoperasse tutto il
podere della corona e dì suo reame, sicché venisse
fatto , sì per l'onore di messer Carlo di Yalos che
n' era degno , e perchè l' onore e dignità dello 'm-
perìp tornasse a'Franceschi , decome fu per an-
tico lungo tempo per gli loro anticessori, Carlo Ma-
gno e gli suoi successori. Inteso per lo re e per mes-
ser Carlo il conforto e buon volere del siio consi-
glio , sì furono molto allegri , e ordinaro che sao-
;vGooi^Ic
l86 GIOTillHl TILIAHl
la indugio lo re e messer Carlo con grande forza
di baroni e cavalieri d'arme andassono a Viguone
al papa, innanzi che gli Alamanni facessouo altrs
lezione, mostrando e dando boce che la sua andata
fosse per la richesta fatta contra la memoria di
papa Bonifazio ; e che quando il re fosse a corte ,
richiedesse al papa la sesta segreta promessa , cioè
d'eleggere e confermare imperadore di Roma mes:
ser Carlo di Yalos , e trorassesi si forte di sua
gente , che nullo cardinale né altri , né eziandio
il papa, non 1' ardisse a (60) rifusare. £ ciò ordi-
nato , SI comandò a' baroni e cavalieri che s' ap-
pareccbiassono d' arme e diiCavallì a fare compa-
gnia al re per andare alla corte a Vignone , e
quegli del siniscalcato di Proenza fossono appa-
recchiati , e doveauo essere in numero di più di
seimila cavalieri d'arme . Ma come piacque a
Dio, p^r non vigere che la Chiesa di Roma
fo^e al tutto sottoposta alla casa dì Francia , que-
ato apparecchiamento del re e suo intendimento
fu fatto segretamente (61) assentire al papa per
uno del segreto consiglio del re di Francia . Il pa-
pa temendo della venuta del re con tanta forza ^ q
ricordandosi della sua promessa latta, riconoscen-:
do eh' era molto contraria alla libertà della Chie-
sa , ù ebbe segreto consìglio solamente con messer
d' Ostia cardinale da Prato , che già areano preso
sdegno col re di Francia per le disordinale riche-
ste , e percbè se la Chiesa avesse condannata la
memoria di papa Bonifazio , ciò eh' avea £itto
era casso e annullato , e '1 cardinale da Prato fu
per Bonifazio ùtto cardinale con certi altri , co-
me detto avemo in altra parte . Il détto cardi-
:.vGooi^Ic
LIBBO OTTATO I87
liale udendo quello che séntia il papa dell' inten-
aione e della venuta del re dì Francia , si diaae :
Padre santo , qui rton ha che uno remedio , cioèf
che innanzi ti /accia la richesta il re , per te
s'ordini co' prencipi deUa Magna segretamente
e con istudio, eh' eglino facciano lezione d' impO'
rio . Al papa piacque il consiglio , ma disse : Cui
volemoper imperadoreì Allora il cardinale molto
antiveduto , non tanto sobmente per la libertà
della Chiesa , quanto a sua proprietà e di sua par^
te ghibellina^pervolerla rilevare in Italia, disse:
Io sento che 'l conte di LusimÒorgo è oggi il mi-
gliore uomo della Magna y e il più leale e il più
franco e più cattolico , e non mi dubito, se viene
per te a questa dignità , eh' egli non sia fedele
e obbediente a te e a santa Chiesa , e nomo di
venire a grandissime cose . Al papa piacque per
la buona fama che sentia di hii , e disse : Questa
lezione come si può fornire per noi segretamentef
mandando lettere con nostra bolla, che noi senta
il collegio de' nostri frati cardinali 7 Rispuose il
cardinale : F'a' a lui e a' lettori tue lettere col
piccolo e segreto suggello , e io scriverò loro per
mie lettere più a pieno il tuo intendimento , e
manderolle per mio famigliare : e così fu fatto.
E come piacque a Dio, giunti ì messaggi nella Ma-'
gna e presentate le lettere , in otto dì ì prencipi
della Magna furono congr^tl a Midelborgo , e ivi
sànza ninno discordante elessero a re de' Romani
Arrigo conte di Lusimborgo ; e ciò fìi per la io--
dustria e studio del detto cardinale , che scrìsse
a' prencipi infra l' altre parole : Paté d' essere in
accordo del tale, e sanza indugio , se non, io
;vGooi^Ic
IBS GIOTAimi TILLARI
sento che la lezione e la si gnoria dello 'mperi»
tornerà a' Franceschi . Fatto ciò , la lezbne fìi
pubblicata in Francia e in corte di papa iocon-
taoente ; non sappiendo il modo il re di Francia^
cbe facea l' apparecchiamento per andare a cor-
te , si tenne ingannato , e mai non fu poi amico
del detto papa .
GAP. GII.
Come Arrìgo imperadore fii ^infermato dal
papa.
Nel detto annO; essendo fatta la lezione d* Arri-
go di Lusimborgo a re de' Romani , sì mandò a
VignfHie a corte a papa Clemente per la sua c<m.~
fermazione il conte di Savoia suo cognato , e mes-
ser Guido di Naraurró fratello del conte di Fian-
dra suo cugino , i quali dal papa e da' cardinali
onorevolemente furono ricevuti , e del mese ^d'A-
prile 1 3o8, per lo papa il detto Arrigo fu confer-
mato a imperadore , e ordinato cbe '1 cardinale
dal Fiesco e '1 cardinale da Prato fossono legati
in Italia , e in sua compagnia quando venisse di
qua da' monti y comandando da parte della Chiesa
che da tutti fosse ubbidito . Incontanente ch'e'suo
ambasciadori furono tornati colla confermazione
del papa, se n'andò ad Asia la Cappella in Ala-
magna , con tutta la baronia e prelati d' Alama-
gna , e furri il duca di Brabante , e '1 conte di
Fiandra , e '1 conte d' Analdo , e più baroni di
Francia , e ad Asia per l' arciTescovo di Collana
onorevolemente e sanza nullo contasto fu della
;vG00l^lC
LIBRO OTTAVO I89
prima corona coronato , U dì della Epi&nia i3o8,
a re de' Ronuinì .
Come i Fìniziam presono la città di Ferrara e
poi la perderò .
Nel detto anno . 1 3o8 a dì i o di Gennaio, i Yi-
nizianì presono per forza di loro navìlio la città
di Ferrara , la quale era della Chiesa di Roma , e
cacciarne messer Francesco da Esti ; per la qual
cosa dal sopraddetto papa furono scomunicatile
contra loro &ttogran processo, e a chi desse aiu-
to alla Chiesa fu fatta grande indulgenza per due
legati del papa che vennero in Iiombardia , i
quali am l' aiuto de* Bolognesi e della lega di
Lombardia della parte della Chiesa, racquistarono
Ferrara , salvo il castello Tedaldo eh' era i n capo
della terra , molto forte e grande , che rimase
a' Viniziani , e in quello mese i Vinizianl fhrono
sconfitti a Francolino , eh' erano venuti per asse-
diare Ferrara, pr la gente della Chiesa.
CAP. CIV.
C«me il maesti^ delUy spedale prese V isola
di Jìàdi.
Neil' anno 1 3o3 del mese di Febbraio , i frieri
dello spedale ebhono grandi privil^l dal detto
papa Clemente , di grandi perdonanze a chi &-
cesse loro aiuto al conquisto d' oltremare , e per
:.vGooi^Ic
igO GIOVANNI TiLLAHI
Italia andarono predicando , e raunarono moneta
assai , e poi la state vanente il loro maestro da
Napoli fece suo passaggio, e presono l'isola dì Ro-
di in Turcbìa , con grande danno de' saraciui e
de' Greci.
^ GAP. CV.
Come il re d' Araona s'apparecchio di vemre
in Sardigna.
Nel-detto anno e mese, apparecchiandosi il
re d' Araona di venire a prendere Sardigna , e
avea rìclieati i Fiorentini e' Lucchesi e la taglia
di Toscana di fare compagnia con loro a guerreg-
giare i Pisani , i detti Pisani gli mandarono loro
ambasciadori in tre galee con molta monista , on-
de il detto re si rimase della detta impresa.
GAP. evi.
Come i guelfi Jurono cacciati di Prato^
e poi lo. racquistarono.
Neir anno 1 309 a dì 6 d' Aprile, i bianchi e'ghi-
bellini di Prato ne Qapciarono fuori i guelfi e'neri;
il seguente di fu per loro ricoverato coli' aiuto dei
Fiorentini e de' Pistoiesi y e per gli Fìoreutioi vi
fu messa la signoria.
d::.GOOl^lC
LIBRO OTTAVO
GAP. CVII.
Come i Tarlati tornarono in brezzo
e cacciarne i guelfi.
Nel detto anno a di a4 ^^^ mese d' Aprile, i
Tarlati d'Arezzocoa loro parte ghibellina tornaro-
no in Arezzo , e cacciarne fuori i guelfi e' verdi , e
uccisonne assai , e ruppono la pace eh' aveauo
coTiorentini.
GAP. CVIII.
Quando morì il re Carlo secondo.
Nel detto anno il dì di Fentecosta a di 3 di Mag-
gio, morì il reCarlo secondo, il quale fu uno de'lar-
ght e graziosi signori che al suo tempo vivesr
se , e nel suo regno fu chiamato il secondo Ales-
sandro per la cortesia ; ma per altre virtìt fu di
poco valore , e magagnato in sua vecchiezza di-
sordinatamente in vizio carnale , e d' usare pul-
celle , iscusandosi per certa malattia eh' avea di
venire (63) misello: e lui morto, a Napoli fu sop-
pellitoa grande onore.
GAP. ax.
Ve' segm eh' apparirono in aria.
Nel detto anno 1809 a di ip di Maggio, di not-
te , quasi al primo sonno , apparve in aria uno
.grandissiiuo fuocOf grande in qnanliilà d'una granr<
Diqi1i.cd^:.vG00<^Ic
191 GIOVAHHI TILLANI
de galea , correndo dalla parte d' «({uìlone verso
il meriggio eoa grande chiarore, sicché quasi per
tutta Italia fu veduto, e fu tenuto a grande maravi-
glia ; e per gli più si disse che fu segno della ve-
nuta dello 'mperadore.
GAP. ex.
Come i .Fiorentini ricominciarono guerra
ad Arezzo.
Nel detto anno a di 33 di Maggio, cavalcarono
i Fiorentini duecento(63) cavallate e certi pedoni,
e la masnada de' Catalani col maliscalco del du-
ca al monte Sansavino , che si tenea per gli Fio-
rentini , e di là andaro in sul contado d' Arezzo
ardendo e guastando , e furono infino alle porte
d'Afezzo, e feciono dannaggìo assai. Poi a dì 8 di
Giugno si tornarono in Firenze sani e salvi.
GAP. CXI.
Come i Lucchesi vollono disfare Pistoia >
e' Fiorentini Jitrono contradianti.
Mei detto annoio calen di Giugno,! Lucchesi
vennero a Serravalle popolo e cavalieri inanimati
di disfare Pistoia al tutto , o almeno la loro me-
tade : la qual cosa a' Fiorentini non piacque j pa-
rendo loro spietata e crudel cosa. Diedono parola
a' Pistoiesi che ù difeadessoDO , e. a dtà di Firen-
se gli volesse aiutare , sicché coli' aiuto di mes-
ser Lippo Yergellesì , che teaea. il castello della
;vGooi^lc
LltSO OTTÀTO ' 193
Sambuca y essendo ì Lucchesi già a Pontelungo ,
gli ripararono con danno e Terg(^aa di loro. Per
la qual cosa i Fiorentini acconsentirò a' Pistoiesi
che riferraasaono la terra; ì quali in due di rjmoo-
darono i fossi e rifeciono gli steccati con berte-
sche intorno alla città , e a ciò furono uomini e
donne e fanciulli, preti e religiosi, che fu'teniito
gran cosa. La qual benignità e pietà de'Fiis'reDti-
ni tornò loro poi per più volte inolto:contradià,
con grandi pericoli e spendii de' Fiorentini, sicco-
me innanzi per. gli tempi si farà menzione^e piÀ
Tolte poi fu pili commendata la furia de'Luoclifl'-
si , che la piata e assistenza de' Fiorentini .
GAP. cxn.
Come il re Ruberto fu coronato del regno
di Cicilia e di Puglia .
L' anno i3o9 del mese di Giugno, :Ì1' dna Ru-.
berto, allora pr^c^enito del re Carlo , andò per
mare da Napoli in Proenza alta cort^con grande.
navìlio di galee e grande compagnia > e f u coro-
nato a re di Cicilia e di Puglia da papaGlemente^,
il di di santa Maria di Settembre del deUo anno,
e acquetato di tutto il preisto che la Chiesa avea^
fatto al padre e all'avolo per la guerra diCicilìa,
il quale -si dice eh' erano più di trecento niigliaim
d' once d' oro . ^el detto anno e mése i guèlfi fu-,
rono cacciati d'Amelia per la fòrza de' CoLónoe^i-;
T. Ili,
;vGooi^Ic
ig^ CIOTl.Iini TILLAHI
CAP. CXIU.
Come gli Anaamtarù jurowt soo^ttì
dal conte Fedrigo.
Nel detto anno e mese di Giugno^l conte Fedri-
go da Montefeltro con <[aeUi da Iesi e d'OsimOjed
altri Marchigiani ghibellini sconfisaono gli An-
conitani di'erano a oste sopra il contado di Iesi ;
fbronne tra presi e morti, tra di carallo e di piò ,
più di cincpieinila .
CAP. CXIV.
Come messer Ubizzino Sfànolijii cacciato di
Genova e sconfitto .
Nel detto anno 1 3og di 1 1 dì Giugno, essendo
messer Ubizzino Spinoli signore di Genova, e cac-
ciatine più tempo dinanu ì guelfi , e poi gli Ori!
e \<xo seguì^ , e gli Spinoli suoi consorti da ba3>
#0 , e la terra tenea quasi a guiaa di tiranno , i
detti Qsciti,'Cofii i guelfi come i ghibellini, tatta Le-
ga e compagnia vennero con loro isfoTBO di gente
a cavallo e popolo di Genova a pie assai , infino
in Ponzevera per rientrare in Genova . Il detto
messer Ubizzino con suo sforzo di gente a oavallo
e popolo di Genova a pie si fece allo incontro ,
^usciti vigorosamente assalendo il popola di
Genova , il quale era partito, e male seguirò mes-
ser Ubizzino, ma si misono in fuga, onde fu scon^
fitto con piccola raortaliUt di gente , e si fuggì in
:.vGooi^lc
£IBRO OTTlrO t^S-
Serraralle co' suoi seguaci . Gli Orii, e' Grimaldi,
e gli altri usciti si rieutraro ia Genova sanza fare
altra Dovità, se non che feciono disfare il castello
di Luccoli eh' era in Genova , del detto messer
Ubizzino .
GAP. CXV.
Come i Viniziani Jìirono sconfitti a Ferrara.
Nel detto anno all' uscita di Luglio, i Fioren-
tini mandarono cavalieri e pedoni in serv%io del<
la Chiesa al cardinale Pelagrìi, nipote e legato del
papa, il quale era al soccorso di Ferrara, che v'e-
rano i Viniziani per comune ad oike per terra e
per acqua , onde il detto l^to ebbe a granda
grado da' Fiorentini , eh' erana iat«^etti ^dalU
Chiesa , e però non lasciaro il servigio. Poi il Set-
tembre vegnente la gente del l^to co"^ Fiorenti-
ni e Bolognesi combatterò co' Viniziani e scoiiiisr
«mglì a dì 37 d' Agodo prossimo, onde rimasono
tra morti e presi e annegati in Po de' Viniziani
più di seimila uomini , e perderò aLtùU» Ferrara
e '1 castello Tedaldo. Poi 1' anno appresso .tornan-
do il detto legato in Toscana venne in Firenze , e
per li Fiorentini gli fu fatto grande onore, e pre- -
sentai^U duemila fiorini d'oco, e '1 cn-roccìo gli
andò incontro con grande processione; perla qual
cosa e servigio &tto il «lètto l^ato assolvette i
Fiorentini dalla 'nterdiaione e scomùnica , e ri~
conciliogli colla Chiesa della discordia dove.gli
aveva messi messer Napoleone , come addietro
si fece menzione, e rendè l' oficio a' Fiorenti-
ai a dì 36 di Settembre anno detto .
;vGooi^lc
■ 9<S CIOTANHI VILLANI
GAP. CXVI.
Della guerra de' f^olterrani e
que' di Sangimignano.
Nel detto anno iSog del mese d' Agosto^ sì co-
minciò grande guerra tra' Volterrani e que' di
Sangimignano per quistione di loro confini ; e
ciascuno fece sao isforzo di più di settecento ca-
Talieri per parte , e durò la guerra più mesi con
grande spendio e dammaggio dell' una parte e
dell' altra , d' arsioni e di guasto e di più avri-
samentì. I Fiorentini e'Sanesi assai si travagliaro
d' acconciargli insieme : quando volea l'uno non
Tolea l' altro , che si tenea soverchiato . Alla fine
i Fiorentini vi cavalcarono con grande isfòrzo i
dicendo d' essere contra la parte che non volesse
l' accordo. Qu^li dibattuti di spese e della guer-
ra , si rìmisono ne' Fiorentini , e per gli Fioren-
tini fu giudicata e terminata la quistione , e mes-
si i termini a' confini , e ciascuno a' suoi termini
fece uila fortei^ia , e fu fatta la pace. £ nel detto
mese d' Agosto scuro tutta la luna ; e poi l' ulti-
mo di di Gennaio scurò gran parte del sole ; e '1
Febbraio acuente ancora scurÒ la luna. Nel deità
anno fu grande dovizia di pane e di vino ; yals«
lo staio del gmno in Firenze soldi otto, e '1 cogno
4*1 mosto in certe parti nieno di soldi quaranta ,
:.vGooi^lc
LIBKO OTTjLTO 191^
CAP. cx.vn.
Come gli Orsini di Romajiirono sconfitti
da' Colonnesi .
Nel detto anno del mese d' Ottobre, sì riscon-
traro certi degli Orsini e de'Golonoesi e di loro
seguaci, in quantità di quattrocento a cavallo, fuo-
ri di Roma , e combatterono insieme , e' Colonne-
si furono Tincitori, e fuTvi morto il conte dell'An-
guillara , e presi sei degli Orsini , e messer Ric-
cardo della Rota degli Annibaldescbì eh' era in
loro compagnia .
GAP. CXVIII.
Come gente d' Arezzo furono sconfitti dal
maliscalco de' Fiorentini .
: Nel detto anno , di Febbraio , il re Bnberto
mandò in Firenze sua bandiera al suo maliscalco
ch'era in Firenze con trecento cavalieri catalani^
che in prima che fosse coronato a re , il suo det-
to maliscalco portava pure pennone della soprao-
s^na del duca . Il detto maliscalco per provare
la bandiera , e per andare in servigio di que' del-
la città di Castello, i quali aveano rìcbesti ì Fio-
rentini d' aiuto contra gli Aretini , con sua. gente
a cavallo e a pie , con tre de' maggiori di Firenze
per sesto , e con certi pedoni eletti si partirò dì
Firenze martedì adì iodi Febbraio, e furono
intorno trecencinqiunta cavalieri e MÌcento pe-
;vGooi^lc
198 GIOVAHHI TlLLAlfl
doni . Feciono la via di Valdaruo e poi per Vat
lelunga all'olmo d'Arezzo , guastando per lo con-
tado d'Arezzo. Gli Aretini popolo e cavaUeri e
usciti di Firenze con Uguccioiie da Faggiuola loro
capitano sotto Cortona si pararono loro dinanzi
credendogli avere sorpresi , e gli assalirò per loro
ièditorì , i quali dal detto maliscalco e Fiorentini
iìirono rotti , e Uguccione col popolo si fuggì ad
Arezzo in isconfitta, e riraasonvì morti Vanni
de'Tarlati, e Gione de'Gherardiui,e unude'Paz-
u di Valdamo con più altri j e tre di loro bandiere
De vennero co' pregionì a Firenze . Con tutta la
vittoria , fu tenuta folle andata , perchè sì misono
in forte passo e nella forza de' nimici .
GAP. GXIX.
Com6 i Morentini Jéciono oste ad brezzo.
Nell'anno i3io, di 8 di Giugno, i Fiorentini
con loro amistà in quantità di duemila cavalieri
t popolo a pie grandissinH) , si partirono di Firen-
ze per andare ad oste ad Arezzo . Prima sì partis-
sono vennono lettere e messi da Arrigo impera-
dore, comandando a' Fiorentini die l'oste non
andasse sopra a Arezzo , con ciò aa cosa ch'ell'era
sua terra,e ch'egli intendea di pacificargli insieme
alla sua venuta in Italia . Per la qual cosa in Fi-
renze n' ebbe quistione , clie chi volea e chi non
V(dea che l'oste v'andasse . Alla fine il popolo par
vìnse ch'eli' andasse, e andò ìnfino al vescovado
vecchio d'Arezzo, e quivi ai fermò il campo
guastando intorno la terra , e piìì battaglie sì die-
:.vGooi^lc
dono a& terra f e gran parte degli steccati dft
quella parte per gli Fìoreatini s'abbatterò, e dis-
tesi per molti che la terra s'arebbe avuta per forza^
perocché gli Aretini erano in fiebole etato , se
non che cèrti grandi di Firenze per nudrire la
guerra e moneta che n'ebbono (se '1 veto fu) non
l'assentirono . Alla fine si parti 1' oste , e lasciare
noe battifolte molto forte presso ad Arezzo a due
miglia al poggio eh' è sopra all' olmo , fornito di
genti con gli usciti d' Arezzo , il qttale fece loro
molta guerra ; e'Fioreotini tornarono in Firenze
sani e salvi; a di aS di Luglio anno detto .
CAP. CXX.
Come gli amèasciadori d' Arrigo re de'Somani
vennero in Firenze.
Nel detto anno dì 3 di Luglio, vennero in Fi*
renale messer Luis di Savoia eletto aanatore di
Roma con due prelati cherici d'Alamagna, e mes-
Mr Simone Filippi da Pistoia , amhascìadori del-
lo 'mperadore , richeggendo il comune di Fireiw
ze che s' apparecchiassono di fargli onore alla stur
coronazione , e che gli mandassero loro ambascia-
dori a Losanna: e ricbiesono e comandaro che
r oste eh' era ad Arezzo si dovesse partire . Fu
per gli Fiorentini fatto un grande e bello consi-
glio f ove saviamente spuosero loro ambasciata .
Risponditore fu iatto per lo comune messer Setto
Bruuelleschi , il quale prinu rispuoiw con parola
superbe e disoneste, onde da'aavii fu poi biasi-
mato ) poi per messer Ugolino Tornaquinci savia-
:.vGooi^lc
SOO OlOTAUSl TtLLAKI
mente risposto , e ' cortesemeote, contenti si par-
tirono B dì la di Luglio, e andarono' neir oste
de' Fiorentini ad Arezzo , e feciono il somigliante
comandamento si partisse 1' oste ; la quale non
si parti per ciò . Bimaserai in Arezzo i detti am-
InKiadorì assai indegnati contro a'Fiorentini .
GAP. CXXI.
Di miraoaìosa gente che s'andarono battendo
in Italia .
Nel detto anno appari grande maraTlglìa, cbe
si cominciò in Piemonte, e venne per Lombardia
e per la riviera di Genova , e poi per Toscana , e
poi quasi per tutta Italia, che molta gente zninota,
uomini e femmine- e uncinili sanza numero ,
lasciavano i loro mestieri e bisogne, e colle croci
innanzi s'andavano battendo di luogo in luc^o,
gridando misericordia , e fàccendo fare V uno al-
l'altro molte paci, tornando più genti a peniten-
zia- 1 Fiorentini e piùaltre città non gli lasciarono
entrare in loro terre, ma gli scacciavano dicendo,
eh' era male segnale nella terra ove entrassero .
E nel detto tempo , a di 12 di Maggio , il re di
Francia fece a Parigi ardere il maestro del tempio-
coD cinquantaquattro suoi frierì de' maggiori del-
la magione , opponendo loro resia : ma i più dis-
Bono che fu loro fatto torto , e per occnpare le
loro possessioni, e alla loro morte ricoDoscendoai e
confessandosi buoni cristiani .
■,Gooi^lc
NOTE
LIBRO OTTAVa
GAP. L
(ly verdine d'taiitratoi ordine» o raagiitnto di tr-
bltrì, doi( d'nomìai riveititt di potestà legisUiln. Nel
Vocabolario si trova questa voce ìd questo significato, ma
Mnu esempio. Nell'edis. delMuratori, e in altre ancora,
si trova invece ordine di arbilrioìtbi veramente un ai"
bìtrìo degli Editori il cambiar la vera e diritta voce per un
altra; che non si trova in alcuno dei buoni testi a penna
da noi riKontnii.
CAP. n-
(a) affteboltre: indebolire. L'origine di questo verbo i
dal franoese qffnòlir. È da notarsi che gli antichi dissero
indistintamente affiebolin, affiebolare, infiebolire , e ia-
Jtebolare , e talora posto il v invece del b , come appunto
oggidì noi adoperiamo- In alcune delle passate ediùoni si
trova quasi sempre levata via questa voce antica, e sosti-
tuitale la corrispondente indebolire, ma ella si trova in
tutti i buoni testi antichi.
(3) accosliUoi vicino, confinante. Anche questa voce è
suu tolu nelle stampe, sebbene si trovi in tntti i mi-
glioiì testi a penna .
CAP. IV.
(4) peri: nome di una dignttli del regno di liVancia : oggi
ai dice coBunemente peri} ma la yen e buona antica sciìt-
:.vGooi^Ic
903 M O T S
tura i peri, clw ImtU la pronuncia della iroce frauccM!
pair da coi derìva ' In alcnni teiti a penna dei meno an"
tìcbi, e in alcune edizioni , si legge padri. I DeputaU alla
correEiooe del Decameroae si nno a ragione doluti di qne-
Ito arbitrio presoli da qualche copista, e seguito dai tra-
•cnrati editori. Ma se si avessero ogni toIu a ripetere i
nostri giusti lameutì coatro a i\ fatte lìcerne , non vi sa-
rebbe mai da finirla.
(5) conceputa : equivale a dire : iulla guale aveva conce'
voto dei disegni. Cos\,senu nessuno aggiunto , il n. As-
tore adoperò il verbo concepere, o concepire in questo stesso
significato nel lib. YU- cap. iio: era.conceputo per t arci-
vescovo di Pisa e suoi seguaci, di cacciare di Pisa U
giudice Nino.
CAP. xni.
(6) partita: lo stesso che assisa,
(7) assisa: divisa, livrea, montura da soldaU;ein questo
•coso i da usarsi tuttora sull' esempio dell' Ariosto e del
Tasso, per ucer d'altri moderai che T adoperarono. Vuol
anche significare imposta, e tributo, come nel cap* 3a di
onesto medesimo libro, e allora viene da ttais, cioè, p^
conia qaae in vectigal penditur. Il Da-Freme ha trattato
assai lungamente questo articolo ■
^ faàone : gravena , imposta j e in questo senso n trof
va osata assai volte-
CAP. XVUI-
(Ò) essma: v. a. stata: più i^Équen te mente pet6 n trov*
luto e suta senza la e agginnU in principio.
CAP. XXVI.
(10) jM«sso:allrove«l^ge smusso, come pur nel Voe^
ore noa è ammessa la voce musso; la quale però
a noi
:.vGoo<^Ic
K O T B 303
non dà l'aninio di togliere, avendo trovata in ptùantìdu
codici, e dei migliori. In questo luogo matto, o tmu$ao,
come pili ai voglia , equivale a storto, non patto per di'
ritto, e pia lungo che largo.
GAP. £XIX.
(il) asieguittt: ewgniue- Nel ioni- I. al n. ao abbiain
notato altra volta queito verbo, e abbiam parhto dell'uM
che avesQo gli antimi di cambìaro la e in a sol priitci^
delle parole -
GAP. XXXV-
(^iTÌ) palloltiera: è quel ritegno nella corda degli archi ove
n accomoda la freccia. Il Vocab. e tutti gli stampati hanno
pallottoliera, fuorché l'editioue milanese, cbt ba pallotto-
liere. E però cosa «ingolaiissima che in nessuna edizione
« trovi pallottiera, mentre leggon così tutti i codici più
antichi e più reputati che si abbiano del Villani , de' quali
ci contenteremo di nominare, olire 1 nostri soliti Davaur
sati. Salvini, eMoreni,!) i, a, e 3 laurenziaoi . Dal cba
ci sia permesso il dedurne , che pallottiera , e nongiàpoA
latloiiera, sia la vera e genuina lezione.
(|3) incamutata- Tanto i mss- qnanto gUsUmpati, di-
scordano assai nella lezione di. questo passo. Lasciando da
parte tutte le altre, quattro diverse lezioni soltanto riferi-
remo, rilasciando poi al savio lettore il pensiero di deci-
dere qnal sia tra queste la migliore , Il testo Davauz. leg-
ge: e tono con totlUi briglie sanza freno, e povera tella
d'una bardella e piccole scagli* incamurrate : il testo Ho-
teni : e povera sella d' una barAell» e piccole seaglie ino»
mutata: l'ediz- del Muratori, elamUaneaaitJ'uns^mfe/-
la con piccole scaglie incamutaiej con una nota a pii di
pagina , ove con arbitraria interpretazione ai dice : incamu-
taie , cioè , congiunte come quelle dello corazze . La leùo-
ne da noi adottata è quella dei Giunti citata, come qnklla
che ci è sendirata la più sodislkoent* in vista della ^iega-
sione data nel Vocalxdario alla voce incamutato, e delia
:,Gooi^lc
3o4 " O T ■
deiinàont della mederiDn . IncaimUato , di« il Tocab- t>na<
(iì>v IraptttUo, e ifudlo che noi diciamo imbottito . Derìv»
pn>babiloMDt« dalla voce incamalatut , che fu io uso pretto
gli tcrittori del medio ero, come ti pai Tcdere nel Da-
Fteioe , il qaale riporta tra gli altri , aa passo del Sanuto ,
che dice: indigel praeUrea dictut exercitus quod ex istia
navigiis antedctis ediqua sint incamatata, icu barbatala
lati modo , quod hominet praediclaram rum timeant lapi-
de* mackinarwn. Dal qual pa»o ti scorge , che l' ìnterpre»
lanone del Tocabolarìo non è lontana dal vero, e qaiadì
DOQ dispregevole h lezione de* Giunti. La lezione del te-
tto Davanz. t'abbiamo in questo luogo abbandonala, tion
roeao cbe altrove, ogni qual voltaci è sembrata non retta
( avvertitone peto sempre il lettore ) perchè la venerazio-
ne per no codice , non deve giammai eueie a tcapito dcLU
ragione e del buon temo.
CAP. xxxvni-
(i4) COM inormai r. a. lo stesso che enorme: coti tro-
vili ^aso iguede , igualmente , per eguaie , tgaat-
(i5) mitlea: v, a. mitdiia.
CAP. XLVL
' (iSj ituolliiai V. a> aollevata, scommotta. In alcnni
ttampatì ti legge ioUevata: noi abMam ritenuto Tolentierì
la voce insoluta del. testo Davanz. eh' è pur ricevuta nel
Vocab. e trovàìì anche in altri antichi mu.
GAP- XLIX
(17) offtxzetta: nel Vocab. è aguzzetlo . Tal voce in
qnetto luogo potrebbe per avventura corrispondere' a quel
cbe oggi si di« legreiaiio intìmoi ma ord in aria m ente ù
:.vGoo<^lc
n T E io'5
prettde in 1n»la parte, cioè per S$tigdt9n am^ fare, Cor-
•e dal vttboaizzare, ÌnòtaTe,.e inqueato aenio l'ha ad»-
prato pure il Dostro Autore nel cap. 34- del libro XII.
(t8) pedottù; v a. icorta, guida- Altrove Quella voce
« adoprata dal d- A. per piloto .
CAP. L.
('9) ?"<"*• gtteniata: v. a. còri i migliori tetti , « fre-
queo temente. In alcuni stampati, ove mal a proposito si è pre-'
teio d^ingeatilire l'e^ressioo! di questo nostra classico, legg^
guerra guerreggiala , che pur vuol dire la stessa cosa , cioè,,
guerra dì trattenimento, seaza mai venire a batiagtia, co-
me appunto dice in questo il a. A- aver latto D, Federi-
go cou M. Carlo.
CAP. L!.
(ao) compagna: per compagnia, tolto l'i, secondo l'uso
di que' tempi ■ Noi troviamo frequentem ente ne' buoni te-
sti a penna degli antidù, e nelte accurate edÌEÌoui,sa/aro,
malera, piarda, Calavra, Aletsandra , invece di salario,
materia, guardia, Calavria, Messandria ec. Essi amava-
no oldemodo di sfuggir l'iocriotro di pin vocali insieme,
iiOD solo nell'accozzamento di una parola con l' altra ( per-
chè ne nacquero tanti troncamenti di sillabe: ved. la no-
ta 36 del tom. I. ) ma pur nel corpo delle parole medo-
■ime . Ben ragiona sopra di ciò il Salviati ucl lib- IIL de-
gli Àvvert. panie. XXI- sebbene può dirsi , che ciò fosse
per avventura in virtù del grande amore ch'eglino aveva-
no alla brevità nella pronunzia , per la qaal cosa tante pa-
role accorciate s'incontrano ne'loro scritti. Qualunque r**
gione però si volesse addurre di queuo lare degli autichi ;
Bon sarebbe mai lodisfacenie quanto quella che si trova
nell'uso, il quale spesse voice non ammette ragione ale»;
Dt, tiatesd* egli l'arbitro e il legislatore.
(aij i/«4tftinwntói ifienaiamenie , a loro piacfte, e ca<
priccio-
(aa) meglioUanli: nel Vocrf». è U voce beaettanU a si-
;vGooi^Ic
300 irOTB
goifictn dU ha fvofcAe Hcehezta; ri manca il mperìatì»
vo meglioitmiUe , il qoale potrebbe Kmyi luogo, meutre
■ecoodo la leziose d'alcani loti non sono dne voci sep^
nu,àoi,me^ia,t ittmte,m»s\ oaa mU voce. Nondi-
meno peri sì possono «crìvere oell' nn modo e neli' altro ,
GAP. LIV.
(i3) w(/i»i«ri(i: cava £ solfo. In akmie ediriopì sì leg-
fé Molfonaria , in altre totfanmria, come por nel Vocabo-
lario ; ma il lesto Dayanz, con gli altri migliori, legge tol-
Jmaria .
CAP. LVI.
(34 ) tosfano : v. a. pronto . L' nso ha rigettato questa voce ,
ed ha conservato tosto , e tostamente .
(x5) aringati, oppure cui la r raddoppiata arringati t sfi-
latit messi in (vdiaef dalla voce fraocese arrangé .
(^S) broccia a fodire: tfiote,ÙKM*g^\ a ferire: voce an-
tica tolta dalla francese in>cA«r,cbe vuoi dir propriamente
pu^nera, i^roitarB; ma in questo luogo i usata metaforì-
cameide.
. (^i-j) rivenire e ergere addietro: ritornare indietro, e
TKiarsi in pie. Rtwerfire, dal latina revertit manca nel Vocab.
(38} moren; stagni, paludi: altrove ba detto fiii volte
moroH' io questo significalo ,
CAP. LVII.
{39) OHfuMe : plurale di cnsfunui, cbe vuol dire rito,
iMonzn . Questa voce è usala pur dall' ArioMo Gant. 87.
St. if^ La ria aoUum* di sua terra espose,
(io) Si gabbò delle parole : si fece beffe , si rise , itiBÀ
pernulla. Usò questo verbo nello stessa dgnif. il Polirìano
St. IX. del Lib. I. SoUa^atbarsi degli affittii amairtt . IH
■fui più- deriva il plg^'ors a foMo. come in quel veri di
Dante : Che non 4 impresa da pigliare a gabbo .
:.vGooi^Ic
(3i).ieani>ii^ s bodtductAi) r. a. fctramaecc, e picco-
li cambMtimeiiti .
(3a)co//fi: V. a. corda pernio del tonnenUre; dì qui è
il verbo coUoFe.cioi, dar la corda, tormcnUr colla corda .
CAP. LXL
(iSytrnnodieone-Gkcehi tMito freqnenMinente s'in-
contrailo io qnesta Cronica rammentali i cos\ detti uomini di
corta , non sar^ del toUo inalile, almeno per alcnni, il
dirne qni qualche cota , giacché , eisendo andate in disuso
molte cose , e molte costnmaate de' tempi antichi , le voci e
i modi destinati a significarle , son pur bìk , com' è natura-
le, ÌBvecdiiaie, e quasi inintelligibili , o per lo meno oscnre,
« dubbie appariscono. All'etk del Villani, corte, oltre i si-
gnificati orinarli che tuttora ha presso dì noi , si adopera-
va a significar quelle feste che per cagion di noEse, di na-
scile , e di rimili allegrezze , o anche per pura magnificenza
facevano ì grandi signori, radunando intorno a se gente no-
bile, s^ nazionali come forestieri, i quali venivano tratte-
nuti con lauti conviti, e con doni, e con ogni maniera di
cortesie, d'oude, dicono i Deputati, per avventura sì gua-
dagnò qn esto nome la eorletia, e quel che pure a' di nostri
dicericortetanrfùa. Oltre di ciò, a render pii lieti, e ag-
gradevoli tali trattenimenti , venivano d' ogni parte chiamati
nomini di buon umore, che con lieti canti, e con pia-
cevoli modi e puok , e grazio» giuochi , ricreavano i convi-
tati, e si chiamavano nàneilrieri, giullari, o giocolari, o
fa^&iw', e generalmente uomirti A' corte, persone repuutii-
airae, tenute in buon conto , e pregiati assai, a differenza
de' buffóni moderni. Di quena gente i principi n aervivano
per portare imbasciate, e trattare a&ri anche di gran rilievot
come da più luoghi ancoia di questa Cronica ai pnò rilevare.
;vGooi^lc
ao8 HOTK
CAP. UOL
(ìi'ìmaggieimatte ^inmùmb:U. verbo ùtan i m a re, cbe
lì dice anche inoTÙniire , preso attivameate TnoL dire ùlco-
raggire, far animai neot.pass. incoraggini , farti animo ;
ma in qneito luof^o è preso dal notlro Autore in un altw n-
goificata non regùtrato nel Vocab. , ed i inditponi tf atU-
mo contro a qualcuno . Un altro ligaiScato ha par dato il n.
A. a questo verbo nel significato nent. pau. cioè, poni uà
animo , mettersi in cuore di fare una cosa: lt\ è, a parer
nostro, il significalo della parola inanimati che trovasi «1
Cap, CXI. di questo libro , ove dice : i Lucchesi vennero a
SerravaUe, popolo e cavalieri, inanimati di disfare Pittata
al tutto te.
(35) omicidio I qaetto esempio oaottra , che anche , omi~
cidio è tra que' Unti nomi qfae hon doppia nacita nel nu-
mero del più, cioè ,omic(<U, e omtculùi. Alenai testi leg-
gono inveco omicida ', ma allora quuta voce si dee riguar-
dar come mancante dell' ì nell' ultima sillaba , come «tws-
pagua per compagnia, Alessandra per AlessandHa, •
altre siniU, onde s'è Eatto parola addietro A n. 30.
(3S) si partì.,., male del rf di Francia: ul ^ la Ten
lefione, e non gi^ come leggono gli sumpati, doè, in di-
sgrazia del rciU Francia. Sébheuc il senso sia lo flesso >
totUvia è tEO[^ diverso il modo che lo esprime , e qucst'ol-
tìmo non ha nulla che lare in belleua col primo.
CAP. LXXI.
(3?)/» sì impilo : lo atctso che is^iiow ; éetpito tem
agget, non è nel Vocab.
CAP. LXXIL
(38) la Città rotta: coA chianotsi antiounenie quella por-
none della nostra citth di Fitenae, che i da S. Ambn^ fi- .
non S. Croce. Anche iwllib, XII. cip- 8. il VilUai ftm-
;vGooi^Ic
MOTE SOJ
mentala £J'f(&n)»a, allorché parla di sei brigate, o compa-
gnie, le qnali si formaroDo in Firenze per celebrare le feste
Utitnite ad onorare il daca d' Atene, ((oando si fu (atto ai-
solutosignore della città; e dice, che la maggior di queste
iMÌgate _/ù Rr//a Città rossa. Esiste lutlora nella facciata
della chiesa dì S. Ambrogio un piccolo cartello dì marmo,
ov'è scritto C/;{A rossa. Questa denominazione facilmente
derivò dall'essere la maggior parte di quelle cnse fabbri-
cate di mattoni, che non essen'lo arricciate, né imbiancate
come furon di poi, comparivano tutte rosse come il mat-
tone. — Giucche abbìam nominate quelle brigale, o coni-
pagnìe, che si dissero in appresso potenze, e d'ebbero
in numero a più di trenta , se alcuno bramasse averne con-
leiza, giacché molto interessano i fatti della nostra città di
Firenze, legga il Mauni nei Sigilli, e l'eruditissima nota del
Biscioni alla St. U. Cant. 111. del Malmanlile, ove autù cu-
riose notizie si trovano a questo riguardo •
(39) ammaliati^ sorpresi dal timore, e rimasti conte
■totditl; invece di ammtdiato noi diciamo nello stesso signi-
ficato incantato >- ma l'unae l'altra voce in senso meta-
forico.
GAP. LXXTL
(fo) gùalùiv. a. aguato, o agguato.
(_\\^ stiparono: A\vcn\ uma \ significati del verbo M^/rars !
in questo luogo lignifica circondarono di itipa, cioè di legm
minate da (àr fuoco.
(4>) itromenti : nel testo dice stormenti 1 come preta per
pietra , grolla per gloria, le quali metatesi frequentemente
s'inontrano in tutti gli antichi ,e noi moltissime ne abbiam
, di mano in mano notate.
(iS) faccenda schemie de' Fiamminghi: di sprezzando .
bl!fi^ggÌando i Fiamminghi.
(44)'^""'*'^= *'• a. tomoieggiare , fare strepito; come fre-
mire per fVemere ,
:.vGoo<^lc
CAP. LXXVin.
(4^) pong* V- a- lo stesso die pugna ■
(4^ tutto torciarono : tutto legarono insieme : da lorciarct
che vuol dire attorcere , stringere, legare insieme, e fotte
vuol dir anche com^nmerf; e la voce (orzo usala da Dante
nel C IV. del Paradiso, che pure ha questo significato, è
persona terza singolare del presente dell'indicativo del verbo
torciare — Se mille volte violenza il tona --. ove tona
alarebbe invece di tonila, posta la z invece del ci, il quale
scambiamento è frequeniigsimo presso gli antichi . Questa os-
servazione non è fatta da alcun commentatore di Dante, ma
pure noi la crediamo non priva di fondamento ,
E da osservarsi che il test. Davans. legge tornarono inve-
ce di tardarono. Ma sarebb' egli questo uo erroT del copista 7
Noi lo abbiamo creduto tale, si perchè non vediamo come
convenga in questo luogo il verbo tornare, e s\ ancora per-
chè tutti gli altri codici da noi riscontrati leggono torciaro-
no : quindi abbiam creduto ben fatto di seguir la lezione che
ci è sembrata migliore. Basti l'averlo accennato .
(^■j^ carrìno : V. a, trlacea formata di carri: forse dalla
voce francese tjuarre, quadrato ; può riguardarsi questa voce
usata anche per cariaggio , come in questo stesso cap- ove
dice : /asciarono tutto il loro carriao.
(4^^) afusont: v. a- usata a modo di avverbio, e vuol di-
re : in grande abbondanza . La osò pure il Boccaccio , e si
trova riferita nel primo verso del PataiGo .
(49) gfttozsenno: un'armatura fatta di maglia da indos-
sarsi a guisa di corazza.
(So^Jazioae : foggia , forma , «trattura di corpo .
(5i')noninlamati: v. a. intatti, non toccati. Tutti i codici
da noi riscontratìsiaccordauoaleggerertORin^aiMad'ye il so-
lo Cod.Dav.col suo seguace chefudelSalvioi, da noi tante al-
tre volte nominato, ha non intomina/i. Se trascurando d'inve-
stigar l'etimologia delle parole, ci contentassimo di assegnar
loro un significato quale richiede semplicemente il contesto,
noi potremmo' adottare indistintamente le voci intamati e
«Uoflunati'.cdiie, chcl'iuutel'kltn «goificai voglia »•
;vGooi^Ic
NOTE 311
poifri, come pare «Ujiaa fatto gli Accademia della Crusca.
Ha se al contrario il migHor modo, e pi4 tinuro, di assegna-
re il senso alle voci è qaello di rigoardaK al contesto , e Ìq-
neme alla loro etimologia , bisogna convenire dorertì lascia-
re addietro la lezione del test- Dav. e ritenere l'altra come
la sola buona e ra^jionevole . Im perocché, donde deriva la vo-
ce intaminati del Coil, Dav. , e quale secondo la sua deriva-
zione n' è il significato 7 Ella non può sicnrameatF discendere
che AaW' inlanUnatus dei Latini , che vuol dire puro , ineor-
roffo, ('ncoruamina/o. Dunque corpi intaminati vorrebbe
dire: corpi interi, incorrotti, non contaminali. Ma poiché
il lesto dice: cit£ii corpi moni e ancora no» inlaminati,
viene a riuscire un discorso sciita andamento e ripugnante al
buoa senso, poictiè quei non lo guasta per modo, che
dice tutto il contrario,
L' altra lezione dice : vidi lutti i corpi morti, e ancora non
ùtfamofi. Derivando la voce imantato dalla francese enta-
mé, tosto ne raggiungiamo il significato, e la lesione sembra
chiara e sicura. Entaméh participio del verbo entamer, che
vuoi dire scalfire, intaccare, manomettere , leggermente la-
cerare , levare una piccola parte da una cosa intera. Dun-
que co/y>i ancora non inlamali, rigorosamente parlando,
vorrebbe dire; corpi incorrotti , non guasti, corpi interi ft
Doi per maggior coerenza del testo, ma senta dilungarci dal
vero significato della parola, amiamo dire piuttosto; corpi
intatti , non toccali , lasciali stare, perchè cos'i s'intende
eseguito 1' ardine del re di non seppellire i corpi dei Fiam-
minghi, e non incorresi nell'assurdo, che alcuni giorni do-
po la battaglia quei cadaveri fosseroancorainterìe incorrotti.
CAP. LXXIX.
(5i) di buone bianche ec. Tatti i codici e gli stampati
convengono in questa ledane , se non che in alcuni v'i la
difiérenia dal num. sing, al plur. cioè, alenni leggono di
buone bianche, altri di hiona bianca, difièrenia da non
valutarù- Ma.e che mai sono queste buone bianche? noi cre-
diamo che bianca sost. equivalga a quello che of^ sì dice in
Toscana &i<utcAet(a , cioè, panno di lana bianco per oso di
:.vGooi^Ic
ai» FOTE
foderare «bili da inverao. E ab toma uai bene col legto,
poicfai chi DtHi ebbe panno Udo per far padifjUaai e trabac-
che, le fece di questo paooo di lana. He bianca, né bian-
thetta è nel Vocabolario .
C&P. LXXX.
(53) tranello: traou. inganno furbeicameate ordito.
CAP. LXXXI-
(54) ^ digiune: le quattro tempora .
CAP. LXXXII,
(5^) mttfwen* : il mugaTCro era in antico una «pecìe dì
dardo, onde ne Tenne il nome di mugaveri a' soldati che
n'erano aimati.
CAP. LXXXVIII.
(56) madornale: in questo luogo vuol dire /e^iUimo, na-
to di legìttimo matrimonio. Alcuni stampati hanno tolto
anche qneita toc* madornale, e vi han posto la corrì^Km-
deate/e^tfltffttf.
CAP. xcn.
(5-f) morto a ghiado: v. a. mono di coltello, Gfùado for-
ae deriva dal lat. gladias : e ù noù che non si trova usato se
non con la preposizione a, come; morta a ghiado; tagliata
a ghiado ec.
^SSjfrieri: uomini d'ordine, o religione militare, quali
appunto erano i tempieri o templari di cui si paila : e dice
frieri ({aaà fratelli'
CAP. C
(5g) sodaro: promisero ccm sicurtà, assicurarono, Ved. il
verbo sodare.
:.vGooi^lc
CAP. a.
(60) rìfusare: r. i. tolu dal frane, njìuer: rìfiuUK,
ricusare .
(61) atsetUire: in questo luogo vile Io steuo che atiopt-
re . Abbiamo altrove aotato che il verbo sapere riceve volen-
tieri iocremento <1Ì una sillaba in sul princìpio, e «i dice aita-
pere, solamente peràdopoil verbo ^oir, e non mai altrimen-
ti; cvs\ il verbo sentire ha in questo luogo la stessa proprietà
del verbo sapere colla stessa legge , ed ha aoche lo stesso si-
gnificato: manca nel Vocab.
CAP. cvin.
(69) miselloi lebbroso, v. a, che manca al Vocab. Negli
flcritiori latini del medio evo trovasi frequentemente la voce
mùellus, e Ditie/Zu, invece àiUprosus, e leprosa. il Villani
probabilmente la tolse da loro, ovvero dai Proveniali, che
diceano mei^, Ved. Du-Freme .
CAP. ex.
(63) duecento cavallate : coA hanno Ì migliori testi , e pi&
antichi, mentre altri con alcuni stampati leggono duecento
cavalieri fiorentini di cavatlaie. Intorno all'uso di qaesu
voce vedasi ciò che ne ablnamo detto nel Tom. II- n, 71.
:vGoo<^Ic
«Gooi^lc
TAVOLA
DEI CAPITOLI
LIBRO OTTAVO.
Cjp. I. x^onta come nella città di Firenze fu fatto
il secondo popolo , e più grandi mutazioni che
per cagione di quelli furono pni in Firenze, se-
guendo dell' altre novitadi universali che furono
in que' tempi ---------- pag. 5
Cjp. il Come il popolo di Firenze feciono pace
co' Pisani, e molte altre notabili cose . . - . 8
Cyp. Ili- D' uno grande fuoco che fu in Firenze. nel'
iu contrada di Torcicoda- -•-•--. io
Cjp, IV, Come si comiucib la guerra intra 'l re di
Francia e quello d' inglùlterra - - - •, - - io
CàT. V. Come fu eletto e fatto papa Celestino quin-
to, e come rifiutò il papato •---•-.![
CdP, VI. Come fu eletto e fatto papa Bonifazio Ottavo i4
Cjr- VII. Quando si cominciò a fondare la nuova
chieaa di santa Croce di Firenze ----- i6
Cap. Vili. Come fa cacciato di Firenze il grande
popolare Giano della Bella ---.... ij
C*p. IX. Quando si cominciò a fondare la chiesa
maggiore di santa Reparata- ------ 20
Cjp. X Come messer Gianni di Celona venne in To-
scana vicario d'imperio ----..-.21
Cip. XI. Come fu canonizzato santo Luis re che fa
di Frnncia -.•-.-.-.-••aa
Cjp. XII. Come i grandi di Firenze misono la città
a romore per rompere il popolo - - - - • aS
:vGoo<^Ic
Cjt, Xlll. Come lo ne Cario fice pact col re Giamo
d* Araona .----.--- -----aS
C^. XIV, Conte la parte gu tifa furono per forza
cacciati di Genova ••-----••- aj
Cjf XV. De' fata de' Tartari di Persia - - - - a»
CjF- XVI. Come Maghinardo da Stisinana tconfisse
i Bolognesi, e prese la cìllà d'Imola - - - aS
Cjf. XVU- Come il popolo di Firenze fece fare la
terra di castello Sangiovanni e Castelfranco in
Valdarno ------.---.--ag
Cjt. XVIII. Come lo re Giamo d' Jraona venne a
Roma, e papa Bonifazio gli privilegiò risola
di Sardigna ----..--..-.3o
Cjf, XIX. Come il conte di Fiandra e tptello di Ba-
ri li ruhellarotto al re ili Francia - - - - 3i
CjF, XX. Come il conte d' Artese iconjisse i Fiam-
minghi a Fornts , e . come il re d'Inghilterra
passò in Fiandra ----3a
Cjt, XXI. Come papa Bonifazio privò del cardina-
lato mesier Jacopo e meiser Piero della Colonna 35
Cjt' XXII. Come Alberto d' Oilerich sconfìsse e no-
dse Attaidfo re d' Alamagna, e aom' egli fu
eletto re de' Romani ..---..--M
Cjf. XXIIL Come i Colonnesi vennero alla miseri-
eordia del papa, e poi ti ruteliarono un'altra
volta -..--.-..-..-. .37
Cjf, XXIV. Come i Gaioveti tconfistono i Fìniaiani
ut mare- --.---.--.... -38
Cjf. XXV. De' grandi tremiuai che fwotto in aerte
«ina d' Italia- --..-...-..3g
Cip. XXVI, Quando si cominciò il palazzo del po-
polo df Firenze ove abitano i priori - - - - 3q
Cjr. XXVII. Come fu fatta pace tra'l comune di
Cfnova e qtiello di P^inrgia ----.--4«
Cjf. XXVIII. Come fn falla pace tra'l comune di
Bologna e 'l marchese da Etti e Maghinardo
dn Susiiiaua per gli Fiorentini --.-.. ^i
Cjp. XXIX Come il re Giamo d' Araona con Rag-
grri di Loria e colf armala del re Carlo tcon-
fUtfmo i Geiliani a Capo Orlando - - - - 4'
;vGooi^lc
ai7
Cdt. XXX. Cpimfufaltapacetn^Gmevaii^Ptsani 4»
Cjff. XXXI. Quaado di muM» ti cominciarono le niuh
ne mitra della città di Firen%e <■ - • - • - ^3
Cjp. XXXII. Come il re di Francia ebbe a qutto
tutta Fiandra, e in pregiane il conte e'^gliiioli 4'
Cjf. XXXlll. Come il re di Francia l' imparaUò
col re Alberto d' Alamagna -------45
Cjf. XXXIV. Come il preme di Taranto Ju sconjit-
to in Cicilia- ----------- 4*
Cjf. XXXV- Come Catsnno signore de' Tartari tcon-
fisse il saldano de' saracini , e prese la terra
santa in Soria -•------.-- 4?
C^. XXXVl. Come papa Bonifazio ottavo die per-
dono a tinti i cristiani eh' andassano a Roma,
l'anno del giubbileo i3oo ------- 5i
O. XXXVII. Come il conte Guidi di Fiandra am
due suoi figlinoli s'arrende» al re di Francia,
e come furono ingannati e messi in pregiane • 53
Cjf. XXXVIII- Gmie ti cominciò parte nera e biaif
«a prima nella città di Pistoia- - - - - . 54
C^. XXXIX. Come la città di Firenze si partì e ti
sconciò per te dette parti bianca e nera - • &6
Cje- XL- Càm>^ il cardinale d? AcipAntparia venne per
legalo del papa per racconciare Firenze, e non lo
poleofare --..---'.-.--.- Gei
Cjf> XLI. Oe'mali e de* pericoli che luguirono alla
nostra città appresso ,--..- -.-..6i
Cjf. XLll. Di quello medetimo 63
Cjf- XLIII, Come papa Bonìjazio mandò in Francia
per metter Carlo di f^alot --.-.--.64
Cjf. XLI V. Come i guelfi furono cacciati d" ^gobbio -
e poi come ricoverato la terra, e cacciarne i gì»
bellini 65
Cjf. XLV, Come la parte nera furono cacciati di Pi-
ttoia .-.-_. ..66
Cjf. XLVI. Come gl'lntermindlt e loro seguaci fu-
rono cacciali di Lucca ---....-.66
Cjf. XLVII. Come i guelfi usciti di Genova per pace
furato rimeui in Genova ..-.-•-- 6-j
;vGooi^lc
79
3f8
C-tf' XLVni. CbffM apparve in cielo una itelta cornala. 67
Ctf . XLIX. Come metser Cario di f^alos di Francia
venne a papa Bonifazio, e poi venne in Firenze e
eaccionne la parte bianca - .--...- 68
Cjr. L. Come messer Carlo di Vaio» passò in Cicilia
per fare guerra perla re Carlo, e fece ontosa pace jff
Ctf. LI. G>me si cominciò la compagna di Bomanta 76
Cjp. LII. Come i Fiorentini e' Lucchesi Jeciono oste so-
pra la città di Pistoia, e come ebbono per assedio
il castello di Serravalle --•■--'- 77
Cjp, Llll. Come i Fiorentini ebbono il castello di Pian-
trevigne e piti altre castella eh' aveano rubellale i
bianchi -..---..-.-.--
Cat. LIV. Come l'isola d'Ischia gittò maraviglioso
Cjp. LV. Come il popolo minuto di Bntggia si mbellb
dal re di Francia, e nccisono i Franceschi. • -
Cm. LVI. Della grande e disawenlurosa sconfina
eh' ebbono i Franceschi a Coltrai da' Fiamminghi.
Cjp.' L\n. Di qual lignaggio Jttrono i presentì conti
è signori di Fiandra -....-•..-
Cjp. LVIII. Come lo re di Francia rifece tua oste , e
con tutto suo podere venne sopra i Fiamminghi, e
tornassi in Franna con poco onore - • - - - -
Cjp, LIX. Come Folcieri da Calvoli podestà di Firenze
fece tagliare la testa a certi cittadini di parte
bianca ..-.------ ..-.
CjP! LX Chme la parie bianca e' gldbellini useili di
Firenze vennero a Pulidano e partirsene in iscon-
fifta -
Cjp. LXt. Incidenza, contando come messer Maffeo
Visconti fu cacciato di Milano ------
Cjp. LXU. Come si cominciò la fjaistione e nimistà
tra papa Bonifazio e'I re Filippo di Francia -
Cjp. LXUI Come il re di Francia fecr. prendere papa
Bonifazio in Anagna a Sciarra della Colonna,
onde mor^ il detto papa pochi dì appresa - -
Cjp, liXlV. Ancora direrho de' miracoli eh' ebbe in se
papa Bonifazio -----------
:.vGooi^lc
Cjp. LXV. Come ì Fiorentini eibono il castello del
Montale , e come fidano oste a Pistoia co' Lue-
ehesi insieme - -----------ii3
C^, UCVL Come Jit eletto papa Benedetto undecima ii4
Cjf, LXVII. Come il re AdoarAo d' Inghilterra riebbe
Guascogna , e sconfisse gli Scotti - ----- ii5
Cjp. LxVUI. Come in Firenze ebbe grande novità e
batta^ia cittadina, per valere rivedere le ragio-
ni del comune ..---.-.-.-ii5
Cjp. UilSi. Come il papa mandò in Firenze per /e-
gato il cardinale da Prato per fare pace , e come
se ne partì con onta e con vergogna ■ ■ - - - ii8
Cjp. LXX. Come cadde il ponte alla Carraia e mo-
rivvi molta genie - --.----•-- la»
Cjf. LXXl. Come fu messo fuoco in Firenze , e arsene ,
una buona parte della citlade ------ ia3
Cjp- LXXIl. Come i bianchi e ghibellini vennero alte
porte di Firenze e andarne in isconfitta - - - laS
Cjtp. LXXm. Come gli Aretini riprasono il castello di
Laterino che 'l teneano i Fiorentini - - - - -i3i
C^p. LXXIV. Ancora di novitadi che furono in Firen-
ze ne' detti tempi -••-----.-- i3a
Cjp. LXXV. Come i Fiorentini feciono oste e presono
il castello delle Silnche e Moniecalvi che l tenea-
no i bianchi ..-..-..---- i33
Cap. LXKVI. Incidenza, tornando alquanto addietro,
a raccontare delle storie de' Fiamminghi - - • i34
Cjp, LXXVn. Come fu sconfitto e preso in mare mes-
ser Guido di Fiandra colla Sita armata, dall'ani-
miraglio del re di Francia ..----,j38
Cjp. LXXVUL Come lo re di Francia sconfiae i
Fiamminghi a Monsimpeveri ■ - - - - - . j^i
Cjp. LXXIX Come poco appresso la sconfitta di Mon-
simpeveri , i Fiamminghi tornarono per combat-
tere col re di Francia, e ebbono buona pace - - i45
Cjp. L X JL X , Come mori papa Benedetto, e della mio-
va elezione di papa Clemente quinto . ■ - - i48
Cjf, LXXXL Della coronazione di papa Clemente
quinto , e de' cardinali che fece ----- • 1 54
:.vGooi^Ic
Cjr LXXIUI. Come i FtorentiiU t' Lucchesi atstdia-
rùtw e vintono la città di Pistoin - - • . -156
Cjf. tXXXIIl. Come la città di Modena e di Reggio
ti mbeltarono td marchese da Esti , e come furo-
no cacciati i bianchi e' ghibellini di Bologna - i^y
Cjp- LXXXIV. Come si levò in Lombardia nn fra
Dolano eoa grande compagnia d'eretici, e furo-
no arti --------.---.. i6tf
C^. LXXXV Come papa Clemente fece legato in
Italia messe r Napoleone degli Orsini cardinale, e
come fu mnle ricevuto ......... \6%
Cjr- LXXXVI- Come i Fiorentini assediare ed ebbono
il forte castello di Monte Accianico e disfecionlo,
e feciono fare la Scarperia .--..... |63
Cjp. LXXXVII Come i Fiorentini rafforiificaro il po-
polo, e feciono il primo esecutore degli ordini
della giustizia ........... 164
C^. LXXXVIII- Di grande guerra che si cominciò al
snarckese da Ferrara , e come mono - - . - i65
C^- LXXXIX. Come messer Napoleone Orsini legalo
venne ad Arezzo; e dell'oste eh' e' fiorentini
feciono a Cnrgosa .......... 166
Cjr- XC Come moria il buono re Adoardo d'Inghil-
terra -------------- 169
Cjp, XCI Come il re di Fraitcia andò a Pittieri a
papa Clemente, per fare condannare la memoria
di pf^ Bonifazio ----------169
Cje. XCII- Come e per che modo fu dìstrruta l'ordine
e magione del tempio di Gerusatem , per pro-
caccio del re di Francia --.-■.--- 1J2
Cjf- xeni. Di novUadi e sconfitte che furono in Ro-
magna e in Lombardia - ---•--•- 176
Cmf- XCIV. Come fu morto il re Alberto d' Ala-
magna --------- ..--- 15J
Cjp- XCV Come una podestà di Firenze ti fuggì col
suggello dell' Ercole del comune - ----- 157
Cjp- XCVI. Come fu morto il nobile e grande cittadi-
no di Firenze messer Corso Donati ----- 178
Cjp XGVll- Come arsela chiesa dì Lalerano di Roma iSa
:.vGooi^Jc
„Goo>^Ic
333
C^F. CXIX. Come i Fiorentini feciono otte ad Arezzo 198
C^r. CAJL Come gli anibasciadori ^Arrigo re de' Ro-
ntant vennero in Firenze --"----■199
Cjr. C!S\y Di miracolosa gente che s' andarono bai'
tendo in Jlnlia ---_------- 300
Nate ---------. -----aoi
:.vGooi^lc
In alcune copie del T. II. $on coni guestì errori.
ERRORI CORBEZIOm
p. 6{ T. 11 impera- , impera-
dorè , il podestà, dorè, morì il podestlu
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